Coppa Davis al bivio: Sinner spinge per cambiare la formula
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ToggleJannik Sinner, cuore pulsante della nazionale italiana di Davis Cup, ha deciso di non rendersi disponibile per la fase finale della Coppa Davis 2025 che si terrà a Bologna. Una scelta che arriva in un momento cruciale, non solo per il destino dell’Italia, ma anche per il futuro stesso del torneo, mentre il campione altoatesino avanza una proposta radicale di riforma della manifestazione.
L’assenza di Sinner
Il capitano dell’Italia, Filippo Volandri, ha comunicato ufficialmente che Sinner «non ha dato la sua disponibilità per il 2025». Una decisione non facile da digerire per i tifosi, soprattutto perché l’Italia è pronta a difendere il titolo conquistato nelle ultime due edizioni della Davis Cup.
Al suo posto, la squadra azzurra per la Final 8 di Bologna (18–23 novembre 2025, nella “SuperTennis Arena” di BolognaFiere) sarà composta da Lorenzo Musetti, Matteo Berrettini, Flavio Cobolli, Simone Bolelli e Andrea Vavassori.
Secondo Volandri, il gruppo resta “motivato” e pronto a lottare per un “obiettivo storico”: il tris mondiale consecutivo. Tuttavia, l’assenza del numero 2 del mondo non è passata inosservata e ha già acceso un acceso dibattito nel panorama tennistico italiano.
Dietro la pausa di Sinner ci sono motivazioni ben precise. Il campione ha dichiarato di aver bisogno di un “periodo di recupero” dopo una stagione carica, con grandi risultati ma anche grande dispendio fisico e mentale. Secondo alcune fonti, la scelta è legata anche alla preparazione per il 2026, in particolare con lo sguardo rivolto all’Australian Open.
Questa decisione non arriva in un momento qualsiasi: il torneo 2025 si svolge in Italia, il che lo rende particolarmente prestigioso per la nazionale. La sua assenza è una leva fortemente simbolica e suscita reazioni contrastanti tra tifosi, media e addetti ai lavori.
Una “nuova Coppa Davis”
La rinuncia non è l’unico segnale che Sinner sta lanciando. In queste settimane ha sposato una proposta di cambiamento radicale del torneo, insieme ad altri top player come Carlos Alcaraz, sostenuta anche dal presidente dell’ATP, Andrea Gaudenzi.
L’idea è coraggiosa: tornare alla storica formula della Coppa Davis con partite in casa o trasferta e allungare la competizione su due anni. Un modello che, secondo Sinner, permetterebbe di riportare intensità ed entusiasmo, recuperando lo spirito autentico del torneo.
Dal 2026, infatti, l’ITF ha già deciso di riportare alcune caratteristiche tradizionali: via i gironi neutri, torna il confronto diretto in stile eliminazione, con match su cinque incontri – quattro singolari e un doppio – giocati in due giorni.
Il dibattito si accende
Non tutti accolgono positivamente la posizione di Sinner. Alcuni puristi temono che una riforma così drastica rischi di complicare ulteriormente il calendario già fitto del tennis professionistico. Altri addirittura evocano l’idea di una “Coppa Davis d’élite”, lontana dal coinvolgimento delle nazionali meno forti.
Ciononostante, il suo appello risuona forte: “Non posso più dare tutto ogni anno”, ha spiegato, “ma vorrei partecipare a una Davis Cup che abbia più significato, più identità”.
Il fatto che anche Alcaraz stia spingendo per la stessa visione – insieme al supporto di figure istituzionali come Gaudenzi – dà peso alla proposta. Non è solo un capriccio stagionale, ma una riflessione di sistema sul presente e sul futuro della competizione.

Perché il format Davis ha bisogno di una sterzata
Per capire la portata del messaggio di Sinner è utile guardare al quadro generale. Nel 2019, l’ITF ha introdotto un nuovo modello per la Davis Cup: tornei finali (Final 8) su sito neutro, invece delle tradizionali sfide casalinghe. L’idea era rendere l’evento più “evento globale”, ma con il tempo molti giocatori hanno lamentato la perdita dello spirito autentico della competizione.
Proprio a questo si riferisce Sinner quando parla di “vera Davis Cup”: non solo una manifestazione al termine della stagione, ma un torneo che sappia parlare alle nazioni, ai tifosi, e abbia un percorso lungo e significativo.
Obiettivi e pressioni
L’Italia resta un’auto potente nel panorama Davis. Dopo aver vinto la Coppa Davis nel 2023 e nel 2024, gli azzurri si presentano a Bologna come campioni in carica e ambiscono al tris.
Ma l’assenza di Sinner ridisegna le carte. Musetti e Berrettini diventano figure centrali della squadra, cariche di responsabilità. Il capitano Volandri, pur fiducioso, sa che dovrà guidare un gruppo che non potrà fare affidamento sul talento puro del suo numero uno assoluto.
Questo dibattito non riguarda soltanto il tifo azzurro. Se la proposta di Sinner (e Alcaraz) dovesse trovare terreno fertile, potrebbe segnare una vera svolta per la Davis Cup nel suo complesso.
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Per i professionisti: un calendario più disteso potrebbe favorire la partecipazione dei migliori giocatori, riducendo la fatica mentale e fisica.
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Per il pubblico: tornerebbero le emozioni del duello nazionale, con tifoserie di casa che possono fare la differenza.
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Per l’ITF: l’occasione di rilanciare l’identità storica della competizione, riportando passione e legami nazionali.
Allo stesso tempo, però, c’è il rischio che un modello biennale riduca la frequenza dell’evento e ne diluisca l’impatto mediatico.

La rinuncia di Jannik Sinner alla Davis Cup 2025 è molto più che un’assenza: è un messaggio deciso, una richiesta di cambiamento, un gesto che scuote le fondamenta della competizione. Di fronte a un calendario sempre più gravoso e a una formula che molti reputano distante dal dna originale del torneo, la sua proposta di tornare a una Davis storica, su due anni e con sfide in casa o trasferta, appare come un tentativo di restituire identità e profondità alla competizione.
L’Italia, intanto, si trova in bilico: può inseguire il tris senza il suo campione più forte, ma il successo dipenderà dalla forza di squadra e dalla determinazione. Per tutto il circuito, invece, questa potrebbe essere l’occasione di un rilancio. Una Davis Cup rinnovata, ma fedele al suo spirito, non è solo un sogno: potrebbe diventare una nuova realtà.
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