6:44 pm, 2 Novembre 25 calendario

Quando il capitolo “Pradè” chiude e la ACF Fiorentina si ritrova sull’orlo

Di: Francesca Puzzo
condividi

Il DS lascia, i tifosi esultano, la squadra precipita nella crisi: il punto sulla separazione e sulle responsabilità

C’è un rumore forte nel cielo viola: la separazione tra la Fiorentina e il Direttore Sportivo Daniele Pradè. Dopo sei anni dall’ultimo ritorno nel club toscano, infatti, oggi è giunta l’ufficialità che sancisce la fine di un rapporto professionale che si chiude “di comune accordo” con la società. Il comunicato è stringato ma significante: “ACF Fiorentina comunica, di comune accordo, di aver interrotto in data odierna il rapporto professionale con il Direttore Sportivo Daniele Pradè. La Società … ringrazia sentitamente il Direttore per gli anni trascorsi insieme con passione e professionalità. A Daniele auguriamo, con grande stima e affetto, tutto il meglio per il suo futuro”.

La decisione arriva in un momento critico: la Fiorentina penultima in campionato, con un inizio di stagione tremendo, la contestazione della Curva Fiesole e l’allenatore Stefano Pioli in bilico.

Ma andiamo con ordine, guardando al passato, al presente e alle implicazioni: perché questo divorzio segna più di una semplice rottura e cosa significa per il club, la tifoseria e il futuro del progetto viola.

Chi è Daniele Pradè e cosa ha fatto alla Fiorentina

Daniele Pradè è un dirigente esperto, già noto nel mondo del calcio italiano, che prima della sua ultima fase viola ha maturato esperienze importanti in altre società.

Tornato alla Fiorentina il 1º luglio 2019, con la proprietà guidata dall’italo‑americano Rocco Commisso, aveva l’obiettivo di rilanciare la squadra dopo anni altalenanti.

Nel corso del suo mandato si contano momenti positivi: qualificazione in Europa, finali raggiunte, valorizzazione di giocatori. Tuttavia l’ultima stagione ha mostrato segnali allarmanti: mercato costoso, rosa di qualità ma risultati in discesa. Alcuni media hanno stimato addirittura che la Fiorentina – con un fatturato tra i più rilevanti della Serie A – ha iniziato la stagione senza successi in 8/9 giornate.

Va poi detto che la tifoseria lo aveva indicato come figura di riferimento in caso di fallimento: già in diverse interviste Pradè si era assunto la responsabilità «se c’è una persona che deve dimettersi, sono io» quando la squadra era in difficoltà.

La decisione della separazione arriva dopo una serie di fatti che si sono accumulati nelle ultime settimane:

Un avvio di campionato da dimenticare: la squadra penultima in classifica, senza vittorie, con reti poche e gol subiti molti. La pazienza dei tifosi è finita e lo stato di allarme ha superato la soglia della tollerabilità.

La città di Firenze nella notte ha visto la comparsa di striscioni della Curva Fiesole contro la proprietà, l’allenatore, la società e i dirigenti, tra cui Pradè. Uno dei lenzuoli recitava: “Società, giocatori, allenatore: la pazienza è finita”.

Difficoltà nella costruzione della rosa

Nonostante investimenti importanti, secondo alcuni osservatori, la squadra non ha dato continuità né identità. Alcuni acquisti non si sono rivelati in linea con le esigenze tattiche e sportive. Pradè ha pagato anche questo.

Pressione mediatica

In un club mediaticamente molto visibile come la Fiorentina, il ruolo del DS è sempre sotto i riflettori. Le voci di cambio panchina per Pioli, la mancanza di chiarezza nei risultati e la frammentazione delle responsabilità hanno accelerato la decisione.

La combinazione di questi fattori ha generato un accumulo esplosivo: e in un solo colpo si è deciso che la figura del DS non poteva più essere quella dello scorso anno.

Il colpo d’ala esterno

Interessante in questo quadro sono anche le parole di Sandro Mencucci, amministratore delegato dell’US Lecce ed ex dirigente viola, il quale ha commentato la frase di Pradè che definiva la partita della Fiorentina col Lecce come «una partita della vita o della morte», dicendo: «Sentire questa frase mi fa venir brividi».

Analizzando quella dichiarazione, Mencucci ha fatto notare come, nonostante il suo affetto per la Fiorentina, fosse spia di un clima interno che aveva superato la soglia del “normale” e che ogni partita era diventata un bivio esistenziale. Il che suggerisce che la tensione nelle stanze viola era già altissima.

In altre interviste ha aggiunto che «non si può dare la colpa solo a Pradè: la squadra è stata costruita bene», indicando come le responsabilità fossero più distribuite e che la crisi fosse più profonda.

Chi prenderà il suo posto? Alcune fonti indicano il direttore generale Alessandro Ferrari o lo scout capo Roberto Goretti come soluzioni ad interim. Ma a medio termine serve un profilo che sappia ricostruire la fiducia e avere un’idea chiara di squadra e mercato.

Con il DS fuori gioco, l’allenatore Pioli si trova ancora più isolato. La temuta “partita della vita” contro il Lecce ha assunto un peso enorme: la pressione è sulle spalle di tutti. Il mercato di gennaio diventa cruciale: servono correttivi, ma con le regole del Fair Play e con risorse limitate.

Segnale per la proprietà e le strategie

La proprietà Commisso deve decidere: proseguire con la linea attuale, che ha portato a risultati altalenanti, o cambiare paradigma. Il messaggio ai tifosi è chiaro: “qualcosa deve cambiare”.

Effetto sulla tifoseria e sulla città

Il rapporto tra club e curva si è incrinato. I tifosi vogliono trasparenza e risultati. Firenze, città calciofila, non accetta stagioni da lotta salvezza quando la squadra ha ambizioni europee. Il prossimo periodo sarà quello della prova: riuscire a ricompattare e rilanciare.

Il “Pradè bis” alla Fiorentina

Non è la prima volta che Pradè lascia la Fiorentina: aveva già ricoperto il ruolo tra il 2012 e il 2016, prima di passare per Sampdoria e Udinese. Il suo ritorno nel 2019 era stato accolto con entusiasmo, in un momento di rilancio della società.

In questi anni ha firmato acquisti importanti e ha contribuito a riportare la Viola in Europa dopo anni bui. Ma il tennis della pazienza si è esaurito: il mix tra investimenti e risultati mancati ha fatto il resto. Il campionato in corso era diventato la prova del nove: in mancanza di risposte rapide, la “mossa” era inevitabile.

La separazione della Fiorentina da Daniele Pradè è più di un semplice cambio in organigramma: è il segnale che qualcosa in casa viola non funziona più come prima, che le ambizioni non sono state rispettate e che sia proprietà, dirigenza, allenatore e giocatori si trovano – tutti – a un bivio.

La tifoseria ha dato un ultimatum con la voce della contestazione; il club ha risposto con un addio.

2 Novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA