“Labubu” introvabili e falsi, a Palermo maxi‑sequestro
Una scatola ordinaria, un pupazzo apparentemente innocuo: è bastata l’osservazione attenta della confezione, un controllo di fattura, un codice mancante o alterato, e per la Guardia di Finanza di Palermo si è aperta una falla significativa nel mondo dei giocattoli da collezione. In un’operazione di contrasto alla contraffazione, sono stati sequestrati oltre 10.000 esemplari falsi dei pupazzi “Labubu”, con danni stimati per il mercato che superano i 500.000 euro. Sono sette i titolari di esercizi commerciali denunciati. L’operazione richiama tematiche più ampie: il gioco da collezione che diventa fenomeno sociale‑economico, il confine tra mania consumistica e assetto criminale, le ricadute nella sicurezza dei prodotti.
Il blitz a Palermo: numeri, marchi e modalità
L’indagine è partita con un’attività di monitoraggio nei negozi specializzati e nelle rivendite del capoluogo siciliano, con un focus sulle vendite di giocattoli da collezione virali e sulle “scatole a sorpresa” (le cosiddette blind box) che contengono esemplari rari. I militari del Gruppo Pronto Impiego hanno osservato che alcuni esercizi proponevano pupazzi Labubu a prezzi solo lievemente inferiori agli originali ma senza la documentazione o con codici irregolari. È stato stimato che, se messi in commercio, quegli esemplari avrebbero potuto fruttare oltre mezzo milione di euro.
In un negozio di una nota catena all’interno di un centro commerciale palermitano sono stati rinvenuti circa 3.000 esemplari tra punto vendita e magazzino, assieme a confezioni pronte per essere vendute, in parte già imbustate, elemento che denota una logistica ben strutturata del falso.
I prodotti originali sono creati dall’artista dell’Hong Kong Kasing Lung e distribuiti dal gruppo cinese Pop Mart: nel 2025 la domanda globale ha registrato una forte crescita, tanto che già l’anno precedente i pupazzi venivano venduti anche in aste da decine di migliaia di euro.
I falsi sequestrati presentavano materiali di qualità inferiore, loghi apparentemente identici, confezioni mimetiche ma con codici contraffatti o assenti. È emerso che il consumatore medio, senza strumenti di verifica, difficilmente distingue un originale da un falso.

Il fenomeno Labubu si inscrive nella più ampia cultura del collezionismo e del toy trend. I pupazzi, dall’aspetto “bruttino‑carino”, corpo peloso, occhi grandi, orecchie a punta e sorriso spigoloso, sono diventati virali sui social, utilizzati come accessori di moda o gadget da esposizione. Nel 2024‑25 numerose celebrità e influencer li hanno mostrati, alimentando la domanda.
La scarsità relativa degli esemplari originali, unita ai lanci ripetuti in edizione limitata, ha prodotto un effetto quasi “mercato secondario”, in cui il valore non si misura solo nel giocattolo, ma nella sua rarità e nella sua storia. Ciò ha creato terreno fertile per la contraffazione: se un modello ristretto può valere centinaia o migliaia di euro, per un contraffattore vale la pena riprodurlo in massa.
In Italia, la mania si è diffusa anche grazie alla disponibilità online e alla cultura del blind box, nelle quali il contenuto è segreto e la tentazione dell’acquisto ripetuto alimenta la domanda. I collezionisti rincorrono esemplari rari, la domanda supera l’offerta, e il prezzo sale. E contemporaneamente, il mercato del falso cresce.
Il contesto della contraffazione di giocattoli
L’operazione di Palermo non è un caso isolato. A livello internazionale, le autorità stanno segnalando un incremento dei sequestri di giocattoli contraffatti, specie di quelli che diventano mode o cult. Nel Regno Unito, ad esempio, i pupazzi contraffatti di questo tipo rappresentavano nel 2025 il 90 % delle sequestri di giocattoli falsi al confine.
Il problema non è solo economico ma anche di sicurezza: materiali inadeguati, assenza di certificazioni, rischio di ingestione o contatto con sostanze tossiche. Alcuni casi hanno evidenziato che i falsi non riportavano marcatura CE o indicazioni d’importatore, condizioni che li rendono pericolosi per i consumatori
In Italia, la contraffazione di prodotti – abbigliamento, pelletteria, elettronica, giocattoli – è un fenomeno noto da tempo. Nell’ultimo anno il Comando di Palermo ha denunciato decine di titolari di negozi e sequestrato centinaia di migliaia di articoli falsificati.
Il valore del fenomeno è elevato anche per i danni alle aziende legittime e per l’erario, per la fiducia dei consumatori e per i diritti dei lavoratori coinvolti nella filiera.
alle Barbie alla mania dei giocattoli da collezione
Il fenomeno Labubu si inserisce in un contesto più ampio: negli ultimi anni l’Italia ha visto ondate di “it‑toy” (giocattoli “di tendenza”) che generano corse all’acquisto, reselling, ristampe limitate. Barbie “Collector”, Funko pop rare, sneaker collezionabili, giocattoli blind box. Tutto questo genera domanda, speculazione, ma anche opportunità per la contraffazione.
In passato, analoghe operazioni hanno riguardato action figures, edizioni limitate di videogiochi, peluche importati. Ciò conferma che la lotta alla contraffazione dei giocattoli non è solo una questione di marchi lusso, ma riguarda anche la cultura pop e le “nicchie” collezionistiche che generano valore.
Un pupazzo innocuo? Non proprio
La foto di un peluche colorato non racconta tutto: dietro ogni oggetto c’è una catena, una marca, un mercato, una domanda. Il caso dei Labubu falsi a Palermo svela quanto un fenomeno di moda possa trasformarsi in business illecito, quanto l’apparenza possa ingannare, e quanto le regole della sicurezza, del diritto d’autore e del commercio equo siano fondamentali anche in un giocattolo.
Il Labubu non è solo un giocattolo da desiderare: è diventato anche uno specchio del sistema‑consumo e della sua ombra. La corsa continua, e con essa la necessità di scegliere, verificare, denunciare.
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