8:48 am, 10 Dicembre 25 calendario

🌐 Australia vieta social media agli under 16

Di: Redazione Metrotoday
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Dal 10 dicembre 2025 l’Australia diventa il primo Paese al mondo a introdurre un divieto generalizzato all’uso dei social media da parte di minori sotto i 16 anni. Il provvedimento impone a colossi come Instagram, TikTok, YouTube, Facebook, Snapchat e altri di bloccare gli account degli under‑16 o rischiare sanzioni fino a 49.5 milioni di dollari australiani. Una svolta radicale pensata per tutelare salute mentale e sicurezza dei ragazzi, ma che scopre crepe fin da subito: difficoltà di verifica dell’età, scetticismo su efficacia e timori su privacy e libertà di espressione.

📌  L’idea di regolare in modo drastico l’accesso dei minori ai social media matura nel 2024, quando il Parlamento approva una modifica all’Online Safety Act 2021. La normativa stabilisce che piattaforme “social media con interazione fra utenti” non potranno permettere conti a persone sotto i 16 anni, pena multe fino a 50 milioni di dollari.

Dal momento dell’approvazione, gli operatori delle piattaforme hanno avuto un anno di tempo per adeguarsi. L’obiettivo dichiarato del governo: proteggere i più giovani da rischi come cyberbullismo, dipendenza da schermo, manipolazione algoritmica, esposizione a contenuti inappropriati o traumi psicologici. 

Nei mesi successivi, il progetto inizia a generare reazioni tra le aziende del settore e molti genitori. Alcuni esperti avvertono che imporre un divieto generalizzato rischia di essere “troppo rigido” e difficile da far rispettare. Le piattaforme lamentano la mancanza di standard uniformi di verifica dell’età e temono conseguenze anche per adolescenti legittimi che potrebbero essere esclusi erroneamente.

Australia social media ban set to take effect, sparking a global crackdown

A partire da oggi 10 dicembre 2025 la normativa entra ufficialmente in vigore. Ecco le regole operative:

  • I principali social media e piattaforme con forte componente di interazione – tra cui Instagram, Facebook, TikTok, Snapchat, X, Reddit, YouTube, Twitch, Kick – devono adottare procedure per verificare l’età degli utenti e impedire l’accesso a chi ha meno di 16 anni.

  • Gli account esistenti intestati a minori devono essere disattivati. Le aziende hanno iniziato già alcuni giorni prima — per esempio Meta ha cominciato a bloccare account Instagram e Facebook di under‑16 fin dal 4 dicembre. 

  • Le società che non adotteranno “misure ragionevoli” rischiano multe fino a circa 49,5 milioni di dollari australiani (≈ 33 milioni di dollari USA).

  • Il divieto non incrimina il minorenne o i genitori, ma mette la responsabilità interamente sulle piattaforme. 

Il governo definisce la misura «una riforma epocale per proteggere l’infanzia e sostenere le famiglie».

Adesioni, dubbi tecnici e vie di fuga

Non tutte le risposte sono però entusiaste — e i primi giorni mostrano già le criticità del provvedimento.

Le piattaforme accettano… con riserve

Colossi social come Meta, TikTok e Snap hanno annunciato che si allineeranno: disattiveranno gli account di under‑16 e adotteranno strumenti di verifica dell’età. 
Ma alcune di queste stesse aziende — tra cui Google (per YouTube) — hanno chiarito che l’applicazione del divieto sarà “difficile da garantire” in modo perfetto. Per esempio, bloccare tutti i sotto‑16 richiederebbe una verifica obbligatoria dell’età per ogni utente — cosa non prevista dalla legge.

Sfide tecniche e normative

La legge stabilisce che le piattaforme prendano “misure ragionevoli”, ma non definisce standard obbligatori. Questo significa che non tutte le piattaforme useranno lo stesso sistema — si va da verifiche tramite documento d’identità, a selfie con riconoscimento facciale, fino a metodi più “soft” come controllo incrociato di dati. 
Nella pratica, qualche adolescente ha già dimostrato che è possibile aggirare i controlli (per esempio usando l’identità di un maggiorenne).

