“Un inferno galleggiante” con tremila mucche bloccate su una nave
La rotta e la nave: un viaggio che non doveva finire così
La Spiridon II ha lasciato il porto di Montevideo il 19 settembre 2025, con a bordo migliaia di manze – molte delle quali, secondo le ONG, potrebbero essere gravide. L’imbarcazione, vecchia di 52 anni e battente bandiera togolese, è stata convertita al trasporto di bestiame nel 2011.
Il 22 ottobre la nave avrebbe dovuto attraccare al porto di Bandırma, nel Mar di Marmara, ma le autorità veterinarie turche si sono opposte allo sbarco. Il motivo? Discrepanze tra le marche auricolari di circa 500 bovini e la documentazione ufficiale fornita su carta. Secondo la compagnia proprietaria, le autorità turche hanno rifiutato l’autorizzazione all’entrata del carico, ordinando alla nave di rimanere in rada.
Il dramma dei bovini: morti, sofferenza, nascite in alto mare
Secondo l’Animal Welfare Foundation (AWF), almeno 48 mucche sarebbero già decedute. Le cause, segnalano le ONG, sono da ricercare nella mancanza di risorse: acqua, cibo e lettiere sarebbero scarse (o di qualità insufficiente) dopo un viaggio prolungato ben oltre quanto previsto inizialmente.
In un appello congiunto di più associazioni animaliste – AWF, Animal Advocacy, Food Transition, Animals International e Animal Save Movement Türkiye – si sollecita con urgenza lo sbarco degli animali sopravvissuti per evitare ulteriori sofferenze.
Il dramma a bordo però non è solo morte: ci sarebbero anche nascite. Secondo alcune fonti, circa 140 vitelli sarebbero nati durante la traversata, ma solo 50 sono stati rilevati con certezza; il destino degli altri non è chiaro. Si immagina che alcuni siano morti, altri dispersi, altri ancora nascosti nella penombra del ponte. Le condizioni igieniche descritte, tra escrementi, stress e sovraffollamento, sono tragiche.

Un attracco “di rifornimento” ma nessuno sbarca
Spinti dalle pressioni mediatiche e dalle richieste delle ONG, le autorità turche hanno concesso alla Spiridon II un attracco temporaneo nel porto di Bandırma il 9 novembre, ma solo per rifornire acqua, foraggio e lettiere. Non è stato permesso né lo sbarco degli animali vivi né lo smaltimento delle carcasse. Dopo il rifornimento, la nave è stata nuovamente rimandata in rada, al largo.
Le associazioni denunciano che i cadaveri sarebbero stipati in grandi sacchi sul ponte superiore, visibili nei video girati dai movimenti animalisti. Il pericolo di un ulteriore peggioramento delle condizioni degli animali sopravvissuti è concreto: ogni giorno in più a bordo significa maggior sofferenza, stanchezza, disidratazione.
Questo episodio è diventato simbolo delle critiche sempre più forti al commercio globale di animali vivi via mare. Secondo l’AWF e le altre associazioni coinvolte, il caso della Spiridon II è la prova che le normative internazionali non bastano per garantire il benessere animale: serve un intervento urgente, sia diplomatico che regolamentare.
Inoltre, il fatto che una nave così anziana – con una storia segnata da problemi – possa ancora essere utilizzata per trasportare vivi, solleva seri interrogativi sulla sicurezza e la moralità di questa pratica.
Le pressioni non arrivano solo dall’opinione pubblica: anche a livello istituzionale si registrano appelli. Alcune ONG hanno chiesto l’intervento della Commissione Europea, perché esplori ogni possibilità diplomatica e tecnica per far sbarcare almeno gli animali con documenti in regola: ridurre l’affollamento a bordo potrebbe salvare vite.
Le autorità turche, finora, non hanno dato segnali chiari su una volontà di compromesso definitivo. Anche il governo uruguaiano – paese di origine del bestiame – è chiamato in causa su un piano diplomatico dai gruppi di tutela animale, ma finora le risposte sono state timide.
Le ONG sottolineano che il benessere degli animali non dovrebbe essere subordinato a discordanze burocratiche: quando la vita di esseri senzienti è in gioco, servono soluzioni rapide, anche eccezionali. Se non si interviene in fretta, per molti dei bovini a bordo potrebbe essere troppo tardi.

Un monito per il futuro
Il caso della Spiridon II è destinato a rimanere nella cronaca come esempio di quanto il commercio di animali vivi su lunghe rotte marittime possa trasformarsi in una catastrofe umanitaria… anzi, “bestiaria”. Le immagini e le testimonianze delle carcasse, della sovrappopolazione, dei vitelli nati in mare, mettono in luce una verità scomoda: il codice civile e commerciale non basta se non coincide con un codice morale condiviso.
Al centro della questione non c’è solo il destino di qualche migliaio di mucche: c’è l’interrogativo su un sistema che considera gli animali come merci, e che spesso li espone a viaggi estenuanti, condizioni precarie e – come in questo caso – al rischio concreto di morte.
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