Tumore del colon-retto, nuovo allarme: l’aumento nei under‑50 ridefinisce il panorama oncologico
Un’ombra silenziosa sta allungandosi sulla statistica oncologica: il tumore del colon-retto – storicamente considerato una malattia degli “adulti maturi” – sta colpendo sempre con maggior frequenza persone al di sotto dei 50 anni. Recenti segnalazioni in Italia parlano di un vero e proprio incremento tra i giovani, un fenomeno che scuote i protocolli tradizionali di screening, le pratiche cliniche e le abitudini di prevenzione nella popolazione.
Secondo una notizia diffusasi oggi, gli specialisti italiani segnalano una crescita delle diagnosi in soggetti giovani, con particolare allerta sul fatto che molti casi vengono intercettati solo in fase avanzata per la mancanza di screening precoci.
Il fenomeno emergente
Negli ultimi decenni, numerosi studi internazionali hanno descritto una tendenza all’aumento dei casi di carcinoma colorettale in fasce d’età che un tempo non erano considerate a rischio. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha riconosciuto che l’incidenza nei giovani è in crescita da almeno vent’anni, in diversi Paesi, e che il fenomeno è in parte responsabile del fatto che ogni anno si stimino quasi 1,9 milioni di nuove diagnosi globali totali di cancro colorettale, con oltre 900.000 decessi.

I dati epidemiologici suggeriscono che, tra coloro al di sotto dei 50 anni, l’aumento è continuo: ad esempio, uno studio su dati statunitensi mostra che nei gruppi 20–39 anni la crescita annua è circa del 2%, mentre tra i 45–49 anni l’aumento, benché più contenuto, è significativo. In particolare, nel segmento 40–44 anni il tasso è passato da 4,9 a 6,3 casi per 100.000 , e nei 45–49 da 9,3 a 12,0 — dati che indicano come l’aumento non sia solo un fenomeno “giovanile”, ma si estenda anche a fasce immediatamente superiori.
Negli Stati Uniti, la crescente incidenza nei 45‑49 anni ha in parte spinto le autorità sanitarie a spostare in avanti l’età di screening: due studi recenti dell’American Cancer Society hanno evidenziato che tra il 2019 e il 2022 le diagnosi in fase precoce in quel gruppo sono aumentate del 12% all’anno (contro appena 1,1% annuo tra il 2004 e il 2019). Questi dati suggeriscono che lo screening anticipato stia contribuendo a individuare tumori in stadio meno avanzato.
Tornando al caso italiano, le segnalazioni rientrano in un contesto già segnato da numeri in crescita nei giovani, anche se spesso il dato nazionale appare più “nascosto” rispetto ai grandi database statunitensi. Il punto critico è che molti casi tra i giovani vengono scoperti tardivamente, quando già sono presenti sintomi significativi.
Il sangue come segnale urgente
Un elemento chiave che emerge nella letteratura più recente riguarda il ruolo del sanguinamento rettale (rectal bleeding) nei giovani come segnale fortemente predittivo della presenza di cancro colorettale. In uno studio retrospettivo su pazienti sotto i 50 anni che si sottoponevano a colonscopia, il sanguinamento rettale è risultato associato a un aumento di probabilità di diagnosi oncologica di 8,5 volte rispetto ai soggetti senza tale sintomo. Nel campione analizzato (443 giovani sottoposti a colonscopia fra il 2021 e il 2023), il 44 % ha ricevuto diagnosi di cancro colorettale e il 70 % dei casi non aveva storia familiare nota della malattia.
Questo dato rappresenta un monito per i clinici: nei pazienti giovani che presentano sanguinamenti, anche in assenza di storia familiare, la soglia per richiedere una colonscopia diagnostica non dovrebbe essere alta. In molti casi, infatti, i giovani che sviluppano il tumore non rientrano nei protocolli di screening preventivo, e quando avvertono sintomi possono essere sottovalutati, con diagnosi più tardive e prognosi peggiori.

Dieta “occidentale” e stili di vita
È consolidato che una dieta ricca di carne lavorata, grassi saturi, zuccheri raffinati e povera di fibre si associa a un maggiore rischio colonrettale. L’aumento dell’obesità, della sedentarietà e della diffusione di alimenti ultra‑processati è un elemento che probabilmente favorisce l’innesco del cancro anche in soggetti giovani.
Ruolo del microbiota intestinale
Una delle scoperte più recenti riguarda una tossina batterica chiamata colibactin, prodotta da ceppi di Escherichia coli, che potrebbe generare mutazioni precoci nel DNA intestinale. In uno studio su 981 tumori colorettali in 11 Paesi, le mutazioni attribuibili al colibactin comparivano 3,3 volte più frequentemente nei pazienti esordienti sotto i 40 anni rispetto a quelli diagnosticati oltre i 70 anni. L’ipotesi è che un’esposizione a tale tossina nelle prime fasi della vita – anche nella prima infanzia – possa predisporre, nel corso di decenni, alla comparsa del tumore.
L’esposizione nei primi anni di vita a fattori tossici (alimentazione alterata, contaminanti ambientali, alterazioni della flora microbica, uso di antibiotici) viene presa in considerazione come un “debito” biologico che si somma nel corso della vita e può emergere con un tumore più precocemente.
Anche se le sindromi ereditarie (come poliposi familiare, sindrome di Lynch) rimangono un fattore importante, nei casi giovani la maggioranza non presenta alterazioni genetiche note. Ciò suggerisce che molte lesioni derivino da fattori acquisiti e dall’interazione tra genetica e ambiente.

