7:28 pm, 20 Dicembre 25 calendario

🌐  The Invented Reality al Gallery Hotel Art di Firenze

Di: Camilla Locoratolo
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Gratitudine, comunitĂ  e condivisione si trasformano in arte luminosa: al Gallery Hotel Art di Firenze la mostra di Daniel GonzĂĄlez invita a celebrare, riflettere e fermarsi nella bellezza festiva del quotidiano.

Nel cuore storico di Firenze, a pochi passi da Ponte Vecchio, un progetto artistico scuote lo spirito festivo della città, offrendo ai visitatori uno spazio di riflessione e celebrazione che va oltre la mera contemplazione. Fino al 27 maggio 2026, il Gallery Hotel Art — boutique hotel e luogo d’arte della Lungarno Collection — ospita The Invented Reality, la prima mostra in città dell’artista argentino Daniel González, curata da Valentina Ciarallo. La scelta della data di apertura, volutamente coincidente con la celebrazione del Thanksgiving, segna lo spirito dell’esposizione: un invito alla gratitudine, alla comunità e alla condivisione come rituali contemporanei della vita quotidiana.

Un hotel che diventa spazio di incontro artistico

📌  La Gallery Hotel Art non è un museo tradizionale ma un luogo di incontro tra l’ospitalità e l’arte contemporanea. Progettato come boutique hotel concepito dallo stilista e architetto Michele Bönan, sin dalla sua apertura è stato pensato come galleria viva nel tessuto urbano fiorentino, integrando mostre e installazioni d’avanguardia negli spazi della hall, della biblioteca e delle zone comuni. Questo approccio ha reso l’hotel un riferimento culturale cittadino, con una programmazione continua di progetti che dialogano con artisti internazionali.

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Il linguaggio festivo e relazionale di The Invented Reality

Al centro della mostra di González ci sono opere realizzate in mylar, materiale riflettente e cangiante, evocativo dell’effimero e del momento di festa: palloncini, coriandoli, colori vibranti e superfici luminose che catturano e moltiplicano i riflessi. Su queste superfici compaiono parole e frasi semplici ma potenti — “I Love You”, “Thank You”, “It’s Ok”, “Open Mind”, “Nice” — che, come graffiti del quotidiano, trasformano emozioni in gesto visivo e invitano chi osserva a riconoscersi in un linguaggio collettivo e condiviso.

🔎 Per González, la festa e il rito della celebrazione non sono meri momenti estetici, ma pratiche collettive che sospendono la routine per dare spazio alla leggerezza, all’incontro e alla condivisione. Questa filosofia si lega alla visione antropologica del pensiero di Hans-Georg Gadamer, che concepisce la festa come presentazione della comunità nella sua forma più compiuta. In questa luce, le opere di González non sono soltanto oggetti da guardare, ma dispositivi di esperienza, capaci di generare connessioni tra spettatori, linguaggi e spazi.

Parole che vibrano: arte come ponte emotivo

Le superfici riflettenti del mylar rendono le frasi non statiche: esse cambiano con la luce e con l’osservatore in movimento, quasi come se lo spettatore stesso fosse parte integrante dell’opera. Così, ciò che appare inizialmente come semplice frase si trasforma in messaggio universale, in gesto di apertura, in dichiarazione affettiva. González lavora su un lessico visuale che attinge alla quotidianità, trasformando ogni parola in simbolo di connessione e riconoscimento.

Questa concezione dell’arte si avvicina a tendenze di arte relazionale, dove l’opera non è fine a se stessa ma spazio di dialogo, partecipazione e condivisione emozionale. In un mondo spesso segnato da disconnessioni sociali e conflitti, la mostra assume così un respiro più ampio: invita a ricordare la potenza delle parole come veicolo di empatia e di comunità.

Dal pop all’artigianato: le radici delle opere

Oltre ai lavori in mylar, la mostra presenta una selezione di monocromi scintillanti, piccoli arazzi ricamati e una serie di “Flowerpots”, vasi realizzati con una tecnica originale di ricamo a perline e paillettes. Questi oggetti sintetizzano l’incontro tra memoria personale e cultura popolare: González trae ispirazione dai barattoli di latta della nonna, che da bambino osservava in Argentina, riutilizzati come porta piante. Le immagini iconiche su questi contenitori — dal pomodoro al celebre “Mastro Lindo” — si trasformano in simboli reinterpretati attraverso la sua visione poetica e ironica.

Le frasi che accompagnano i vasi — come “Valium reality sucks”, “Alive multivitamin” o “Chivas Regal” — sono frammenti autobiografici, slogan evocativi che parlano di desideri, contraddizioni e aspirazioni. Ogni oggetto diventa una piccola narrazione, una micro-utopia quotidiana in cui si riflette il linguaggio emotivo della società contemporanea.

Un invito alla leggerezza e all’inclusione

Se da un lato il linguaggio festivo delle opere di González celebra la gratitudine e la gioia, dall’altro si inscrive in una riflessione più profonda sulle dinamiche sociali: la festa come spazio dove cadono le gerarchie, dove ogni individuo è invitato a partecipare in modo autentico, libero da ruoli e pregiudizi. In un recente dialogo con critici d’arte, l’artista ha sottolineato come la leggerezza non sia superficialità, ma un gesto politico che apre possibilità di libertà, dialogo e apertura culturale.

Un’esperienza per tutti: arte, comunità e festa

The Invented Reality non è solo una mostra: è un invito a riscoprire l’arte come rito di gratitudine, comunità e condivisione. Attraverso superfici scintillanti, parole semplici e oggetti trasformati, González crea uno spazio di riflessione che trascende l’estetica per diventare esperienza collettiva. L’incontro con queste opere offre la possibilità di fermarsi, guardarsi dentro e riscoprire il valore della connessione emotiva.

20 Dicembre 2025
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