9:44 pm, 22 Novembre 25 calendario

La famiglia “del bosco”: tre bambini allontanati e trasferiti in struttura protetta.

Di: Redazione Metrotoday
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Chieti,  una storia che divide l’Italia

PALMOLI (Chieti) — È un capitolo doloroso e controverso quello che si scrive oggi per la famiglia anglo-australiana che vive da anni in un casolare isolato tra i boschi di Palmoli, in provincia di Chieti. Il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ha disposto il collocamento dei tre figli — una bambina di 8 anni e due gemelli di 6 — in una comunità educativa, con la madre, per un periodo di osservazione. Il padre resta nella loro abitazione di legno, lontano dai comfort moderni, ma anche sotto una crescente pressione giudiziaria e mediatica.

Il verdetto: sospesa la responsabilità genitoriale

Il provvedimento giunge dopo mesi di tensioni e approfondimenti da parte delle autorità. Secondo il legale della coppia, l’avvocato Giovanni Angelucci, la responsabilità genitoriale è stata sospesa in via esecutiva.  Il tribunale ha nominato come tutore provvisorio la dottoressa Maria Luisa Palladino, in attesa di definire il futuro del nucleo familiare.

Durante l’esecuzione dell’ordinanza di allontanamento, al casolare nei boschi sono intervenuti assistenti sociali, forze dell’ordine e lo stesso avvocato Angelucci. La madre, Catherine Birmingham, è potuta rimanere con i figli; il padre, Nathan Trevallion, invece ha dovuto lasciare la sua “casa nel bosco” per un periodo.

Motivazioni del Tribunale: salute, istruzione, isolamento

I giudici hanno sollevato dubbi sul benessere fisico dei bambini, ma anche sul loro percorso educativo. Non frequentando la scuola, secondo il Tribunale, sarebbe a rischio il corretto sviluppo educativo: il modello di vita scelto dai genitori è quello dell’unschooling, una forma di educazione parentale non convenzionale.

L’abitazione in cui vive la famiglia è priva di allacci tradizionali: niente elettricità da rete, niente gas e acqua corrente. L’approccio “zero impatto” scelto da Catherine e Nathan — con l’utilizzo di pannelli solari per l’energia, pozzo per l’acqua e toilette compost — ha suscitato reazioni contrastanti.

Un altro episodio ha acceso i riflettori: nel 2024 i bambini sono stati ricoverati in ospedale per intossicazione da funghi raccolti nei boschi, evento che ha portato alla segnalazione da parte dei carabinieri e all’attivazione dei servizi sociali.

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La reazione dei genitori: “Strappati, traumatizzati”

Il padre Nathan Trevallion ha parlato a Open con toni forti: “Ci hanno strappato i bambini. È un sistema orribile, farà del male a loro”, ha dichiarato, denunciando modalità che, secondo lui, hanno traumatizzato i figli.

Ha raccontato di aver visto forze dell’ordine in borghese, senza sirene né spettacolarità, agire insieme ai servizi sociali per prelevare i minori.  Gli è stato permesso di consegnare qualche effetto personale dei bambini, ma secondo lui non abbastanza: “Hanno potuto prendere solo lo stretto necessario per la notte”. 

Nonostante le tensioni, Catherine è riuscita a negoziare di poter accompagnare i figli nella comunità educativa indicata dal Tribunale, che si troverebbe nella zona di Vasto.

La mobilitazione sociale: petizioni e solidarietà

La vicenda ha suscitato un’ondata di solidarietà. Una petizione su Change.org, lanciata per chiedere che i bambini restassero con i genitori nel loro casolare, ha raccolto decine di migliaia di firme.

Sui social e nei media italiani e internazionali si è acceso un acceso dibattito. Da un lato, chi sostiene il diritto dei genitori a scegliere uno stile di vita fuori dagli schemi; dall’altro, chi ritiene che le condizioni di vita scelte dai genitori — potenzialmente rischiose — richiedano l’intervento dello Stato per tutelare i minori.

Il nodo educativo e l’obbligo scolastico

Uno dei punti centrali del contendere è l’istruzione dei bambini. I genitori dichiarano di seguire un metodo non convenzionale, l’“unschooling”, che predilige l’apprendimento spontaneo e la vita nella natura all’istruzione formale.

Tuttavia, per il Tribunale ciò non basta: mancherebbe una socializzazione adeguata e ci sarebbero dubbi su se questa modalità garantisca un livello educativo compatibile con lo sviluppo di diritti fondamentali, come il diritto agli studi e a una vita “cittadina”.

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Il punto di vista delle istituzioni

Secondo il comunicato del tribunale, il provvedimento non è “definitivo”: il trasferimento ha natura precauzionale, finalizzato a una “verifica” delle dinamiche familiari, della salute e del benessere psicofisico dei bambini.

La sospensione della responsabilità genitoriale ha lo scopo di tutelare i minori, ma non esclude un possibile rientro a lungo termine nell’abitazione originaria, se il giudice riterrà che le condizioni siano migliorate o adeguate.

La vicenda apre un dibattito delicato e simbolico. Da una parte, la libertà di scelta educativa e di stile di vita: la famiglia ha scelto di vivere nel bosco per essere a contatto con la natura, lontano dalla tecnologia, con un ritmo esistenziale più lento e “autentico”.

Dall’altra, il dovere dello Stato di tutelare i minori: garantire loro diritti fondamentali come la salute, l’istruzione, la socializzazione. Quando uno stile di vita non convenzionale può implicare rischi fisici o psicologici, l’intervento giudiziario diventa inevitabile, secondo i magistrati.

La storia della famiglia del bosco non è solo una cronaca insolita: è il racconto di un conflitto tra due visioni del mondo. Da un lato, la scelta radicale di vivere in modo alternativo, radicati nella natura. Dall’altro, la responsabilità dello Stato di proteggere chi è più vulnerabile.

I tre bambini, al centro di questa vicenda, sono ora in bilico tra due mondi: quello naturale e libero che i loro genitori hanno scelto, e quello delle regole istituzionali che vogliono garantirgli servizi e sicurezza. 

22 Novembre 2025 ( modificato il 23 Novembre 2025 | 23:51 )
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