11:57 am, 7 Dicembre 25 calendario

🌐  Fine del gas russo all’Europa entro il 2027, Mosca punta all’India

Di: Redazione Metrotoday
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L’Unione Europea decide — con un accordo storico — di dire “stop al gas russo”: da qui al 2027 tutte le importazioni da Mosca dovranno cessare. La mossa rappresenta un taglio netto alle relazioni energetiche con la Russia e un ulteriore tassello nella strategia di sostegno a Ucraina. Ma il Cremlino — guidato da Vladimir Putin — non resta a guardare: Parigi, Pechino, Nuova Delhi diventano destinazioni chiave per il gas e il petrolio russi, mentre l’Europa accelera la diversificazione energetica. Una scelta che ridefinisce gli equilibri geopolitici ed economici del Vecchio Continente e del mondo intero.

Il voto storico di Bruxelles

📌  Il Consiglio e Parlamento europei — al termine di un complicato trilogo — hanno approvato una normativa che pone fine, in modo progressivo ma definitivo, alle importazioni di gas proveniente dalla Russia.

Ecco le principali tappe:

  • Il gas liquefatto (LNG) russo: stop per nuovi contratti, con interdizione totale dal 31 dicembre 2026.

  • Il gas da gasdotto: l’importazione sarà vietata da 30 settembre 2027 — con una possibile estensione al 1° novembre 2027 per quei Paesi che non avranno raggiunto i livelli minimi di stoccaggio richiesti.

  • Per i contratti a breve termine già in essere al 17 giugno 2025: interruzione dal 25 aprile 2026 (LNG) e dal 17 giugno 2026 (pipeline).

Con questo accordo, la UE intende realizzare l’obiettivo dichiarato: “indipendenza energetica da Mosca” e fine del flusso di denaro ritenuto fondamentale per finanziare la guerra in Ucraina.

Secondo dati ufficiali, la quota del gas russo tra le importazioni europee è già scesa drasticamente: dal 45% nel 2021 al circa 13% stimato per la prima metà del 2025.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito la decisione come “la fine di un’epoca” e l’inizio di una nuova era per la sicurezza energetica europea.


EU, G7 weigh ban on maritime services for Russian oil exports, end to price cap

La guerra in Ucraina e la questione energetica

L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha trasformato il gas russo da elemento economico a leva geopolitica. Le interruzioni – parziali o totali – dei flussi dal Cremlino, la manipolazione dei prezzi, e la percezione del gas come strumento di pressione hanno convinto molti Paesi europei a ridurre la dipendenza.

Negli anni successivi, grazie a diversificazioni — LNG da altri paesi, acquisti da Norvegia, Nord Africa, Nord America, e investimenti nelle rinnovabili — la UE ha costruito alternative credibili.

La legge UE e la volontà politica

Il piano per uscire dalla dipendenza energetica russa ha radici nel pacchetto REPowerEU, presentato subito dopo l’inizio della guerra.

Il 2025 è stato l’anno decisivo: con il deteriorarsi del conflitto e la crescente tensione sui mercati energetici, Bruxelles ha deciso di rendere la fine delle importazioni russa non più un obiettivo politico, ma una legge vincolante — con scadenze precise, trasparenza obbligatoria sui contratti, e meccanismi per evitare elusioni.

Le reazioni di Mosca: l’“asse energetico” verso l’Asia

🔎 Dal lato russo la risposta non si è fatta attendere. Il presidente Putin ha accompagnato l’annuncio europeo con una visita a New Delhi, ribadendo che la Russia “continuerà a vendere energia” — soprattutto petrolio e gas — a partner alternativi, in particolare all’India. 

Secondo analisti energetici, con l’uscita dell’Europa Mosca punta a rafforzare l’asse energetico con paesi dell’Asia e del Medio Oriente: India, Cina, Turchia — mercati in crescita, meno sensibili alle pressioni occidentali e meno influenzati da sanzioni economiche.

Un cambio di rotta strategico: da fornitore di massa per l’Occidente a guida di un nuovo schema energetico globale, con rotte e contratti costruiti su logiche differenziate, spesso in valuta locale o in accordi bilaterali di lungo termine.

