🌐 L’attacco alla raffineria russa di Rosneft a Syzran
Una nuova ondata di attacchi da parte delle forze ucraine ha preso di mira la raffineria petrolifera di Rosneft a Syzran e il porto di Temryuk: l’operazione, parte di una campagna sistematica contro le infrastrutture energetiche russe, paralizza enormi capacità produttive e mette a nudo la fragilità della logistica militare ed economica di Mosca.
La notte dell’attacco: colpiti Syzran e Temryuk
📌 Nella notte tra il 4 e il 5 dicembre 2025, le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco che ha preso di mira la raffineria di Syzran, nella regione di Samara, e le strutture portuali del seaport di Temryuk in Krasnodar Krai. A renderlo noto è stato lo Stato maggiore delle forze ucraine, che ha definito l’azione come parte di una strategia urgente per ridurre il potenziale economico e militare della Russia.
Secondo quanto riferito, droni a lungo raggio — probabilmente di produzione ucraina — hanno colpito l’impianto di raffinazione con precisione, danneggiando almeno un’unità critica, mentre un incendio divampava sul sito. Una fonte indipendente riferisce che tre dei mezzi volanti abbiano centrato direttamente apparecchiature vitali come l’unità di distillazione primaria, pompe e altre infrastrutture di processo, mentre altri velivoli sarebbero stati abbattuti dalla difesa aerea russa.
Il porto di Temryuk, secondo la comunicazione ucraina, è stato colpito nella sua funzione di nodo strategico per carburanti, gas liquefatti e materiali liquidi destinati all’esercito russo. L’attacco ha causato incendi e danni, ma l’entità complessiva è ancora in fase di verifica.
L’importanza strategica di Syzran: una ferita al cuore dell’economia russa
🔎 La raffineria di Syzran è uno dei pilastri delle fornitura energetiche in Russia: con una capacità di raffinazione che varia tra 7 e 8,9 milioni di tonnellate di greggio all’anno, fornisce carburanti come benzina, diesel, cherosene per aviazione, bitume e altri derivati.
Una stima del 2025 indicava che le recenti serie di attacchi — che hanno colpito anche impianti nelle regioni di Volgograd, Saratov, Ryazan e Krasnodar — avrebbero ridotto di almeno il 17% la capacità complessiva di raffinazione del paese.
L’impianto di Syzran non serve solo il mercato civile, ma rappresenta una base logistica per l’esercito: carburante per veicoli, aeromobili, mezzi corazzati e trasporti militari. Colpirlo significa rendere più difficile non solo la produzione di carburanti, ma anche la mobilità e la sostenibilità operativa delle forze armate russe.
Un’escalation annunciata
Questa non è la prima volta che la raffineria di Syzran finisce nel mirino degli ucraini. Già nel marzo 2025, un raid aveva provocato esplosioni e incendi, costringendo la sospensione delle lavorazioni e mettendo in crisi la produzione.
Nell’agosto 2025, un altro attacco aveva colpito nuovamente l’unità primaria (ELOU‑AVT‑6), causando danni così gravi da interrompere completamente il flusso di greggio e combustibili.
Secondo fonti analitiche, la strategia di Kyiv sembra preoccupata non solo di colpire infrastrutture simboliche, ma di infliggere danni strutturali a lungo termine: ridurre la capacità di raffineria significa colpire economia, produzione, capacità militari e logistiche su più fronti.
Carenza di carburante e crisi energetica
Secondo le fonti russe citate dallo Stato maggiore ucraino, l’impianto danneggiato avrebbe già sospeso la lavorazione del greggio e ridotto drasticamente la produzione — a meno del 50% della capacità nominale.
Le autorità regionali hanno riconosciuto l’incendio e il danno, e per precauzione il personale è stato posto al sicuro in rifugi. Non si segnalano vittime, ma la sospensione della produzione avrà ricadute su rifornimenti, trasporti, prezzi di carburanti e disponibilità di combustibile per l’esercito.
In alcune aree dell’interno russo — e secondo alcuni rapporti anche in Crimea e nelle zone occupate — già si registrano razionamenti, difficoltà nel trasporto, aumenti dei prezzi dei carburanti e pessimismo tra imprese e cittadini.
