🌐 La “famiglia nel bosco” accetta un casolare gratis
Obiettivo: potere riabbracciare i figli
La vicenda della cosiddetta “famiglia nel bosco” — un nucleo composito, con tre figli piccoli, al centro di uno scontro fra ascolto sociale, interventi assistenziali e ordini giudiziari — riaccende i riflettori. I genitori, Nathan Trevallion e Catherine Trevallion, hanno accettato la proposta di un casolare in comodato gratuito: un casolare rurale recentemente ristrutturato, immerso nel bosco di Palmoli (Chieti), messo a disposizione da un privato, che si è detto pronto ad ospitarli e consentire così una ricongiunzione – seppur provvisoria – della famiglia.
Un “gesto di solidarietà”, nelle parole del proprietario, che vorrebbe restituire ai Trevallion la possibilità di vivere “secondo il proprio credo e la propria voglia di libertà”, in attesa che si definisca la disputa legale aperta dal provvedimento di allontanamento dei figli.
Ma questa casa — due stanze, cucina, pozzo, bagno a secco, camino in ogni stanza, fonti naturali e spazi per animali — è soprattutto l’ennesimo capitolo di una storia difficile, che mette in bilico valori come libertà, istruzione, tutela minorile, e che rischia di diventare un caso di frontiera fra scelte alternative di vita e responsabilità civili e sociali.
Cronistoria di una vicenda che divide l’Italia
La “famiglia nel bosco” viveva fino a poche settimane fa in un casolare isolato nella zona boscosa di Palmoli, in Abruzzo. I loro tre figli, tutti sotto i dieci anni, non frequentavano una scuola tradizionale: la famiglia aveva scelto uno stile di vita alternativo, informale, profondamente rurale, lontano dalle logiche urbane. Queste scelte — unite a condizioni abitative che secondo i Servizi Sociali presentavano criticità sotto il profilo igienico‑sanitario, di accesso all’istruzione e alla socialità — hanno spinto il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila a disporre l’allontanamento dei bambini e la sospensione della potestà genitoriale. I piccoli sono stati quindi collocati in una casa famiglia a Vasto, affidati a strutture protette.
La decisione ha suscitato un dibattito aspro: da un lato chi ha denunciato un’ingiustizia e un intervento punitivo su forme di vita alternative; dall’altro chi ha sottolineato la responsabilità dello Stato di garantire diritti fondamentali come l’istruzione, la salute e l’integrazione sociale per i minori. Le polemiche, alimentate anche sui social, hanno portato insulti e minacce nei confronti della giudice che ha firmato l’ordinanza.
Ora, con l’offerta del casolare e l’accoglimento da parte della famiglia, si apre una nuova fase: quella del tentativo di “rientro” – non solo materiale, ma forse anche emotivo – in un contesto che consenta loro di vivere con un alcuni requisiti minimi di vivibilità, rispettando però il loro desiderio di scegliere una vita fuori dagli schemi.
La casa nel bosco: un rifugio, una speranza, una scommessa
Il casolare offerto è descritto come una “vecchia casa di campagna” recentemente ristrutturata, con caratteristiche che già hanno convinto i genitori a “dire sì”: due ampie stanze, cucina, pozzo d’acqua, bagno a secco, camini in ogni ambiente — quindi possibilità di riscaldamento — e spazi adatti anche a ospitare animali. Il proprietario, un ristoratore di Ortona originario di Palmoli, ha dichiarato di averlo ristrutturato pensando a una locazione turistica; ora si è offerto di concederlo in comodato d’uso gratuito alla famiglia.
«È la casetta dove sono nato e dove ho vissuto con i miei genitori», ha spiegato. «Quando ero bambino vivevamo in rustico, con camini, con pozzo, senza riscaldamento moderno. Quando ho saputo della situazione ho pensato che potesse essere utile alla famiglia. Non mi scandalizzo dello stile di vita – perché l’ho vissuto anch’io da piccolo».
I legali dei Trevallion — gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas — hanno definito l’accettazione dell’abitazione non come “un passo indietro”, ma come “un passo avanti che consente di tornare a vivere secondo il proprio credo e il proprio desiderio di libertà”, pur restando impegnati nel ricorso contro l’ordinanza del Tribunale.
Nelle dichiarazioni rilasciate al proprietario, i genitori si sono detti “affascinati” dalla casa e convinti che potrebbe rappresentare un ambiente “consono” per la ricostruzione della loro quotidianità.
