đ Tre italiani aggrediti in Cisgiordania: lâattacco di coloni a Ein alâDuyuk
Secondo la ricostruzione delle autoritĂ palestinesi, dieci aggressori hanno fatto irruzione nellâabitazione, picchiando i volontari con pugni e calci â anche al viso, allâaddome e alle gambe â e razziando effetti personali come passaporti e telefoni. I quattro feriti â due donne italiane, un uomo italiano e un volontario canadese â sono stati trasferiti in ospedale e poi dimessi. Nessuno sarebbe in pericolo di vita, ma lâepisodio ha suscitato sgomento, indignazione e dure reazioni politiche.
Il ministro degli Esteri italiano ha condannato lâattacco definendolo âgravissimoâ, invitando il governo di Tel Aviv a fermare lâescalation di violenze da parte dei coloni e a garantire la protezione dei cittadini stranieri presenti nei territori occupati.
Ma al di lĂ delle immediate reazioni diplomatiche, questo episodio rappresenta â ancora una volta â un segnale preoccupante dellâaggravarsi della tensione nella Cisgiordania occupata, dove atti di violenza da parte di coloni, incursioni, intimidazioni e raid notturni stanno assumendo una frequenza che non può essere ignorata.
Lâattacco: cosa è successo a Ein alâDuyuk
Secondo quanto emerso dalle prime ricostruzioni, lâirruzione è avvenuta fra le 4 e le 5 del mattino. I coloni, con il volto coperto, hanno sfondato la porta della casa dove alloggiano gli attivisti. Allâinterno, un piccolo gruppo di volontari internazionali che svolgono attivitĂ di sostegno alle comunitĂ palestinesi â accompagnamento di bambini a scuola, supporto agli agricoltori, difesa della presenza civile nelle aree rurali. Quando gli aggressori si sono presentati, molti dormivano.
Le donne presenti hanno raccontato di essere state colpite da pugni al viso e calci alle costole e alle gambe, mentre allâuomo è stato inferto un calcio che potrebbe richiedere riposo per alcuni giorni. In seguito allâaggressione, gli assalitori hanno rubato passaporti, telefoni e altri beni personali, e hanno intimato: ÂŤDon’t come back hereÂť â ÂŤNon tornate piڝ.Â
Le autoritĂ palestinesi e la polizia locale sono intervenute, gli attivisti sono stati portati allâospedale di Gerico, visitati e dimessi nelle ore successive. Il consolato italiano a Gerusalemme è stato immediatamente attivato, coordina la vicenda in stretto contatto con le autoritĂ locali.
Dal canto suo, il governo italiano â tramite il ministro degli Esteri â ha chiesto a Israele di intervenire subito per garantire la sicurezza dei civili e di porre fine alle aggressioni: ÂŤLa Cisgiordania non deve essere annessa, nessuna ipotesi di annessioneÂť, ha ribadito, riferendosi alla recente pressione di Tel Aviv su territori contesi.
Il ritorno della violenza dei coloni
Questo attacco si inserisce in un contesto di rinnovata intensitĂ di violenze da parte di coloni israeliani in Cisgiordania â una tendenza giĂ osservata dopo lâescalation iniziata con la guerra a Gaza del 2023 e le crescenti tensioni in tutto il territorio occupato. Solo nellâultimo mese, sono stati segnalati decine di raid, incendi di proprietĂ palestinesi, attacchi durante la raccolta delle olive, pestaggi, aggressioni contro giornalisti e operatori umanitari.
Uno degli eventi recenti riguarda un giornalista di una grande agenzia internazionale, colpito durante la stagione della raccolta delle olive nei pressi di Nablus â un assalto che riflette la pericolositĂ della situazione anche per chi compie attivitĂ documentative o pacifiche.
Le statistiche parlano chiaro: secondo alcune ONG e osservatori, questo novembre 2025 è stato il mese piĂš violento per la Cisgiordania da quando vengono raccolti i dati (dal 2006), con centinaia di attacchi da parte di coloni, molte delle quali hanno causato feriti, sfollati, danni a proprietĂ e intimidazioni. In passato anche residenze, abitazioni, scuole e moschee in villaggi palestinesi sono state oggetto di incendĂŽ, graffiti, incursioni notturne. Ogni volta â denunciano le comunitĂ â con poca protezione da parte delle autoritĂ israeliane, o con omissioni sistematiche.
Ă in questo quadro che va inserita la grave aggressione ai tre volontari italiani: non un fatto isolato, ma un elemento di una escalation che sembra non conoscere sosta.
I volontari internazionali: un ruolo controverso
Gli attivisti aggrediti facevano parte di un network internazionale di solidarietĂ , impegnato da anni a “scortare” comunitĂ palestinesi vulnerabili â contadini, pastori, famiglie esposte a attacchi di coloni â offrendo supporto civile, mediazione, protezione simbolica e concreta. Alcune ONG internazionali operano con la collaborazione di volontari stranieri proprio per portare un’attenzione internazionale su una situazione spesso ignorata.
In passato, questi volontari hanno documentato violenze, incendi, demolizioni â con testimonianze, video, rapporti: il loro ruolo ha contribuito a dare visibilitĂ a eventi che altrimenti sarebbero rimasti confinati alle comunitĂ locali.