Guerra ibrida tra bombe e droni
L’attacco a Syzran rappresenta un ulteriore passo nella strategia di guerra ibrida che l’Ucraina ha adottato nei confronti dell’economia e dell’apparato energetico russo. Non più solo combattimenti sul fronte, ma assalti su infrastrutture critiche: raffinerie, porti, terminali, depositi, reti logistiche.
Negli ultimi mesi altri impianti sono stati colpiti: la raffineria di Saratov, quella di Volgograd, depositi vicino a Voronezh e Tambov, nodi di trasporto e logistica. Ogni attacco diminuisce la capacità russa di sostenere la guerra, indebolisce supply chain e minaccia risorse vitali per l’esercito.
Secondo analisti militari, questa strategia non punta solo a danni materiali — incendi, distruzione, sospensioni — ma a creare un effetto cumulativo: paura, instabilità, difficoltà di pianificazione, costi crescenti, crescente pressione interna su Mosca.
Quest’escalation di attacchi russi e ucraini sugli impianti energetici ha reso la sicurezza delle infrastrutture un tema centrale nella guerra. Non più solo armi convenzionali: droni, UAV, raid aerei a lunga distanza, sabotaggi. Questo cambia la natura del conflitto, allargandone l’orizzonte ben oltre il fronte orientale.
L’occidente — in particolare i paesi europei e la NATO — osserva con attenzione: intervenire nella protezione energetica russa rischia di peggiorare le tensioni ma, allo stesso tempo, la destabilizzazione di Mosca potrebbe ridurre la capacità di continuare la guerra.
E le conseguenze economiche sono globali: riduzione delle forniture di carburante e petrolio, aumento dei prezzi, instabilità nei mercati energetici internazionali. In un contesto dove la dipendenza dall’energia russa è già un nodo geopolitico, questi attacchi accentuano il potenziale d’urto strategico.
Il governo russo, dopo l’attacco notturno, ha confermato che i sistemi di difesa aerea e contromisure elettroniche hanno cercato di intercettare i droni. Tuttavia, il danno alla raffineria di Syzran — come riconosciuto anche da fonti ufficiali — conferma che gli attacchi sono penetrati le protezioni.
In risposta, Mosca ha minacciato contromisure contro le infrastrutture ucraine, e denunciato gli attacchi come “terrorismo economico”. Alcuni analisti suggeriscono che potrebbero essere intensificati i raid su punti vitali ucraini, porti, depositi di armi, per dissuadere nuove offensive.
Nel frattempo, la Russia ha avviato una revisione delle procedure di sicurezza per raffinerie e porti, rafforzando sorveglianza, difesa aerea e protezioni antidrone. Ma l’efficacia di tali misure resta in dubbio: la guerra energetica sembra aver aperto una nuova frontiera, in cui nessuna infrastruttura è più intoccabile.

Una guerra che colpisce dentro casa
L’attacco a Syzran non è un episodio isolato. Da mesi l’Ucraina sta puntando su strike contro il sistema energetico russo: raffinerie, depositi, porti, terminali — una strategia volta non solo a colpire l’apparato militare, ma a minare la capacità economica e industriale di Mosca.
Secondo il monitoraggio indipendente, da inizio 2025 decine di raffinerie maggiori o medie sono state coinvolte: Syzran, Saratov, Volgograd, Ryazan, Krasnodar, Novokuibyshevsk, tra le altre — con effetti concreti sul mercato interno russo, sui trasporti, sui carburanti, sui costi logistici.
Questo tipo di guerra — “guerra alla guerra” — non prevede solo combattimenti sul fronte: mira a erodere le fondamenta economiche, a creare carenze, pressione sociale, difficoltà di approvvigionamento. È un conflitto nel conflitto: tra impianti, tubature, petrolio e logistica.
L’attacco della scorsa notte alla raffineria di Syzran segna un capitolo rilevante della guerra in Ucraina: un conflitto che non si gioca solo sul campo di battaglia, ma nelle tubature, nei depositi, nelle raffinerie, nella logistica globale.
Colpire l’energia significa colpire la mobilità, la capacità produttiva, la guerra stessa. Significa trasformare siti industriali in obiettivi strategici, cambiare la natura delle operazioni belliche, spostare la lotta sulle infrastrutture.
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