Tragedia in pieno quartiere – Una vita spezzata nell’androne di un palazzo a Napoli
Un dramma si è consumato nella notte nel quartiere popolare di San Giovanni a Teduccio, periferia orientale della città, dove un uomo di 59 anni è stato ritrovato privo di vita nell’androne di un condominio. La sua presenza, a quell’ora e in quel luogo, ha segnato l’apertura di un’indagine che potrebbe assumere la forma di un giallo dalle molteplici sfaccettature. L’allarme è scattato nella tarda serata del 2 novembre 2025, dopo che alcuni residenti hanno notato la presenza del corpo all’interno dell’atrio del palazzo in corso San Giovanni a Teduccio 168.
La vittima è stata identificata come Raffaele Di Nunzio: 59 anni, sposato, padre di due figli, commerciante ambulante – vendeva pane su piccoli tavolini all’esterno della sua abitazione – con una vita semplice e radicata nel territorio. Il ritrovamento lascia molte domande senza risposta: l’uomo presentava lesioni alla testa, lacero‑contuse, la cui natura è al vaglio degli investigatori. Non è ancora chiaro se quelle ferite siano state provocate da una caduta accidentale o da colpi inferti da terzi.

Entrando nel dettaglio della vicenda emergono elementi che amplificano l’angoscia della comunità: la zona è un tessuto urbano dalle molte contraddizioni, le cui dinamiche sociali fanno da sfondo ad un episodio drammatico che scuote residenti, condomini e commercianti ambulanti della zona.
Il ritrovamento e la prima ricostruzione
Secondo quanto ricostruito finora, l’uomo è stato trovato durante la notte nell’androne del palazzo e i Carabinieri del nucleo operativo di Poggioreale, insieme a quelli della stazione di San Giovanni a Teduccio, sono entrati in azione per i rilievi del caso. Le prime informazioni rivelano che il corpo presentava ferite alla testa – in particolare due aree lacero‑contuse – che richiedono una precoce valutazione. Non è stato ancora definito se quelle ferite siano state occasionate da un impatto accidentale o se siano l’esito di un’aggressione.
L’ambiente del palazzo, il contesto dell’androne, e il fatto che l’uomo fosse un venditore ambulante aggiungono complessità al caso. Secondo alcune testimonianze la vittima era in zona poche ore prima e stava preparando la sua attività di vendita. La notte, con i pochi accertamenti eseguiti, rimane un’incognita: come e quando è avvenuto l’evento che ha causato la sua morte? La frammentazione temporale – poche certezze, molti interrogativi – rende l’inchiesta particolarmente delicata.
Un cittadino del palazzo, sotto condizione di anonimato, ha detto: «La mattina l’androne era silenzioso, mai abbiamo avuto pressioni o episodi particolari… oggi entra la polizia, facciamo fatica a capire cosa possa essere successo». Il sopralluogo della scientifica ha evidenziato l’assenza finora di tracce di colluttazione evidente, ma le indagini sono in fase iniziale: è stata disposta autopsia e acquisizione delle immagini di sorveglianza – laddove esistenti – nel raggio dell’edificio.
Il profilo della vittima e il contesto sociale
Raffaele Di Nunzio era ben conosciuto nel quartiere: venditore ambulante di pane, con tavolini messi all’esterno della sua abitazione per svolgere una attività che rappresentava non solo un reddito ma anche un modo d’integrazione nel tessuto urbano. Sposato, con due figli, viveva nella zona orientale di Napoli e per molti era “uno che ce la metteva tutta”. Non risulta abbia precedenti di rilievo e la sua morte ha suscitato uno sconcerto diffuso tra i condomini e i vicini.
San Giovanni a Teduccio è un quartiere che ha conosciuto trasformazioni, crisi, ma anche comunità stabili e attività commerciali di piccola scala. Non è immune da problemi legati a illegalità, controlli e tensioni sociali, ma episodi drammatici come questo colpiscono una realtà che reagisce, si riorganizza, ma rimane esposta. Il fatto che la vittima fosse centro‑storia, parte attiva del commercio ambulante locale, aumenta il peso simbolico dell’accaduto: non una persona isolata, ma un cittadino comune che aveva scelto di lavorare ed essere presente nel quartiere.