Gli effetti immediati per l’Europa

Rischi e sfide

  • Dipendenza residua e transizione difficile: Paesi come Ungheria e Slovacchia — storicamente legati al gas russo — hanno espresso forti riserve e minacciato ricorsi alla Corte di giustizia dell’UE.

  • Costi energetici e ristrutturazioni delle filiere: molti Stati dovranno accelerare investimenti in rigassificatori, collegamenti interni, stoccaggi e fonti energetiche alternative; ciò può tradursi in rincari, particolarmente per famiglie e industrie.

  • Tempi di adattamento e vulnerabilità invernali: anche se l’Europa ha ridotto drasticamente la quota di gas russo, la completa transizione richiede infrastrutture e materiali — e i prossimi anni saranno cruciali per evitare crisi energetiche.

Opportunità

  • Spinta alle energie rinnovabili e autosufficienza: il taglio al gas russo coincide con un’accelerazione della transizione verde — rinnovabili, efficienza energetica, diversificazione delle fonti, idrogeno.

  • Nuove rotte energetiche: LNG dagli Stati Uniti, gas del Nord Africa, flessibilità del mercato globale: l’Europa si avvia verso un modello più diversificato e resilient e.

  • Riduzione della vulnerabilità geopolitica: meno dipendenza da un singolo fornitore significa anche meno leve di pressione e minore ricatto energetico in futuro.

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Le tensioni globali: energia, guerra e diplomazia

La rottura UE‑Russia sul gas non è solo una questione economica: è geopolitica. Sigilla da un lato l’appoggio europeo a Kiev e dall’altro spinge Mosca in una nuova strategia verso Est.

L’India — già oggi uno dei maggiori acquirenti del petrolio russo via mare — potrebbe diventare il principale “magazzino” energetico di Mosca, sostenendo con le sue importazioni l’economia russa e mitigando l’impatto delle sanzioni occidentali.

Allo stesso tempo, l’Europa mostra che intende trasformare l’energia in strumento di politica estera: la fine del gas russo non è solo un taglio economico, ma un segnale politico — che vuole colpire le finanze del Cremlino e sostenere la guerra ucraina anche su base economica.

Per un paese come l’Italia — storicamente sensibile alle oscillazioni del mercato energetico — l’accordo UE rappresenta una doppia sfida:

  • adattarsi rapidamente a nuove fonti energetiche e infrastrutture alternative;

  • sostenere costi di transizione per imprese, famiglie e reti di distribuzione;

  • gestire eventuali ripercussioni sui prezzi dell’energia e sulle bollette;

  • sfruttare l’occasione per accelerare la propria transizione energetica, puntando su rinnovabili, efficienza, diversificazione.

Il nostro paese, come molti altri dell’UE, si trova ora a dover calibrar e la transizione in un contesto geopolitico instabile e in rapida evoluzione.

Il cammino lungo verso un’Europa indipendente

La decisione dell’UE non è nata oggi. È il frutto di tre anni di shock energetici, crisi del gas, aumento dei prezzi, timori di ricatti geopolitici e consapevolezza che la dipendenza da Mosca rappresentava un rischio strategico.

Fin dal 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, la UE ha varato il piano REPowerEU e iniziato a diversificare le forniture. Ma la decisione di rendere la rottura definitiva — con scadenze precise e vincoli legislativi — rappresenta un passaggio storico: l’abbandono formale di un modello energetico, e l’avvio di un nuovo paradigma.

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l’energia come leva geopolitica

La mossa dell’Unione Europea rappresenta più di una semplice decisione energetica: è un gesto politico, economico e morale. Tagliare il gas russo significa togliere a Mosca una fetta importante dei suoi introiti, ridurre il potere di ricatto geopolitico, e mettere un tassello concreto nel sostegno all’Ucraina.

Ma il gas non è solo economia: è potere, è influenza, è geopolitica. E con la nuova rotta verso l’Asia e l’India, la Russia prova a reinventarsi. L’equilibrio globale dell’energia cambia, con rotte, alleanze e relazioni che si ridefiniscono.

7 Dicembre 2025
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