3:12 pm, 14 Novembre 25 calendario

Quella missione impossibile chiamata carta d’identità

Di: Redazione Metrotoday
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Prenotare un documento in Italia è diventato un percorso a ostacoli: file infinite, piattaforme in tilt, appuntamenti a mesi di distanza. Così un diritto di base si trasforma in un labirinto burocratico.

In teoria dovrebbe essere il documento più semplice da ottenere. Un diritto, un gesto civico di routine. E invece in Italia, nel 2025, rifare o richiedere per la prima volta la carta d’identità è diventato un’odissea degna di una commedia all’italiana.

Chiunque abbia provato a prenotare un appuntamento per la Carta d’Identità Elettronica (CIE) conosce lo scenario: portali bloccati, date esaurite, calendari che aprono alle tre del mattino e si svuotano in pochi minuti. In molte città, da Milano a Napoli, il primo appuntamento utile cade dopo settimane, in alcuni casi addirittura mesi.

Nel frattempo, per chi deve partire, iscriversi a scuola o anche solo rinnovare un documento scaduto, inizia la corsa a soluzioni alternative: “appuntamenti lampo”, sportelli straordinari, code alle 5 del mattino, o agenzie private che — legalmente o meno — promettono scorciatoie a pagamento.

Quando il digitale diventa un muro

L’ingresso della Carta d’Identità Elettronica (CIE), avviato nel 2016, avrebbe dovuto semplificare la vita dei cittadini. In parte lo ha fatto: il documento è oggi sicuro, difficile da falsificare, utilizzabile anche per i servizi online della Pubblica Amministrazione. Ma la macchina organizzativa che lo gestisce si è inceppata.

Il sistema di prenotazione — centralizzato e gestito attraverso la piattaforma ministeriale Prenotazioni CIE — è diventato un collo di bottiglia. Ogni Comune deve caricare autonomamente le disponibilità, ma la mancanza di personale, le ferie, i ritardi tecnici e la scarsità di postazioni abilitate creano disallineamenti enormi.

Il risultato è che in alcune città si riesce a ottenere un appuntamento in pochi giorni, mentre in altre la prima data utile è a 60 o 90 giorni. Nei casi peggiori — Roma, Palermo, Torino — il calendario risulta “bloccato” per settimane.

A tutto questo si aggiungono problemi tecnici frequenti: portali in crash, dati non sincronizzati, notifiche che non arrivano, utenti che non riescono a completare la prenotazione dopo aver compilato tutti i campi.

Tra rassegnazione e ironia

Le bacheche online dei Comuni e i social network sono pieni di messaggi di frustrazione. “Ho prenotato a febbraio e l’appuntamento è a maggio”, scrive un utente. “Mio figlio deve partire per l’Erasmus e la CIE arriverà dopo che è già all’estero”, aggiunge un’altra.

Altri raccontano vere e proprie spedizioni notturne: “Mi sono connesso alle 2:50 e ho trovato tre date libere, poi alle 3:05 era già tutto esaurito”. Qualcuno scherza: “La CIE è come un biglietto per un concerto: o sei veloce o resti fuori”.

Dietro l’ironia, però, c’è un disagio reale. Il documento di identità è la chiave per accedere a decine di servizi pubblici e privati: dal medico di base alle iscrizioni universitarie, dai concorsi alle pratiche bancarie. Senza di esso, la quotidianità si blocca.

Carenza di personale e postazioni obsolete

La difficoltà non nasce da cattiva volontà. In molti municipi gli sportelli anagrafe lavorano oltre le proprie possibilità. Le postazioni per la CIE, che richiedono apparecchiature dedicate e connessioni dirette con il Poligrafico dello Stato, sono poche e datate.

Ogni emissione richiede tempo: identificazione, impronte digitali, firma, foto, controllo, invio telematico. In media 20 minuti per cittadino. Significa che un solo sportello, in una giornata standard, riesce a servire al massimo 20-25 persone.

Molti Comuni hanno chiesto rinforzi o aperture straordinarie, ma il personale amministrativo è ridotto all’osso. La pandemia, poi, ha ulteriormente rallentato i rinnovi, creando una coda di milioni di cittadini con documenti in scadenza.

C’è chi ha provato a introdurre i “weekend della CIE”, con aperture il sabato o la domenica, ma si tratta di soluzioni tampone. E anche dove il servizio funziona, le richieste sono troppe.

Gli esperimenti virtuosi

Non tutto, però, è negativo. Alcuni Comuni hanno trovato soluzioni efficaci. Milano, Firenze e Bologna hanno introdotto modelli di gestione automatizzata degli slot, con rilascio dinamico delle disponibilità e monitoraggio in tempo reale.

In alcuni casi sono state create “postazioni itineranti” per le frazioni più piccole, e sportelli mobili per persone con disabilità o anziani. Altri Comuni hanno investito in infrastrutture digitali che consentono di ridurre i tempi medi di attesa a due settimane.

Un modello in espansione è quello del “servizio d’urgenza”, riservato a chi deve partire all’estero o affrontare un’emergenza sanitaria: il documento viene rilasciato in tempi ridotti, previa autocertificazione. Tuttavia, le risorse sono limitate, e non sempre i cittadini riescono a dimostrare la necessità “urgente” prevista dal regolamento.

Il problema della CIE è anche un problema di fiducia. Quando il cittadino vede che un diritto semplice si trasforma in una corsa a ostacoli, la percezione dell’efficienza pubblica crolla.

È una questione che tocca la credibilità stessa della transizione digitale italiana: non basta introdurre un documento elettronico o una piattaforma online se poi la macchina amministrativa non è in grado di gestirne i flussi.

Dietro la frustrazione quotidiana si nasconde una questione più profonda: la distanza tra le promesse della modernizzazione e la realtà della burocrazia.

La “CIE 4.0”

Il Ministero dell’Interno, consapevole del problema, ha annunciato una riforma del sistema entro il 2026. L’obiettivo è introdurre una “CIE 4.0”: un documento con chip aggiornato, tempi di rilascio ridotti, possibilità di prenotazione centralizzata e servizio di consegna più rapido.

Tra le ipotesi, anche la possibilità di richiedere la CIE direttamente agli uffici postali o attraverso punti digitali abilitati. In parallelo, il Poligrafico dello Stato dovrebbe aumentare la produzione e velocizzare le spedizioni, oggi una delle cause principali dei ritardi.

La burocrazia come specchio del Paese

La vicenda della carta d’identità non è solo un aneddoto amministrativo: è una metafora del rapporto tra italiani e Stato. Un rapporto fatto di fiducia fragile, pazienza infinita e soluzioni fai-da-te.

Ogni appuntamento mancato, ogni portale che si blocca, ogni sportello che chiude troppo presto racconta una parte del nostro tempo: un Paese che vuole essere digitale, ma non ha ancora imparato a esserlo davvero.

14 Novembre 2025
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