Le famiglie divise: protezione o ipercontrollo?

Secondo sondaggi condotti all’indomani dell’annuncio, la maggior parte degli australiani (genitori o meno) approva il provvedimento, ritenendolo una misura necessaria a proteggere i giovani da illeciti online e stress psicologico. 
Tuttavia, molti genitori esprimono dubbi sull’effettiva efficacia: il 75% teme che i ragazzi troveranno comunque un modo per accedere e il 69% non crede che le piattaforme garantiranno un’adesione totale.

Perché l’Australia potrebbe aprire una nuova era

Il provvedimento australiano non è soltanto una scelta locale: ha un valore simbolico e potenzialmente imitativo a livello globale.

  • È la prima legge nazionale di questo tipo al mondo: un precedente che altre nazioni — già in discussione — potrebbero prendere come modello.

  • Segna un cambiamento di paradigma: da approccio basato su educazione, regolamentazione minima e responsabilità individuale — a rapida intercessione legale per tutelare l’età e la vulnerabilità dei minori.

  • Spinge le piattaforme a innovare i metodi di verificazione dell’età, con sviluppi in ambito tecnologico e normativo che potrebbero avere effetti collaterali su privacy, gestione dati, identità digitale.

In un mondo in cui l’uso dei social da parte di giovani e giovanissimi è pervasivo, l’“esperimento Australia” sarà guardato con attenzione da governi, regolatori, scuola, famiglie e società civile di molti paesi.

Non mancano le critiche. Fra le principali:

  • Efficacia limitata: senza obbligo di verifica di ogni account, molti minori potrebbero sfuggire ai controlli — con genitori compiacenti o usando dispositivi di adulti. 

  • Privacy e sorveglianza: sistemi basati su documenti d’identità, selfie e riconoscimento facciale sollevano preoccupazioni su trattamento dati sensibili e sorveglianza digitale massiva.

  • Libertà di espressione e partecipazione dei giovani: per adolescenti e giovanissimi, i social rappresentano spesso strumenti di socializzazione, creatività, condivisione e attivismo. Il divieto rischia di escluderli da queste possibilità, con effetti sulla libertà di espressione. 

  • Possibili effetti collaterali: adolescenza, relazioni sociali, salute mentale — è difficile prevedere se la mancata accessibilità ai social potrà davvero proteggere i minori o semplicemente spostare i rischi su altri media (chat, giochi online, forum meno regolamentati).

Il dibattito australiano — ben mediatizzato e acceso — offre spunti significativi anche per l’Europa e l’Italia:

  • Regolamentare l’uso dei social da parte dei minori non è più soltanto una questione educativa o di buon senso: è diventata un tema pubblico, istituzionale, che impone decisioni normative.

  • Diventa urgente affrontare questioni come verifica dell’età online, diritti alla privacy, garanzie di libertà di espressione, protezione dei minori.

  • Serve un equilibrio: non solo divieti, ma anche alfabetizzazione digitale, educazione civica per l’uso responsabile del web, coinvolgimento di scuola e famiglie nel costruire consapevolezza.

  • L’esperimento australiano potrebbe creare pressione internazionale: molti Paesi osserveranno con attenzione gli esiti e valuteranno provvedimenti simili.

🔎 La decisione dell’Australia di vietare i social media agli under 16 segna una cesura netta: un segnale forte che dalla tutela della libertà di accesso si passa, in nome del benessere e della protezione dei minori, a un controllo legale e strutturale.

È una scelta radicale, ambiziosa, forse inevitabile in un’epoca in cui i social influenzano profondamente la formazione, l’identità e la salute mentale delle nuove generazioni. Ma non è una soluzione definitiva: rischi di elusione, problemi di applicazione, dubbi su efficacia e diritti restano.

10 Dicembre 2025
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