Una questione dibattuta è se l’aumento delle diagnosi sia dovuto in parte a un miglioramento della sorveglianza e della sensibilità diagnostica – in altre parole, un “effetto screening indiretto” nelle fasce più giovani. Tuttavia, il trend è precedente all’ampliamento dei protocolli di screening e riguarda anche tumori in stadio avanzato, il che suggerisce che l’aumento reale esiste.
Quando il sintomo viene ignorato
Laura, 36 anni, fino a pochi mesi fa conduceva una vita attiva, lavorando come grafica e avendo cura della salute con esercizio moderato e dieta equilibrata. Dopo un episodio di sanguinamento rettale sporadico, l’avevano rassicurata attribuendolo a emorroidi, prescrivendo crema e dieta fibrosa. Quando invece la sintomatologia si è aggravata, con dolori addominali persistenti e perdita di peso, ha insistito per una colonscopia — che ha rivelato un carcinoma al sigma in stadio II.
«Ho pensato mai che potesse essere cancro, ero troppo giovane», racconta con voce ferma ma stanca. «Quando ho insistito per approfondire, le mie ossa tremavano: se avessi aspettato ancora, forse non sarebbe stato operabile». Dopo l’intervento e la chemioterapia adiuvante, Laura ora è in sorveglianza: la scorciatoia è stata evitarne il peggioramento.
Il suo caso non è rarissimo: spesso diagnosi tardive in giovani derivano da sintomi ignorati o sottovalutati, dalla convinzione che il cancro “non riguarda le persone giovani”. Questo gap di percezione è una delle sfide centrali del problema emergente.
L’aumento dei casi in età giovane pone questioni rilevanti nella pratica oncologica e nelle politiche sanitarie:
Revisione dei criteri di screening
In molti Paesi si è già anticipata l’età di screening da 50 a 45 anni per la popolazione “a rischio medio”. Tuttavia, ciò non copre chi ha meno di 45 anni e presenta sintomi rilevanti. Alcuni propongono linee guida per valutare lo screening anche in soggetti più giovani con sintomi o fattori di rischio.
Soglia di attivazione per la colonscopia diagnostica
Nei protocolli attuali, un giovane con sanguinamento spesso viene trattato con terapia sintomatica prima di richiedere una colonscopia. Alla luce delle nuove evidenze, molti clinici suggeriscono di abbassare la soglia per eseguire la colonscopia nei giovani con sanguinamento o alterazioni intestinali persistenti.
Educazione e consapevolezza del rischio
Bisogna diffondere la consapevolezza che il tumore del colon-retto non è una malattia «solo da anziani». Campagne di sensibilizzazione, formazione dei medici di base e percorsi educativi per i giovani sono cruciali.
Approccio multidisciplinare e personalizzato
Diagnosi precoci, stadiazione accurata, uso di biomarcatori e di tecnologie emergenti (es. intelligenza artificiale per istologie, analisi del DNA tumorale, modelli predittivi) potranno migliorare le strategie terapeutiche e di follow-up.
Sorveglianza intensificata nei soggetti a rischio
Chi ha familiarità, sindromi ereditarie, malattie infiammatorie croniche intestinali o altri fattori (obesità, sedentarietà) potrebbe beneficiare di sorveglianze più aggressive anche in età giovane.

Una delle caratteristiche frequentemente denunciata nei casi giovanili è la diagnosi in stadi più avanzati, spesso perché la sospetta malignità viene per prima attribuita a cause benigne (emorroidi, colite, sindromi funzionali). Ciò implica che nella pratica molti tumori giovanili siano scoperti tardivamente, con peggioramento della prognosi.
Tuttavia, un dato interessante: chi viene diagnosticato giovane, se intercettato in uno stadio iniziale, ha spesso una prognosi migliore rispetto a chi riceve la diagnosi negli stessi stadi da anziano — suggerendo che l’età, in sé, non determina un decorso peggiore se la malattia viene presa in tempo.
Dal punto di vista terapeutico, la strategia segue i principi classici: chirurgia, chemioterapia, radioterapia quando indicata, con l’aggiunta — nei casi con instabilità microsatellite (MSI-H) o deficit di mismatch repair (dMMR) — della terapia immunologica. Soltanto che nei giovani, la finestra terapeutica può essere più favorevole se la diagnosi è precoce.
In campo di ricerca, stanno emergendo modelli predittivi basati sull’intelligenza artificiale: per esempio, un modello “PRISM” per la previsione di sopravvivenza a cinque anni da immagini istologiche ha ottenuto prestazioni promettenti; altri modelli, come “ColonScopeX”, integrano dati clinici, esami di laboratorio e immagini per suggerire priorità diagnostiche.

L’aumento del tumore del colon-retto tra i giovani — da più parti segnalato anche in Italia — rappresenta un’inaspettata e preoccupante evoluzione dell’epidemiologia oncologica. Eppure, dentro questo allarme c’è un’opportunità: spingere la medicina e la società a rivedere schemi, soglie e assunzioni, a investire in prevenzione, diagnosi precoce e consapevolezza.
Il messaggio più urgente è: non prendere per scontati i sintomi intestinali, anche e soprattutto nei giovani. Se il sangue si presenta, non aspettare. Se la dieta è sbilanciata, cambiala. Se i protocolli non bastano, chiedi di più.
Il cancro colonrettale, se scoperto in tempo, è spesso trattabile con ottime prospettive di guarigione. Ma per farlo, dobbiamo accettare che la “malattia degli anziani” non esiste più come categoria sicura — e che la prevenzione e la diagnosi non possono più essere “a partire da 50 anni”, ma devono adeguarsi a un mondo che è cambiato.
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