Tra passioni, isolamento e dubbi
La vicenda della “famiglia nel bosco” aveva acceso le critiche proprio per le condizioni in cui si trovavano a vivere: assenza di riscaldamento moderno, di allacciamenti stabili ad acqua e rete fognaria, assenza di scuola e socialità per i bambini, rischio di isolamento socio‑sanitario. Secondo la perizia depositata dai servizi sociali e accolta dal Tribunale, quelle condizioni avrebbero potuto compromettere il benessere e lo sviluppo dei figli, costituendo una forma di “grave emarginazione sociale”.
L’ordinanza non si basa su un rifiuto ideologico di uno stile di vita alternativo — come alcuni sostenitori della famiglia avevano denunciato — ma su una valutazione oggettiva in funzione dei diritti dei minori: diritto all’istruzione, alla salute, alla socialità, alla tutela in un contesto stabile.
Tuttavia, la sospensione della potestà genitoriale e la separazione dei bambini dalla madre ha scatenato una reazione forte: proteste, critiche, accuse di colpevolizzazione del diverso, attacchi alla giudice e agli assistenti sociali, petizioni in difesa del diritto a vivere “diversamente”.
Il caso ha diviso l’opinione pubblica: per molti la famiglia rappresentava un modello alternativo di vita vicina alla natura, al rispetto ambientale, a una educazione libera dei figli; per altri, invece, era un’esposizione irresponsabile di bambini a rischi sociali, sanitari ed educativi.
La nuova opportunità del ricongiungimento possibile
Con l’offerta del casolare e l’accettazione da parte dei genitori, si apre ora una finestra sul possibile ritorno dei figli nella dimensione di famiglia unita. I legali hanno già depositato un reclamo contro l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni, auspicando che le nuove condizioni abitative — se riconosciute idonee — possano portare a una riconsiderazione del provvedimento.
L’annuncio del casolare gratuito ha suscitato un’ondata di solidarietà: non solo fra cittadini del territorio abruzzese, ma fra attivisti per le libertà alternative, sostenitori della decrescita, famiglie che scelgono uno stile di vita più semplice. Ma anche una risposta critica, che non nasconde preoccupazioni per i bambini: molti temono che il trasferimento in un casolare rurale non garantisca abbastanza l’accesso all’istruzione, alla sanità, ai diritti sociali fondamentali — specialmente se non ci sarà un progetto strutturato di reinserimento, di sostegno, di monitoraggio.
Altri osservano il gesto come un “precedente pericoloso”: una famiglia che — dopo l’intervento dello Stato — ottiene la solidarietà di privati per aggirare il provvedimento. Un caso che potrebbe ispirare scelte simili, mettendo in crisi i criteri di valutazione delle condizioni familiari e sociali.
Dalle Istituzioni, intanto, filtrano parole di cautela. Alcuni legali e operatori sociali sottolineano che — benché la nuova abitazione rappresenti un miglioramento evidente — dovrà essere verificata la reale idoneità: si dovrà valutare la vicinanza ai servizi, l’accesso a scuola e sanità, la stabilità dell’offerta abitativa, la capacità dei genitori di garantire condizioni di crescita adeguate.
Libertà di vita e diritti dei minori
In molti – soprattutto fra chi difende la famiglia – evidenziano che la scelta di vivere a contatto con la natura, in modo semplice, rispettoso dell’ambiente e lontano dagli sprechi, non è una forma di devianza, ma una scelta di autonomia e dignità. Allo stesso tempo, però — dicono altri — non si può ignorare il principio secondo cui un bambino ha diritto a un’istruzione, a cure, a socialità, a svilupparsi in un ambiente che garantisca opportunità reali.
Questo bilanciamento fragile — tra la libertà di vita e la tutela dei minori — resta il cuore del dibattito. Il caso della “famiglia nel bosco” non è isolato, ma rappresenta una sfida per la società intera: come conciliare diritti, alternative, marginalità, libertà?
Attesa per le decisioni del Tribunale
Nei prossimi giorni, il reclamo depositato dai legali della famiglia sarà esaminato dal Tribunale per i Minorenni. Sarà valutata la nuova situazione abitativa: il casolare offerto in comodato gratuito — dotato di servizi minimi secondo i proprietari — potrà essere considerato “idoneo” per consentire il rientro dei figli con i genitori?
Parallelamente, prosegue la discussione pubblica. Il caso continua a suscitare emozioni, prese di posizione, solidarietà e sospetti. Alcuni chiedono che ogni decisione sia guidata esclusivamente dal “miglior interesse del minore”; altri invocano il diritto alla libertà di scelta, alla vita semplice, alla dimensione rurale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

