Tuttavia, il loro intervento non sempre è stato visto di buon occhio da parte di alcuni gruppi estremisti tra i coloni o tra fazioni radicali: nei mesi di raccolta delle olive, diverse squadre di volontari internazionali sono state vittime di aggressioni, minacce, danneggiamenti di veicoli.
Il 30 novembre 2025, con lâattacco a Ein al-Duyuk, la situazione ha raggiunto un nuovo livello di gravitĂ : lâirruzione in una casa, in piena notte, con uso di violenza fisica e furto. Un segnale che la presenza internazionale non è sufficiente a garantire protezione, e che i volontari stessi possono diventare bersagli â con lâintento, forse, di intimorire chi sostiene le comunitĂ palestinesi e di scoraggiare testimonianza e mediazione.
Roma, Tel Aviv, Gerusalemme
Lâepisodio ha immediatamente coinvolto il governo italiano. Il ministro degli Esteri ha chiesto lâintervento del governo israeliano per “impedire che continuino queste violenze” e ha ribadito la contrarietĂ dellâItalia a ogni ipotesi di annessione della Cisgiordania. Il consolato italiano in Gerusalemme è rimasto in stretto contatto con le autoritĂ palestinesi, mentre si cercano garanzie su sicurezza e incolumitĂ per i connazionali.
La pressione internazionale su Israele â giĂ elevata per le operazioni militari in Gaza e per i raid nella West Bank â rischia di aumentare ulteriormente. LâItalia, insieme ad altri Stati europei, potrebbe chiedere un intervento congiunto per proteggere civili, operatori umanitari e volontari, e per garantire che la presenza civile internazionale non venga considerata un âbersaglio legittimoâ.
Coloni, insediamenti, politica delle terre â una lunga escalation
Per capire lâattacco a Ein al-Duyuk bisogna guardare indietro, agli ultimi anni della situazione in Cisgiordania.
Espansione degli insediamenti e mutamento demografico
Dopo il conflitto del 2023 e la successiva guerra a Gaza, molti coloni israeliani hanno accelerato lâampliamento degli insediamenti: costruzione di nuove unitĂ abitative, strada, infrastrutture, spesso in aree vicine a villaggi palestinesi. Questo ha aumentato la pressione demografica e territoriale sulla popolazione locale, intensificando le tensioni e creando frequenti scontri â non solo militari, ma anche civili.
Crescita della violenza dei coloni â e impunitĂ
I gruppi di coloni radicali, spesso autonomi o semiâorganizzati, hanno intensificato le aggressioni: incendi di oliveti, assalti notturni a case o grotte, intimidazioni contro contadini, famiglie, operatori umanitari. Le autoritĂ israeliane raramente intervengono con efficacia, e le denunce molte volte non portano a indagini serie. Questo clima di impunitĂ consolida la logica della violenza come strumento di paura e controllo.
La presenza internazionale come âscudo umanoâ e come obiettivo
Organizzazioni internazionali e volontari stranieri â europei, americani, canadesi â hanno cercato di offrire protezione civile e visibilitĂ alle comunitĂ palestinesi, con âpresenze civiliâ in villaggi e terreni agricoli. Ma con lâaggravarsi della situazione, la loro presenza rischia di trasformarsi in un ulteriore fattore di instabilitĂ : vengono percepiti come âaliatiâ dei palestinesi, come testimoni scomodi, e dunque potenziali bersagli. Lâattacco di Ein al-Duyuk è la concretizzazione piĂš recente di questa deriva.
Dopo lâaggressione, diverse associazioni per i diritti umani â locali e internazionali â hanno chiesto un intervento urgente: protezione per gli operatori umanitari, sanzioni per i gruppi di coloni, vero monitoraggio degli insediamenti, investigazioni indipendenti sugli attacchi.
Alcuni parlamentari europei hanno annunciato che chiederanno agli organismi internazionali (ONU, UE) un rapporto sullâescalation di violenza nei Territori Occupati, per valutare possibili misure di tutela per i civili e per gli operatori stranieri.
In Italia, il dibattito politico è giĂ acceso: mentre alcune forze chiedono maggiore fermezza nella condanna, altre â scettiche sullâefficacia delle pressioni diplomatiche â invitano a rivedere le politiche di cooperazione con organizzazioni che operano nei Territori Occupati, alla luce dei rischi crescenti.
Tra le tante voci, una emerge con forza: quella delle comunità locali palestinesi, stanche di subire abusi, intimidazioni, furti, espulsioni. Per loro, ogni aggressione a volontari internazionali è un duro colpo: perchÊ significa meno protezione, meno visibilità , meno speranze.
Lâurgenza della veritĂ e della protezione
Quando tre italiani si fanno male â non in unâazione di guerra, ma in un raid notturno condotto da coloni â non è solo un fatto di cronaca: è un campanello dâallarme per lâintera comunitĂ internazionale.
Serve piĂš che solidarietĂ e condanne. Serve protezione concreta, presenza istituzionale, meccanismi seri di tutela per civili e operatori internazionali. Serve che la comunitĂ internazionale â Stati, organizzazioni, organizzazioni non governative â riconosca che ciò che accade in Cisgiordania non è un conflitto âlocaleâ, ma una crisi di diritti, di dignitĂ , di giustizia.
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