Tanzania e Zanzibar: elezioni contestate, caos turistico e blocco di voli
La Tanzania ha vissuto una giornata elettorale che sarebbe dovuta essere ordinaria ma che si è trasformata rapidamente in uno scenario di forte tensione: la rielezione della presidente Samia Suluhu Hassan con una percentuale vicina al 98% aveva già suscitato dubbi – dato che i principali candidati dell’opposizione erano stati esclusi, arrestati o non ammessi alla corsa.
L’arresto del leader di una delle maggiori forze d’opposizione e la mancata partecipazione di altri candidati hanno generato malumore nella popolazione, soprattutto fra i giovani, in alcune zone metropolitane. Al mattino del voto, fu annunciato un blackout dell’internet mobile e dei social network, subito dopo sono scoppiate proteste in varie regioni.
Dalle proteste al lockdown
Nella capitale economica, Dar es Salaam, le proteste si sono trasformate in scontri: incendi di pneumatici, barricate stradali, uso di gas lacrimogeni e, secondo osservatori indipendenti, anche colpi d’arma da fuoco. Esercito e polizia sono stati dispiegati in forze. È stata imposta la legge marziale de facto: coprifuoco, chiusura di strade, stop alle attività pubbliche.
La situazione ha assunto dimensioni diffuse: fermati traghetti, blocchi portuali, stop dei voli interni e internazionali, hotel e resort turistici in attesa. In certi aeroporti, passeggeri stranieri sono rimasti parcheggiati in attesa, senza informazioni chiare sull’uscita.
Nel frattempo, le autorità hanno invitato i funzionari pubblici a lavorare da casa, le scuole sono state chiuse e alcune nazioni hanno rilasciato divieti di viaggio per la Tanzania, sconsigliando i viaggi non necessari.

Il turismo nel mirino: blocchi dei voli
Una delle vittime immediate del caos è stato il settore turistico. La Tanzania, che nel 2024 aveva registrato oltre 5 milioni di visitatori internazionali, stava vivendo anni di crescita nelle destinazioni safari e mare come il Serengeti National Park e le isole dell’Arcipelago di Zanzibar.
Quando sono iniziate le proteste, molti voli sono stati cancellati e tratte principali sono state sospese: l’aeroporto di Dar es Salaam, quello di Arusha e di Kilimanjaro sono stati colpiti. All’aeroporto di Zanzibar, passeggeri sono rimasti in attesa, su sedili o bagagli, in assenza di informazioni.
Il blocco delle infrastrutture turistiche – traghetti sospesi da Zanzibar al continente, porti bloccati – ha generato una doppia pressione: da un lato la sicurezza percepita in calo, dall’altro un danno economico immediato per alberghi, tour operator e comunità locali. Le nazioni straniere hanno rapidamente emesso avvisi di viaggio con codici “solo essenziale” o “evitare viaggi non necessari”.
Una vittoria contestata
La presidente Samia Suluhu Hassan – che aveva preso il potere nel 2021 dopo la morte del predecessore – era stata inizialmente accolta con speranza come apertura verso maggiore pluralismo. Ma la sua rielezione, in condizione di forte marginalizzazione dell’opposizione, ha riacceso preoccupazioni.
Il partito al potere, Chama Cha Mapinduzi (CCM), domina la scena politica sin dal periodo dell’indipendenza, e molti osservatori hanno definito il voto del 2025 come poco competitivo: i principali candidati contrari al governo erano stati esclusi per ragioni formali o giudiziarie.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato che l’uso della forza, la disconnessione digitale, la mobilitazione degli apparati di sicurezza sono stati strumenti per mantenere l’ordine e la continuità del potere, ma al costo della legittimità. Il bilancio delle vittime è ancora incerto: alcune fonti dell’opposizione parlano di “centinaia” di morti; fonti ufficiali confermano un numero molto più basso.
Il blocco politico-sociale ha effetti immediati sull’economia locale e sull’assetto regionale. Le catene logistiche verso Malawi, Kenya e altri Paesi vicini sono state interrotte, perchè la Tanzania funge da corridoio essenziale nell’est africano.
Nel breve termine, il turismo subisce perdite dirette: business interrotti, prenotazioni cancellate, reputazione turistica danneggiata. A medio termine, la fiducia degli investitori – locali e stranieri – potrebbe diminuire. Il ministero del Turismo stimava prima delle elezioni che l’anno avrebbe registrato una crescita del 10 %, ora il dato rischia di essere rivisto al ribasso.
Inoltre, molte strutture alberghiere impiegano direttamente comunità locali, fornitori e guide safari: il fermo crea un “effetto moltiplicatore” nei piccoli centri, generando disoccupazione e tensioni sociali. Le restrizioni alla comunicazione – rete internet rallentata o bloccata – aggravano la situazione, impedendo contatti, modifiche prenotazioni e gestione emergenze.

Elezioni e libertà sotto pressione
Non è la prima volta che in Tanzania si registra tensione elettorale: le elezioni del 2020 avevano già mostrato segnali di intolleranza verso l’opposizione, e la libertà di stampa era stata più volte ridotta. Ma il 2025 appare un salto qualitativo: l’esclusione di candidati, il blackout digitale, la mobilitazione dei militari in elezioni generali.
La popolazione più giovane – i nati dopo il 2000 – ha aspettative maggiori: accesso all’informazione, partecipazione politica, trasparenza. Quando queste risultano negate, la frustrazione può tradursi in protesta. In diversi quartieri urbani di Dar es Salaam, la testimonianza è quella di giovani che hanno preso le strade la sera stessa del voto.
La repressione che ne è seguita ha amplificato il senso di ingiustizia, ma al contempo ha consolidato nell’ambiente internazionale l’idea che la Tanzania possa essere in una fase di regressione dei diritti civili.
Le ambasciate di diversi paesi europei e di altri continenti hanno emesso avvisi di viaggio, sconsigliando i viaggi non essenziali in Tanzania o suggerendo massima cautela. L’Unione Europea ha assegnato un livello di allerta al Paese, sottolineando che “gli oppositori politici non hanno potuto competere su base paritaria” e ricordando la necessità di “riconoscere il diritto di dissenso”.
Le Nazioni Unite e le ONG per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per l’uso della forza contro manifestanti, la mancanza di trasparenza nei dati sul bilancio delle vittime e l’interruzione dei servizi internet. L’assenza di missioni osservatrici indipendenti ha aumentato i dubbi sulla credibilità del processo.

La Tanzania stava vivendo una fase di crescita nel turismo: dopo anni di stabilità relativa, era diventata meta di viaggiatori attenti all’ecoturismo e agli animali, con brand internazionali e nuove infrastrutture. Il caos elettorale riduce questa percezione di sicurezza e può segnare una battuta d’arresto.
Il voto 2025 diventa banco di prova per la democrazia nel Paese: se la successione interna al CCM resta praticamente incontestata, e le proteste vengono represse, si accentua il modello autoritario che molti pensavano fosse superato con la presidenza di Suluhu Hassan.
La Tanzania del 2025 si trova all’incrocio tra speranza e repressione, tra apertura turistica e chiusura interna. Le elezioni, concepite come rito democratico, si sono trasformate in evento di forza, repressione e crisi. Il fatto che migliaia di turisti restino bloccati, voli siano sospesi, persino la comunicazione digitale interrotta, racconta quanto le scelte politiche possano avere un impatto concreto sull’economia, sulla vita quotidiana e sull’immagine di un Paese.
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