10:54 am, 9 Novembre 25 calendario

Addio a Peppe Vessicchio un’icona della musica italiana

Di: Redazione Metrotoday
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È venuto a mancare ieri all’età di 69 anni, il maestro Peppe Vessicchio. Ricoverato presso l’ospedale Ospedale San Camillo‑Forlanini di Roma per una grave polmonite interstiziale, ha combattuto fino all’ultimo giorno, ma non ce l’ha fatta a vincere la battaglia contro la malattia. 
La notizia si è diffusa rapidamente nel mondo della musica, della televisione e non solo: tanti colleghi, amici e fan hanno espresso il proprio affetto, lo stupore, la commozione per una perdita che — come spesso accade — colpisce anche chi non aveva un rapporto diretto con lui, ma lo aveva visto sul palco, in televisione, in un angolo del camerino o semplicemente ascoltato la sua musica.

Una carriera che ha segnato la musica italiana

Nato a Napoli il 17 marzo 1956, Vessicchio ha avuto un ruolo centrale nella musica leggera italiana e nel mondo dello spettacolo. Per decenni è stato la bacchetta che segnava, letteralmente e simbolicamente, l’apertura e il ritmo di manifestazioni fondamentali come il Festival di Sanremo: la sua presenza sul palco è diventata un tratto distintivo, un segnale che qualcosa di importante stava per accadere. 
Nel corso della sua carriera ha diretto orchestre, curato arrangiamenti, collaborato con grandi nomi della canzone, della televisione e dello spettacolo. Semplice nella persona (come ricordano tante testimonianze), acuto nell’orecchio musicale, il Maestro riusciva a unire la platea televisiva, il pubblico dal vivo, gli addetti ai lavori, con un unico linguaggio: quello della musica.

Un episodio che lo ha reso “popolare” oltre il semplice ambito musicale: la celebre frase “Dirige l’orchestra il Maestro Peppe Vessicchio” è diventata un piccolo cult televisivo, un momento atteso nei salotti di chi seguiva il Festival di Sanremo. 
E quando, nel 2023, tornò sul palco dell’Ariston a sorpresa — dopo che all’inizio dell’edizione aveva annunciato che non ci sarebbe stato — con un’esibizione “a quattro mani” insieme a Enrico Melozzi (con l’esecuzione del brano «Destinazione Paradiso» da parte di Gianluca Grignani e Arisa), il pubblico gli tributò una vera ovazione.

Ma Vessicchio non era soltanto un simbolo televisivo. Dietro quel sorriso, la battuta pronta e la postura elegante (cravatta, camicia, bacchetta) c’era un musicista impegnato, curioso, aperto alle collaborazioni più “leggere” ma anche a progetti più complessi. Un uomo che sentiva la musica come missione, come tradizione, ma anche come gioco serio e passione costante.

Il progetto con Ron: un inedito e dolce «se ne è andato un fratello»

Tra i tanti ricordi che stanno emergendo in queste ore spicca quello di Ron (Ronald Luchetti) che ha condiviso parole cariche di affetto, stima e dolore: “Se ne è andato un fratello. In un momento importante per lui e per me… c’eravamo rivisti quasi un anno fa al Paladozza di Bologna e, nel silenzio di un camerino, ci eravamo guardati negli occhi e poi… una gran risata. ‘E se facessimo una tournée insieme? Che ne dici?’, rispose immediatamente di sì.
Ron racconta che quel progetto — una tournée con orchestra, negli intenti da marzo 2026, che stava già prendendo forma con gli arrangiamenti — stava diventando concreto: “Stavamo lavorando già agli arrangiamenti delle canzoni: lo stava facendo anche in questi giorni in ospedale, ci sentivamo e parlavamo di musica.” E conclude: “Mi sono fidato di lui sempre! Sapeva parlare e comporre con una grande sapienza. C’è una canzone che ho scritto, si chiama ‘L’uomo delle stelle’, lui l’amava tanto da condividerla con me sul palco dell’Ariston al Festival di Sanremo. A lui vorrei dedicarla in questo momento.
Quel «in un momento importante per lui e per me» suona oggi come un grido silenzioso: da un lato la promessa di una nuova avventura concertistica, dall’altro l’improvvisa assenza di chi avrebbe dovuto popolare quella scena. Un progetto non ancora avviato che ora resta come traccia, come ricordo, come “cosa che sarebbe potuta essere”.

La malattia e l’improvviso saluto

L’annuncio della morte del Maestro ha fatto rapidamente il giro dei media e dei social. Le cause ufficiali riportano una polmonite interstiziale con complicazioni, che lo ha portato via all’improvviso. 
In un’età che, per molti artisti della sua generazione, avrebbe dovuto ancora regalare nuove stagioni di energia e creatività, la notizia ha smosso sentimenti forti nel mondo dello spettacolo e tra il pubblico. Non ci sono dubbi che lo shock è stato amplificato dal fatto che fino a poco prima il Maestro era in attività, progettava, collaborava — non era un artista “ritirato” ma uno che guardava avanti.

Le reazioni sono state immediate: dai conduttori televisivi, come Amadeus (“Ci conoscevamo da 30 anni e fino a pochi giorni fa abbiamo riso e scherzato … Mancherai tanto”) ai tanti artisti che lo hanno ricordato come “grande musicista e bellissima persona” (come ha scritto Rita Pavone) 
In un Comune dell’Umbria, Marsciano, il quale lo aveva avuto come direttore artistico del “Festival Musica per i Borghi” per 11 anni (dal 2003 al 2013), è stato proclamato il cordoglio ufficiale e si annunciano iniziative concrete per onorare la sua memoria.

Un’eredità che va oltre la bacchetta

La perdita di Peppe Vessicchio non è solo la sparizione di un nome. È la scomparsa di una figura che per generazioni è stata simbolo di musica, televisione, emozione collettiva. Pensiamo ai giovani che per la prima volta hanno visto Sanremo, alla platea televisiva che ha atteso quell’introduzione: “Dirige l’orchestra il Maestro Peppe Vessicchio”. Oppure ai musicisti che hanno provato con lui, agli arrangiatori che lo hanno guardato come un riferimento.
E pensiamo anche alle comunità locali, come Marsciano, che lo hanno avuto come direttore artistico e che oggi ricordano come “amico del territorio, testimone di una collaborazione culturale che ha arricchito la comunità”.

La musica italiana perde uno dei suoi “punti fermi”: non solo per l’identificazione televisiva ma anche per la sua capacità – riconosciuta da molti – di “avvicinare il grande pubblico alla musica con garbo e autentica umanità”.

Un maestro, tanti volti

  • Fin dai primi anni, Vessicchio muoveva i passi nel mondo della musica napoletana e della produzione discografica, lavorando con nomi come Edoardo Bennato, Peppino di Capri, Lina Sastri.

  • La sua presenza al Festival di Sanremo, tra tutte quelle direzioni d’orchestra, è stata una costante per decenni, e non solo come direttore ma anche come “apparizione” che registrava l’affetto del pubblico.

  • Non sono mancati momenti “leggeri”: uno dei ricordi più citati è quello dell’edizione 2013 quando, dopo una direzione d’orchestra degli Elio e le Storie Tese, si sedette su una sedia per esaudire il desiderio della conduttrice Luciana Littizzetto di… tagliare qualche pelo della sua barba a ricordo della serata. Un gesto di leggerezza che ben si conciliava con la sua professionalità.

  • Il suo impegno non si limitava ai grandi palcoscenici: era stato giurato in manifestazioni come il Festival di Castrocaro (“Voci Nuove”) anche nelle ultime edizioni, affiancando giovani talenti.

 Resta il modo in cui ha fatto sentire la musica “vicina” al grande pubblico. Resta la traccia che ha lasciato in tanti colleghi – circa una tournée che non potrà mai iniziare, tante parole, tante risate dietro le quinte –, e resta l’eredità che alcune comunità hanno deciso di raccogliere.
A Marsciano, ad esempio, la volontà di “valutare iniziative concrete per ricordare il suo contributo artistico e umano” è la manifestazione che quel vuoto viene percepito come perdita materiale ma anche come spinta a mantenere vivo un modello di cultura.

Il grande schermo della televisione forse lo mostrerà di meno d’ora in avanti. Ma ogni volta che qualcuno dirà “dirige l’orchestra il Maestro…” quel sorriso, quella bacchetta, quella figura gentile sarà lì, nella memoria collettiva.
E l’idea del concerto con Ron – “concerti con orchestra” – che non potrà più essere, diventa simbolo di un “cosa sarebbe potuto essere”, di una promessa artistica e di un’amicizia interrotta sul punto di decollare.

Quando lo si ricorda, si ricorda l’eleganza discreta, la battuta pronta, la competenza musicale elevata ma priva di arroganza. Uno che non si era “cresciuto” troppo nella propria fama, che restava semplice nelle relazioni, come molti testimoniano. 
Quando lo si ricorda, lo si fa anche per la capacità di generare un momento collettivo: quel “tutti insieme” che avverti quando la musica dal vivo, la televisione e l’emozione del pubblico si incontrano. E lui sapeva dirigere non solo l’orchestra, ma anche lo sguardo di chi ascoltava.

9 Novembre 2025 ( modificato il 10 Novembre 2025 | 0:10 )
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