Pupo, Russia e cittadinanza: tra musica, politica e polemiche

Con un’intervista rilasciata a Izvestia e ripresa dai media italiani, Pupo – al secolo Enzo Ghinazzi – ha annunciato il suo ritorno a Mosca per un concerto il 4 ottobre alla Live Arena, dedicato «all’amore fra Russia e Italia». Ha aggiunto che, qualora l’Italia imponesse divieti di viaggio verso la Federazione russa, sarebbe disposto a chiedere la cittadinanza russa. «Male che va, chiederò la cittadinanza», ha dichiarato, suggerendo che il governo italiano rappresenti un ostacolo al libero scambio culturale.
La dichiarazione ha già generato polemiche, critiche e domande d’interpretazione: si tratta solo di una provocazione simbolica, o di un passo effettivo verso una scelta identitaria e politica? Per comprendere il quadro, è necessario tornare indietro nel tempo, ripercorrere le relazioni di Pupo con la Russia, ed esplorare come arte, diplomazia culturale e guerra si intrecciano in una vicenda che va ben oltre un semplice concerto.
Un legame radicato con la Russia
Il rapporto di Pupo con la Russia non è né nuovo né occasionale. Secondo le sue stesse dichiarazioni, la sua prima esibizione in territorio sovietico risale al 1979. Negli anni, si è esibito più volte a Mosca, Leningrado, Tallin e in altre città dell’allora Unione Sovietica e dei Paesi del blocco orientale.
Nel 2024, in un momento critico dato il conflitto in Ucraina, Pupo si è esibito al Cremlino assieme ad artisti russi, presentando lo spettacolo come un segnale di dialogo.
Non senza conseguenze: alcune sue date europee, in Lituania e Belgio, vennero cancellate in risposta al concerto russo.
Inoltre, il 2022 segnò una battuta d’arresto: il Ministero degli Esteri ucraino notificò che Pupo era stato bandito dal territorio dell’Ucraina per aver cantato in un festival russo a Yalta, in Crimea, territorio conteso dal 2014.
Nel corso degli ultimi anni, Pupo ha sostenuto pubblicamente che cultura, musica e arte non debbano essere sottoposte a sanzioni o politiche di isolamento, criticando le restrizioni imposte nei confronti della Russia e difendendo il diritto degli artisti italiani di recarsi sul territorio russo.
Ha pubblicamente definito “vergoniosa” la cancellazione di date di altri artisti – come la revoca dello spettacolo del direttore d’orchestra Valery Gergiev a Caserta – su pressione diplomatica.
In un’intervista a TASS, ha affermato che non ha mai agito con finalità politiche ma con lo spirito del dialogo: «voglio trasmettere il messaggio che la pace tornerà al mondo».
Questa dichiarazione è stata letta con sospetto da chi interpreta ogni interazione culturale con la Russia come carica politica.
Alla luce di queste premesse, il suo annuncio di chiedere la cittadinanza russa – seppur ipotetico – si inserisce in un percorso già gravido di tensioni e ambiguità.
Il concerto del 4 ottobre e l’intento dichiarato
Secondo il Corriere, il concerto in programmazione è concepito come un evento celebrativo: i 70 anni di età di Pupo, coincidenti con i 50 anni di carriera. L’organizzazione lo presenta come il suo “unico concerto da solista in Russia”.
L’artista intende eseguire i suoi grandi successi, ma anche brani simbolici come la canzone russa Kalinka e l’italiana Bella Ciao. Nel corso dell’intervista a Izvestia, ha ribadito che «i russi devono sapere che gli italiani li amano» e che il popolo italiano, a suo avviso, dovrebbe essere grato ai russi per l’aiuto dato durante la pandemia.
L’artista ha affermato di non accettare che altri – governi, istituzioni – decidano al suo posto: «non prendo ordini da nessuno».
Ha inoltre dichiarato che, se l’Italia vietasse ai suoi cittadini di recarsi in Russia, lui perseguirebbe il suo ideale di libertà culturale fino all’estremo gesto della richiesta di cittadinanza. Come spiegano, l’entrata in vigore di restrizioni potrebbe trasformare questa ipotesi in necessità: «Se mi vietano di andare, sono pronto a chiedere la cittadinanza russa».
Le reazioni dall’Italia e la dimensione politica
Alla notizia, le reazioni sono state rapide e divergenti. Alcuni commentatori hanno parlato di una provocazione, un gesto simbolico per attirare l’attenzione, piuttosto che di una reale intenzione amministrativa. Altri l’hanno interpretata come una forma di contestazione politica nei confronti del governo italiano.
Alcuni giornali hanno messo in luce la contraddizione: un artista che elogia lo Stato russo in un momento in cui esso è coinvolto in un conflitto armato e soggetto a sanzioni internazionali. Altri, invece, hanno rilevato che la scelta di Pupo si inscrive in quella tradizione di “cultura come ponte” e che, anche se controversa, è perfettamente coerente con la sua storia.
Non sono mancati gli attacchi: è stato sottolineato che, con questa dichiarazione, l’artista potrebbe finire per legittimare o soft-supportare l’agenda culturale del Cremlino, specialmente verso un pubblico russo che potrebbe interpretare il gesto come simpatia politica. Alcuni intellettuali hanno avvertito che in tempi di guerra e propaganda, ogni gesto culturale assume un peso simbolico particolare.
C’è chi ha obiettato che l’Italia non può restare inerte di fronte a possibili strumentalizzazioni. In ambienti diplomatici e nel mondo della politica culturale, si discute se norme e sanzioni debbano essere estese anche alla partecipazione individuale di artisti italiani a eventi russi.
In effetti, le restrizioni già esistono sotto vari profili. In relazione al conflitto ucraino, l’Ucraina stessa ha negato a Pupo l’ingresso sul proprio territorio.
Alcune nazioni baltiche, come la Lituania, hanno annullato i suoi concerti come reazione al concerto al Cremlino del 2024. Dunque, il confine tra libertà artistica e conseguenze geopolitiche è già stato attraversato da Pupo.
Cittadinanza russa: fantasie o percorso
Dal punto di vista legale, ottenere la cittadinanza russa non è un passaggio automatico, né facile. La Russia ha criteri rigorosi: residenza permanente, conoscenza della lingua russa, assenza di pendenze penali — e spesso decisioni discrezionali delle autorità. In un contesto politico, una domanda del genere da parte di una figura nota, specie se legata ad affermazioni pubbliche, attirerebbe sicuramente attenzione istituzionale e diplomatica.
Non è chiaro né se Pupo abbia intrapreso azioni ufficiali, né se intenda davvero compiere il percorso formale. Al momento, le sue dichiarazioni restano un’ipotesi estrema, un gesto simbolico dentro una strategia comunicativa: segnare una linea di confine tra intolleranza e libertà culturale, tra vincoli politici e autonomia dell’artista.
Se l’Italia decidesse di impedire viaggi verso la Russia, una domanda di cittadinanza è un modo per aggirare il divieto: da cittadino russo, Pupo potrebbe recarsi legalmente su territorio russo. Ma ciò comporterebbe la perdita di legami legali con l’Italia? Dovrebbe rinunciare alla cittadinanza italiana? Quali ripercussioni ci sarebbero sulle sue attività, contratti, redditi e diritti? Il terreno è irto di complicazioni legali e simboliche.
Panorama culturale contemporaneo: arte, sanzioni e diplomazie parallele
È utile ragionare su un contesto più ampio: da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, la cultura è diventata uno dei fronti più sensibili del confronto internazionale. Molti governi e istituzioni hanno imposto restrizioni – culturali, artistiche, commerciali – contro la Russia. Alcuni artisti occidentali hanno scelto il boicottaggio: rinunciando a esibirsi in Russia come forma di appartenenza ideale alle sanzioni internazionali.
Altri, però, hanno resistito alla polarizzazione, affermando che l’arte non possa diventare strumento di blocco. Pupo appartiene a questo secondo filone. Egli ha ricordato che anche lo sport e lo sport musicale non dovrebbero subire restrizioni. Tuttavia in guerra, ogni gesto culturale assume valenze simboliche che travalicano l’intenzione dell’artista.
Rischi e opportunità
Il ritorno di Pupo a Mosca porta con sé rischi reputazionali e politici: potrà essere bollato come complice morale di un regime in guerra, oppure come simbolo audace di indipendenza culturale. Per molti spettatori italiani, l’idea di un artista che esalta la Russia – e accenna a cambiare cittadinanza – risulta scandalosa.
Ma ci sono anche potenzialità: un artista che sfida i vincoli e conferma il dialogo può provocare riflessioni sul confine tra identità, cultura e politica. Il concerto potrebbe essere letto come provocazione artistica più che come endorsement politico.
Dal punto di vista mediatico è indubbio che l’operazione è efficace: Pupo è tornato al centro del dibattito nazionale e internazionale. Il sospetto è che la minaccia di cittadinanza russa sia un escamotage per aumentare la visibilità.
Musica e identità
La vicenda di Pupo, del suo ritorno a Mosca e della proposta di chiedere la cittadinanza russa è un caso esemplare di come l’arte possa diventare terreno di scontro simbolico in un mondo polarizzato. Non si tratta semplicemente di un cantante che va in Russia, né di un colpo di teatro. È piuttosto il punto d’arrivo – o di svolta – di decenni in cui la musica italiana e la Russia hanno intrecciato rapporti difficili e affascinanti.
Restano molte incognite: Pupo farà davvero domanda di cittadinanza? Come reagirà l’Italia? Ci saranno conseguenze diplomatiche? E, forse più importante, quale messaggio coglieranno i pubblici e l’opinione pubblica?
In ogni caso, la notte del 4 ottobre, mentre Pupo canterà “Kalinka” e “Bella Ciao” sul palco di Mosca, la musica e la politica si incontrano in un gesto unico – simbolico e concreto allo stesso tempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA