9:13 am, 24 Dicembre 25 calendario

🌐  Cresce il lavoro tra gli over 50: giovani senza più orientamento

Di: Redazione Metrotoday
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In Italia il mercato del lavoro sta cambiando forma e contenuti, accelerando un fenomeno che da molti anni gli economisti e i demografi annunciano ma che solo ora appare nella sua interezza: la crescente occupazione degli over 50 contrapposta a una generazione giovane sempre più spaesata, senza orientamento e in fuga.

L’analisi dei dati degli ultimi vent’anni racconta un Paese che sta “invecchiando al volante” del proprio tessuto produttivo, con pochi giovani inseriti nei percorsi professionali e molti di quelli presenti costretti a rivedere sogni e progetti di vita.

📌  Secondo l’Istat, nel secondo trimestre del 2025 per la prima volta oltre 10 milioni di lavoratori con più di 50 anni erano occupati in Italia, un dato che più che raddoppia rispetto a due decenni fa, quando questa componente della forza lavoro era poco più di 4,8 milioni.

In parallelo, gli occupati giovani (sotto i 35 anni) sono diminuiti in maniera significativa: da oltre 7,4 milioni nel 2005 a poco più di 5,4 milioni oggi, con un trend che non accenna a inversioni di tendenza.

Questo spostamento demografico all’interno del mercato del lavoro riflette, più in profondità, una Italia che rischia di perdere il proprio futuro produttivo, incapace di attrarre, valorizzare e trattenere i giovani, penalizzata da una crisi demografica che riduce le natalità, svuota le classi d’età intermedie e lascia un vuoto di competenze critiche nei settori più dinamici dell’economia.

Un mercato del lavoro invecchiato in un Paese che invecchia

🔎    Il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro non è isolato: è la conseguenza di decenni di trend demografici e sociali profondi. L’Italia ha una delle popolazioni più anziane d’Europa, con una quota crescente di residenti over 65 e una drammatica contrazione degli under 30. I dati sugli squilibri demografici mostrano che la popolazione in età da lavoro (15‑64 anni) è destinata a diminuire di oltre un quinto entro il 2050, mentre la quota di anziani sopra i 65 anni continuerà a salire.

Questa dinamica si riflette direttamente sul mercato del lavoro: gli over 50 non solo sono più numerosi, ma anche sempre più presenti nelle posizioni di lungo periodo, con tassi di occupazione in crescita costante. Secondo Eurostat, la quota di lavoratori tra 55 e 64 anni impiegati ha raggiunto livelli record per gli standard italiani, segnando una nuova fase della partecipazione lavorativa rispetto a soli quindici anni fa.

Tuttavia, questo “boom” occupazionale d’età matura nasconde più di una ambiguità. Per molti italiani over 50, lavorare non è una scelta legata alla realizzazione personale o alla carriera, quanto una necessità dettata da pensioni insufficienti, precarietà economica e mancanza di risparmi sufficiente a sostenere una vita dignitosa fuori dal mercato del lavoro. In altre parole, il lavoro over 50 è spesso lavoro forzato, più che frutto di scelte di vita ponderate.

La generazione senza orientamento

Se gli over 50 occupano una quota crescente dei posti di lavoro, i giovani italiani vivono una condizione speculare: con difficoltà crescenti a inserirsi, formarsi e restare nel Paese. Negli ultimi anni, decine di migliaia di giovani laureati e specializzati hanno lasciato l’Italia per cercare opportunità all’estero, in Germania, Francia, Regno Unito o Canada, spesso senza poi fare ritorno.

Questo fenomeno, definito “brain drain”, non è solo un sintomo della mancanza di lavoro, ma anche della fragilità stessa del modo in cui il sistema formativo si collega al mercato, della scarsa capacità delle imprese di offrire percorsi di carriera stabili e remunerativi e, più in generale, della difficoltà di un’intera generazione di vedere un futuro nel proprio paese.

La conseguenza è un doppio impatto: le imprese si trovano con una forza lavoro complessivamente più anziana e meno pronta ad adattarsi alle novità tecnologiche e digitali, e i giovani si ritrovano senza orientamento professionale, senza prospettive di crescita e sempre più disillusi. Non sorprende, in questa cornice, che il numero di giovani definiti NEET (Not in Education, Employment or Training) resti tra i più alti d’Europa, riflettendo il paradosso di un mercato che non riesce né ad assimilare né a rigenerare energie nuove.

Lavoro sì, ma senza qualità

L’aumento degli occupati over 50 non corrisponde necessariamente a un miglioramento della qualità dell’occupazione. In molti casi, si tratta di contratti a tempo determinato, part‑time involontario o contratti con basse tutele, soprattutto nei settori dei servizi, del commercio e dell’assistenza sociale. Anche la partecipazione femminile, pur in leggera crescita, resta inferiore alla media europea, accentuando disparità di genere che l’invecchiamento della forza lavoro tende a rendere più profonde.

Nel frattempo, la crescita degli occupati giovani è stagnante o addirittura in calo, con un tasso di disoccupazione giovanile che continua a rimanere tra i più elevati dell’area euro. Questo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro per le diverse fasce d’età si traduce in difficoltà strutturali per le imprese italiane, che spesso lamentano carenze di competenze digitali e innovative, tanto nei giovani quanto tra i lavoratori maturi, ma con difficoltà diverse nel colmare questi gap.

Le radici profonde della crisi 

La situazione italiana non è solo economica, ma culturale e sociale. La scuola, le università e i percorsi di formazione professionale faticano a orientare efficacemente i giovani verso le esigenze reali del mercato del lavoro, creando un distacco tra competenze richieste e competenze offerte. Allo stesso tempo, le imprese italiane, spesso di piccole e medie dimensioni, non investono sufficientemente in formazione continua, aggiornamento tecnologico e percorsi di carriera strutturati: un giovane altamente qualificato spesso si trova a competere con lavoratori molto esperti ma con skill poco aggiornate, in un mercato che non valorizza né l’esperienza né l’innovazione come potrebbe.

Parallelamente, molte aziende lamentano difficoltà a integrare i lavoratori over 50 nei processi di digitalizzazione e innovazione, ritenendo che la loro formazione sia meno adeguata alle nuove tecnologie. Queste percezioni — reali o stereotipate che siano — contribuiscono a consolidare il circolo vizioso di un mercato del lavoro lento a rigenerarsi e incapace di creare un’identità professionale chiara per le nuove generazioni.

Una sfida per il futuro

La sfida italiana oggi è duplice: integrare meglio i lavoratori maturi, valorizzandone l’esperienza senza fossilizzarsi su pratiche obsolete, e al tempo stesso disinnescare il fenomeno della “generazione senza orientamento” attraverso politiche attive di lavoro, formazione, sostegno alla natalità, sviluppo tecnologico e innovazione educativa.

Riformare l’orientamento scolastico, promuovere apprendistati qualificanti, favorire investimenti in tecnologie e carriere verdi, oltre a politiche attive per il lavoro giovanile e incentivi per la creazione di posti di lavoro di qualità, sono tutti elementi che possono contribuire a risistemare un equilibrio oggi fortemente compromesso.

L’Italia ha bisogno di una strategia di lungo periodo che vada oltre le emergenze congiunturali: perché un’Italia in cui lavorano sempre di più gli over 50 ma in cui i giovani faticano a trovare un senso professionale e futuro rischia di trovarsi con una generazione non orientata, un’economia rallentata e una società sempre più divisa per età.

24 Dicembre 2025 ( modificato il 22 Dicembre 2025 | 19:22 )
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