Si è spento all’età di 76 anni Remo Girone
L’attore — volto emblematico della fiction italiana e del teatro — si è spento nella sua casa nel Principato di Monaco, lasciando un vuoto nel mondo dello spettacolo, tra colleghi e spettatori che ancora oggi lo ricordano per la ferocia e la sottile carica di ambiguità che aveva infuso in uno dei personaggi più celebri della televisione italiana: Gaetano ‘Tano’ Cariddi, l’antagonista indimenticabile della saga televisiva La piovra.
Nato ad Asmara il 1º dicembre 1948, figlio di famiglie italiane trasferitesi in Eritrea, Girone ha attraversato la scena culturale italiana con una traiettoria che ha percorso il teatro, il cinema e la televisione con uguale intensità. Diplomatosi all’Accademia d’arte drammatica ‘Silvio d’Amico’, aveva iniziato giovanissimo un percorso teatrale che lo avrebbe portato a collaborare con registi importanti e a cimentarsi in ruoli classici e moderni.
Un attore di teatro, amato dalla critica
Il teatro è stato da sempre la casa dell’attore: qui Girone ha costruito la sua autorevolezza. Tra gli interpreti che hanno segnato la sua formazione e la sua carriera si ricordano esperienze con registi di caratura internazionale, produzioni di testi classici e sperimentazioni contemporanee. La sua presenza in scena era spesso descritta come fisica e di grande misura, capace di rendere immediatamente credibile il conflitto psicologico dei personaggi.
Nel corso degli anni la sua dedizione teatrale gli valse riconoscimenti e il rispetto della critica più attenta, che sempre ne ebbe in grande considerazione la musicalità della dizione e la capacità di sottolineare i silenzi, tanto quanto i monologhi più drammatici.

Tano Cariddi e la lunga ombra de “La piovra”
La fama popolare per Girone arriva però con la televisione. Nel cuore degli anni Ottanta e Novanta, La piovra non fu solo una serie televisiva: fu un fenomeno culturale che parlò alla coscienza civile del Paese, mettendo in scena connivenze, corruzione e l’intreccio tra potere politico, affari e criminalità organizzata. All’interno di questo universo, Tano Cariddi — ragioniere spietato e calcolatore — rimase uno dei personaggi più efficaci e temuti.
L’interpretazione seppe dare al pubblico un antagonista complesso: non un semplice cattivo, ma un uomo i cui moti interiori, ambizioni e paure si stagliavano dietro la maschera della rispettabilità. Una figura che contribuì a rendere lo sceneggiato un prodotto capace di superare confini geografici e generazionali, imponendo la serialità italiana su palcoscenici internazionali.
Oltre il ruolo iconico: cinema e produzioni internazionali
Girone non si limitò al piccolo schermo. Nel corso della carriera partecipò a decine di film, lavorando con registi italiani e — saltuariamente — in produzioni internazionali. La sua filmografia spazia da pellicole d’autore a partecipazioni in produzioni commerciali, dimostrando una versatilità che lo rendeva ricercato per ruoli di spessore.
Tra le sue esperienze fuori dall’Italia si ricordano apparizioni in film che lo misero a confronto con produzioni e registi stranieri, alimentando la sua immagine anche al di là del circuito nazionale e consolidando il ritratto di un attore capace di adattarsi a registri diversi senza perdere la propria cesellata identità interpretativa.
Con la fama vennero inevitabilmente le etichette: Tano Cariddi fu spesso associato a Girone stesso, e l’attore seppe gestire questa sovrapposizione senza rinunciare alla dignità del mestiere. Interviste e apparizioni pubbliche raccontavano di un uomo curioso, rispettoso del proprio lavoro e attento alla dimensione privata.
La vita privata di Girone, infatti, è stata protetta con riservatezza: sposato con l’attrice Victoria Zinny, con cui ha condiviso anni e scelte professionali, aveva una famiglia che è sempre stata al centro del suo mondo lontano dai riflettori.

Il retroscena di una carriera
Nel racconto della sua vita professionale non mancano aneddoti che svelano la tenacia di Girone. Dall’incontro con i grandi del teatro italiano, ai rifiuti e alle delusioni che spesso anticipano una svolta — episodi che l’attore stesso, in diverse interviste, aveva raccontato con schiettezza — emerge la figura di un artista che non ha mai cessato di lavorare su se stesso, cercando sempre nuove sfide.
C’è la storia di un provino mancato che lo mandò in crisi, e la successiva rinascita artistica che lo portò invece a recitare su palcoscenici che contavano. Ci sono i riconoscimenti tardivi che spesso arrivano a suggellare una carriera lunga e solida: premi alla carriera, tributi nei festival, e una rivalutazione continua da parte di un pubblico che non l’ha mai dimenticato.

Cosa resta di Girone
Il patrimonio lasciato da Remo Girone è duplice: da una parte un catalogo di interpretazioni che resteranno studio e riferimento per chi voglia capire la scuola d’attore italiana della seconda metà del Novecento; dall’altra, l’impronta culturale di un personaggio televisivo che ha contribuito a plasmare la percezione pubblica di un tema serio come quello della criminalità organizzata.
La sua scomparsa apre un capitolo di ricordi: colleghi, registi, critici e spettatori hanno già cominciato a condividere ricordi che raccontano di un professionista esigente e di una sensibilità umana fuori dal comune. Le sue performance saranno oggetto di riletture e approfondimenti, in un lavoro critico che certo non si fermerà al ruolo più famoso ma che indagherà la complessità di un interprete.
Guardando indietro alla carriera di Girone, colpisce la costanza di un percorso che non ha subìto cedimenti facili: ogni scelta di ruolo, ogni ritorno al teatro, ogni apparizione sul grande o piccolo schermo racconta di un mestiere coltivato e curato.
Nel ricordo, rimane la sua voce, la sua gestualità calibrata, il suo sguardo che, nel migliore dei casi, svelava più di quanto le parole potessero mai dire.
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