Le ipotesi investigative
Le ferite alla testa rappresentano il nodo centrale dell’indagine.
Ipotesi della caduta accidentale: potrebbe essere che l’uomo abbia perso l’equilibrio, magari a causa di un malore o di un ostacolo nell’androne, battendo la testa in modo grave. In queste circostanze le ferite lacero‑contuse possono risultare simili a quelle di un’aggressione, e l’assenza di testimoni diretti complica la valutazione.
Ipotesi dell’aggressione: la presenza di due ferite e la zona poco illuminata dell’androne inducono gli investigatori a verificare la possibile violenza da parte di terzi. Non è escluso che fosse presente una dinamica di rapina, scontro o aggressione. Se fosse confermata, si aprirebbe una pista criminale che richiederebbe una ricostruzione attenta delle relazioni della vittima, dei suoi movimenti e delle possibili minacce.
In entrambi i casi, fondamentale sarà l’autopsia che chiarirà la causa della morte – trauma cranico, emorragia intracranica, ipotesi di soffocamento – e gli esami tossicologici e istologici che potranno definire il momento del decesso e le condizioni dell’uomo. I rilievi ancora effettuati non hanno al momento evidenziato tracce di sangue copiose o segni di colluttazione forte, ma sono necessari approfondimenti.
Le reazioni e l’allarme nel quartiere
La notizia ha creato un clima di preoccupazione: il palazzo in corso San Giovanni a Teduccio dove è stato trovato il cadavere ha visto un via‑vai di forze dell’ordine, carcasse dei Carabinieri in borghese, tecnici della scientifica: tutto ciò di fronte ai residenti che osservavano, silenziosi, fuori dalle porte. Un vicino ha commentato: «È la prima volta che succede qualcosa del genere qui. Temevamo un’escalation, ma non pensavamo potesse essere un compagno di lavoro come lui».
Il commercio ambulante nella zona è da tempo sotto osservazione: controlli frequenti, in alcuni casi tensioni con le istituzioni, ma anche una realtà che vive della propria fatica quotidiana. In questo caso, la morte di un ambulante – probabilmente dopo aver allestito la postazione di pane – mette a fuoco una vulnerabilità sociale che attraversa zone periferiche di città italiane. Il fatto che il corpo sia stato ritrovato nell’androne – uno spazio «di passaggio», anomalo per un morto – amplifica il messaggio: qualcosa è andato storto nel rapporto tra il privato e lo spazio pubblico del condominio.
Dal punto di vista istituzionale, il Comando provinciale dei Carabinieri ha dato avvio ad una “inchiesta a 360°”: controlli su videosorveglianza, interrogatori di vicini, verifica dei telefoni della vittima, ricostruzione della sua ultima giornata nota. La Procura ha disposto l’autopsia e il sequestro del luogo per rilevare ogni traccia utile. È stato notificato ai condomini che l’androne rimane sotto custodia giudiziaria, fino a quando tutti gli accertamenti non saranno conclusi.

Il tema della sicurezza nelle periferie
La morte improvvisa di Raffaele Di Nunzio – ancora da catalogare come incidente o omicidio – richiama una serie di precedenti a Napoli e nelle aree urbane italiane in cui vittime comuni, venditori ambulanti, operai o residenti di palazzi popolari sono protagonisti involontari di tragedie. In passato città come Napoli hanno registrato casi in androni o cortili di palazzi di persone trovate morte, spesso con ferite alla testa, che sono state ricondotte a: infortuni domestici, scontri privati, aggressioni, o condizioni abitative precarie.
La vulnerabilità dei venditori ambulanti è un tema saliente: spesso operano in zone semi‑urbane, con orari notturni o all’alba, esposizione alle intemperie, ai controlli, alla competizione, alla criminalità minore. Il fatto che un venditore ambulante sia stato vittima di un episodio così grave apre un dibattito più ampio sulle condizioni di lavoro nei contesti urbani marginali.
Anche la sicurezza nei condomini popolari è un punto centrale: androni poco illuminati, assenza di telecamere, controllo sociale debole, accessi poco vigilati sono condizioni che possono favorire eventi drammatici. In alcune vecchie cronache napoletane, ritrovamenti a tarda notte di uomini morti in cortili o scale di palazzi avevano portato a riflessioni sulla vigilanza urbana e sulla manutenzione degli spazi condominiali.
Oltre la dimensione investigativa, l’episodio ha un impatto nella vita quotidiana del quartiere: per i condomini, per i vicini, per i commercianti ambulanti della zona. Si apre una ferita nella percezione della sicurezza. Anche le istituzioni locali – Comune di Napoli, Prefettura, Guardia di Finanza, Carabinieri – vengono chiamate ad intervenire non solo per l’indagine ma per rafforzare la presenza sul territorio, per attuare politiche di prevenzione, illuminazione, video‑sorveglianza e collaborazione con i residenti.
I famigliari della vittima, nel frattempo, aspettano risposte. Due figli adulto e una moglie che si trovano a dover affrontare un lutto improvviso, senza ancora conoscere le cause precise. Il supporto psicologico e sociale diventa parte del bisogno. Tra le associazioni di zona si apre la riflessione sul lavoro dell’ambulante, sui rischi quotidiani, sui diritti di chi lavora “per strada”, spesso fuori dagli schemi formali.
Le risposte potranno trasformare quello che ora è un “giallo” in una sentenza di incidente o in un’accusa di responsabilità. Qualunque sia il risultato, l’occasione serve anche per chiedersi cosa si può fare affinché simili episodi non rimangano numeri nella cronaca, ma scatti un meccanismo di protezione e cura sociale.
La mattina dopo il ritrovamento, il palazzo in corso San Giovanni a Teduccio non è più solo un blocco di abitazioni ma un luogo di indagine, memoria e riflessione. Raffaele Di Nunzio non è più solo il venditore ambulante del pane: è l’uomo che ha perso la vita in uno spazio che doveva essere protetto.
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