9:04 am, 12 Novembre 25 calendario

I nanomateriali stanno spingendo l’assorbimento luminoso verso il 99 %

Di: Redazione Metrotoday
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La nano‐rivoluzione dal sole

Una delle sfide più pressanti della transizione energetica è rendere l’energia solare più efficiente e competitiva possibile. Negli ultimi mesi, un gruppo di ricerca europeo ha annunciato un risultato che suona come promessa del futuro: un nuovo materiale a base di nanostrutture in grado di catturare fino al 99,5 % della luce solare incidente in applicazioni di tipo torre termica. In pratica, ciò significa che quasi nessun fotone sfugge, e che l’assorbimento viene spinto al limite teorico.

Il risultato che ha acceso i laboratori

La notizia è chiara: i ricercatori hanno sviluppato un “rivestimento nanotecnologico” per raccoglitori solari in torre (heliostat + ricevitore) che, mediante array di nanoneedle (microfili o punte nanometriche) integrate su superfici altamente riflettenti e anti‑riflesso, hanno dimostrato un assorbimento di luce superiore al 99 %. Questo dato supera largamente i materiali convenzionali — metallo nero, vernici selettive, saldature speciali — che si attestano normalmente tra il 90 e il 95 %. L’effetto si ottiene grazie a un’ottica di cattura in cui i fotoni subiscono rimbalzi multipli all’interno della “foresta” di nanostrutture, aumentando le probabilità di assorbimento.

L’innovazione non è soltanto accademica: in un impianto solare a torre, la riduzione delle perdite ottiche si traduce direttamente in maggiore efficienza termica, riduzione dei costi specifici (€/kW) e, potenzialmente, minor tempo di ritorno dell’investimento. Per questo il settore considera il risultato come “una pietra miliare” nella ricerca di materiali ad altissima efficienza per il solare termico e fotovoltaico avanzato.

Nanomateriali & fotovoltaico

Non è la prima volta che i nanomateriali incontrano l’energia solare. Già da anni la letteratura scientifica dedica ampio spazio a tre linee principali:

  • nanostrutture per aumentare l’assorbimento della luce (nanoparticelle, nanotubi, quantum dot), studiate fin dal decennio scorso;

  • nanomateriali come trasportatori di carica e miglioratori della stabilità (per es., TiO₂ nanoparticellare nei DSSC, nanotubi di carbonio per migliorare la connettività);

  • nanotecnologie applicate ai rivestimenti solari e a sistemi solare‐termici (inclusi nanofluidi, superfici selettive, materiali “black‐absorber”).

Tuttavia, l’asticella del 99 % è un salto rispetto alla “norma”. Fino a poco tempo fa, l’attenzione era rivolta a migliorare l’efficienza dei moduli fotovoltaici (PCE) oppure a ridurre il costo del materiale. Ora, l’attenzione si sposta verso l’ottimizzazione dell’intera catena di assorbimento: quanto della luce che arriva può essere effettivamente catturata? La risposta: quasi tutto, almeno in laboratorio.

L’assorbimento è il nuovo “re” dell’efficienza

Nei moduli solari tradizionali, le perdite derivano da vari fattori: riflessione della luce sulla superficie, trasmissione attraverso il materiale senza assorbimento, ricombinazione di cariche, perdite termiche. Ridurre anche uno solo di questi fattori può migliorare le prestazioni globali. Nel caso delle torri solari (concentratori di luce), l’efficienza dipende in grande misura da quanto del fascio luminoso viene assorbito e convertito in calore. Se la superficie assorbe il 99 % anziché il 90 %, la quantità di energia utile sale sensibilmente e i costi per specchio e struttura scendono.

Inoltre, nella corsa verso moduli ultraleggeri, impianti integrati nei tetti o nei veicoli, avere materiali che “catturano tutto” potrebbe consentire superfici solari più piccole per la stessa produzione di energia. In altre parole: la rivoluzione nanometrica modifica non solo la tecnologia, ma anche il business case del solare.

Dal laboratorio all’impianto

  • Il materiale nanotecnologico deve essere prodotto su vasta scala, in metri quadrati, senza difetti, a costi competitivi.

  • Deve resistere alle condizioni ambientali: esposizione ubique a sole, pioggia, sabbia, temperature estreme, cicli termici. Molte soluzioni di laboratorio reggono poche ore o giorni.

  • Deve essere compatibile con le tecnologie industriali esistenti: saldature, montaggio, trasferimento termico o elettrico.

  • Deve affrontare questioni di sostenibilità: alcuni nanomateriali contengono metalli rari o tossici; occorre valutarne l’impatto ambientale nel ciclo di vita.

