Elezioni in Cile: stravince il “Pinochet senza uniforme”
In una tornata elettorale che segna una delle svolte più profonde nella storia politica recente del Cile, José Antonio Kast ha ottenuto una vittoria schiacciante al ballottaggio della elezione presidenziale del 2025, superando la candidata di sinistra Jeannette Jara con oltre il 58% dei voti. La sua affermazione – accolta da forte entusiasmo in ampi settori del paese e da preoccupazione in altri – promette di trasformare radicalmente l’agenda politica di Santiago, quasi quarant’anni dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet.
Vittoria netta nel segno della destra
La conferma della vittoria di Kast è arrivata subito dopo la chiusura delle urne, con un abbrivio di entusiasmo nelle strade di Santiago e di altre città cilene. Sostenitori hanno festeggiato con clacson e bandiere nazionali, mentre il presidente eletto ha parlato di volontà di riconciliazione nazionale. Kast si è presentato come un “uomo forte” deciso a contrastare la criminalità, a stringere i controlli migratori e a rilanciare l’economia.
Pur avendo vinto con un margine ampio, Kast dovrà confrontarsi con un Parlamento in cui il suo Partito Repubblicano non dispone di una maggioranza assoluta, rendendo indispensabile la costruzione di alleanze con altri gruppi di destra e centrodestra per tradurre le promesse di campagna in leggi concrete.
Il profilo di Kast: un conservatore deciso
José Antonio Kast, 59 anni, devoto cattolico e padre di nove figli, è una figura polarizzante. Già parlamentare e fondatore del Partito Repubblicano nel 2019, ha tentato per tre volte la corsa alla presidenza prima di ottenere questa vittoria. La sua narrativa politica – incentrata su sicurezza, immigrazione, ordine pubblico e valori tradizionali – ha trovato larga eco tra elettori preoccupati dal crescente senso di insicurezza e dalla stagnazione economica.
Tuttavia, il suo stile e alcune delle sue alleanze politiche hanno alimentato timori nelle opposizioni e negli osservatori internazionali. Kast è stato spesso associato a posizioni simili a quelle di figure di destra radicale in altre parti del mondo, consolidando percezioni che vanno oltre le classiche distinzioni tra conservatorismo e progressismo.
Nonostante lo sforzo pubblico di distanziarsi da etichette estremiste, alcuni analisti sottolineano come la sua linea politica richiami elementi forti di ordine e sicurezza che in passato hanno caratterizzato il dibattito interno cileno, spingendo la discussione verso toni e contenuti finora poco visti nella storia democratica del paese.
L’ombra lunga sulla politica cilena
Parlare di Kast senza guardare alla storia del Cile è impossibile. Il paese ha vissuto per 17 anni sotto una dittatura militare guidata da Augusto Pinochet, culminata nel colpo di Stato del 1973 che rovesciò il presidente socialista Salvador Allende. Quel regime – caratterizzato da repressione politica, violazioni dei diritti umani e riforme economiche drastiche – ha lasciato un segno profondo nella coscienza nazionale cilena, causando divisioni ancora vive.
Negli ultimi decenni, il Cile ha cercato di costruire una solida democrazia: il plebiscito del 1988 aprì la strada al ritorno alle elezioni libere nel 1990 e, da allora, il paese ha alternato governi di centrodestra e di centrosinistra. Il cammino istituzionale è stato costellato di momenti di tensione, come le proteste di massa del 2019 che portarono a un referendum per riscrivere la Costituzione, sintomo di un malessere sociale radicato.
Ora, con l’elezione di Kast, si riaccende il dibattito sul rapporto tra democrazia, ordine pubblico e memoria storica, in un paese dove le ferite del passato sono ancora visibili e profonde.
La campagna del 2025 è stata fortemente marcata da temi legati alla sicurezza e all’immigrazione. Kast ha fatto appello ai timori di ampi segmenti dell’elettorato, promettendo misure drastiche contro criminalità e immigrazione irregolare, comprese espulsioni su larga scala e un rafforzamento delle frontiere nazionali.
Il suo avversario, Jeannette Jara, sostenuta da una vasta coalizione di sinistra, ha cercato di catalizzare l’attenzione su politiche di inclusione sociale, diritti dei lavoratori e riforme strutturali. Tuttavia, la frattura tra desideri di cambiamento sociale e percezione diffusa di insicurezza ha favorito la narrativa di Kast in molte regioni del paese.
Un Cile diviso ma determinato
La vittoria di Kast ha provocato reazioni contrastanti dentro e fuori i confini cileni. Da un lato, gruppi politici conservatori e sostenitori della dura linea sulle questioni di sicurezza hanno salutato l’esito elettorale come una nuova era per il paese. Dall’altro, movimenti progressisti e attivisti per i diritti civili hanno espresso preoccupazione per il futuro delle libertà e dei diritti conquistati.
All’estero, la vittoria è stata vista come parte di una tendenza più ampia di riscossa dei partiti di destra in America Latina, specchio di insoddisfazione verso élite tradizionali e risposte alle crisi sociali ed economiche.
Il neo-presidente entrerà in carica il 11 marzo 2026, con la sfida di tradurre le promesse elettorali in politiche efficaci senza aggravare le divisioni interne, in un paese che ha costruito la propria identità democratica proprio affrontando le ferite del passato.
Una democrazia matura sotto pressione
La vittoria elettorale di José Antonio Kast segna una pietra miliare nella storia politica cilena e pone domande cruciali sulla direzione futura della democrazia del Paese. Mentre da molti lati si invoca la mano ferma per garantire sicurezza e prosperità, cresce anche l’esigenza di preservare i valori democratici, il rispetto dei diritti e l’inclusione sociale, affinché la democrazia cilena resti robusta e reattiva alle aspirazioni di tutti i suoi cittadini.
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