Gli studi più recenti evidenziano che l’aumento dell’efficienza tramite nanomateriali può stabilmente migliorare i sistemi del 10 – 15 % rispetto alle tecnologie convenzionali, ma portarlo oltre il livello di laboratorio in condizioni reali è ancora una “sfida aperta”. Frontiers+1

La “super‐superficie” europea

Il progetto che ha raggiunto il 99,5 % di assorbimento riguarda ricercatori di un’università basca (EHU) in collaborazione con centri europei. Hanno creato una superficie composta da miliardi di nanofili di alluminio‐ossido, su un substrato altamente riflettente, trattata con un film ultra‑sottile “black” che quasi cancella la riflessione. L’angolo di incidenza della luce è gestito in modo da massimizzare il rimbalzo interno: la luce entra, rimbalza, viene assorbita. Il loro articolo non mira ancora a moduli commerciali, ma a “prove di principio” che dimostrano cosa è possibile.

Uno degli obiettivi dichiarati è l’impiego in impianti solari a torre e concentrazione (CSP), dove la superficie ricevente è critica. Le speculazioni sono già partite: “Poter arrivare al 99 % significa che X m² di superficie bastano per generare Y MW in meno, oppure che l’impianto costa meno”. In pratica, la tecnologia potrebbe ridurre il costo specifico €/kW installato.

Tetti più leggeri, impianti più piccoli

Se materiali del genere diventano realtà industriale, le implicazioni sono vaste. Immaginate:

  • Moduli solari sui tetti con spessore ridotto, più leggeri, anche flessibili, che catturano quasi interamente la luce che incide.

  • Impianti su aree marginali (coperture, facciate, veicoli) che producono più energia per metro quadrato.

  • Settore termosolare che utilizza superfici riceventi più efficienti, rendendo conveniente anche in latitudini meno assolate.

  • Produzione solare “diffusa” più competitiva senza dover aumentare drasticamente area e infrastruttura.

La corsa alle materie prime potrebbe cambiare: se l’efficienza cresce tantissimo, conta di meno avere molta superficie, e ciò significa potenziale riduzione della domanda di silicio, vetro, alluminio.

Per apprezzare il salto attuale, basta riportarsi ai relativi precedenti:

  • Negli anni 2010‑2015, le celle a nanoparticelle di TiO₂‑anatase o ZnO riuscivano a migliorare modestamente l’efficienza in celle sottili, ma con problemi di stabilità.

  • Le celle a punti quantici (quantum dots) promettevano grandi salti, ma finora non hanno superato ampiamente le efficienze commerciali.

  • Gli studi sulle nanofluidi per collettori solari termici mostravano miglioramenti di assorbimento, ma non ancora applicazioni su larga scala.

Il risultato attuale sembra contenere elementi nuovi: assorbimento quasi totale della luce, superficie ultra‑ottimizzata, struttura nanotecnologica in scala. Non basta più “qualche nanoparticella”, serve un’intera architettura nanopatrone.

Roadmap futura

Per l’industria il messaggio è: tenete gli occhi sui nanomateriali, perché potrebbero diventare la prossima leva competitiva nel mercato del solare. Le aziende che investono in nanostrutture, rivestimenti avanzati, produzione su larga scala potrebbero ottenere un vantaggio. Ma la roadmap è chiara:

  • 2025‑2027: prototipi di superficie assorbente, test ambientali, aumento della scala da centimetri a metri.

  • 2028‑2030: primi moduli commerciali con nanostrutture integrate, riduzione costi, accordi di licenza.

  • 2030‑2035: diffusione ampia, integrazione in tetti, facciate, impianti termici; potenziale riduzione significativa del €/kWh solare.

Le politiche pubbliche e gli incentivi potrebbero accelerare il passaggio, soprattutto nei Paesi con forte penetrazione del solare, come Italia, Spagna, Australia. In Italia, ad esempio, la spinta al fotovoltaico integrato e agli edifici a energia quasi zero (NZEB) rende le superfici innovative ancora più rilevanti.

Verso un sole quasi “tutto catturato”

La promessa è entusiasmante: catturare quasi tutto ciò che il sole ci manda, e farlo con materiali nanometrici e sofisticati. Tuttavia, come in ogni rivoluzione tecnologica, la distanza tra “laboratorio” e “impianto reale” è significativa. Il dato del 99,5 % non è ancora una garanzia, ma una direzione. E se quella direzione viene percorsa fino in fondo, potremmo assistere a un salto generazionale nella produzione solare, non solo in termini di tecnologia, ma anche di economia e logistica.

L’energia solare sta iniziando a trasformarsi non solo in “energia verde”, ma in “energia catturata efficacemente”. Se le superfici nanotecnologiche diventano realtà industriale, potremmo domandarci presto: «Ma un pannello quanto spazio richiede?». La risposta, forse, sarà più piccola di quanto oggi immaginiamo. E quel piccolo passo – una punta, un nanofilamento, un rivestimento – potrebbe essere quello decisivo.

Sarà il nanometro a scrivere la prossima pagina della storia del solare.

12 Novembre 2025 ( modificato il 10 Novembre 2025 | 9:19 )
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