11:51 am, 2 Ottobre 25 calendario

Cimici “verdi” e cimici “marroni”: quando lo sguardo non basta più

Di: Redazione Metrotoday
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Nel corso delle stagioni calde, non è raro che molte persone si imbattano in insetti dallo scudo caratteristico — spesso “verdi” o “marroni” — che si aggirano sui muri, sui vetri, dentro agli ambienti domestici. La distinzione banale tra “cimice verde” e “cimice marrone” nasconde tuttavia una complessità sorprendente: origini, comportamenti, impatti agronomici e strategie di controllo che raccontano storie di migrazione, adattamento ed equilibrio ecologico.

Partendo da una recente guida che spiega le differenze apparenti tra le specie più comuni, questo articolo propone un viaggio nel mondo delle cimici, approfondendo i contorni storici, le implicazioni agronomiche, le sfide di gestione e le conseguenze ambientali che seguono l’invasione di un insetto.

Le due cimici più note

Quando si parla di “cimici verdi” e “cimici marroni”, ci si riferisce spesso a Nezara viridula — la cimice verde — e Halyomorpha halys — la cimice asiatica o “marrone marmorizzata”. Le differenze visive sono immediate: la prima è verde brillante, la seconda è bruno-grigiastra con macchie chiare. Ma le distinzioni più rilevanti sono biologiche, comportamentali e agronomiche.

La cimice verde è specie autoctona diffusa da tempo in Italia e in Europa; è polifaga, ma la sua presenza è generalmente ben integrata negli ecosistemi locali, con nemici naturali che ne limitano la proliferazione. La cimice asiatica, invece, è specie invasiva introdotta accidentalmente alcuni anni fa e oggi una delle principali preoccupazioni per l’agricoltura: non è (o non era) parte integrante dei sistemi locali, e per questo tende a crescere con meno vincoli naturali.

Inoltre, il ciclo vitale differisce: Halyomorpha halys è capace di estendere le sue attività riproduttive anche in periodi in cui specie autoctone rallentano, favorendo accumulo di popolazione e difficoltà nel contenimento.

Le conseguenze dell’invasione non sono solo fastidi domestici (quando le cimici cercano riparo in case, fessure, edifici), ma danni tangibili all’agricoltura, con perdite su frutti, piante da seme e raccolti.

Diffusione della cimice asiatica in Europa

L’arrivo di Halyomorpha halys in Italia è relativamente recente: la prima segnalazione ufficiale risale al 2012, nella zona di Modena. Da allora, il fenomeno si è diffuso con rapidità, spinto da vie commerciali, movimentazioni internazionali di merci, imballaggi e mezzi di trasporto che ne favoriscono la disseminazione.

In Svizzera, paesi confinanti e altre nazioni europee, la specie era già stata identificata in precedenza, e oggi è presente in molti territori. Le condizioni ambientali temperate e l’ampia disponibilità di piante ospiti hanno favorito la sua naturalizzazione rapida.

Già nel 2015, nella regione dell’Emilia-Romagna, si registrarono ingenti danni nelle colture di pero e melo attribuiti alla cimice marmorizzata. Questi episodi rappresentano il segnale che l’insetto non è un problema marginale, ma una minaccia reale per le produzioni locali.

Parallelamente, studi recenti hanno suggerito che in alcune regioni italiane (nord, specialmente) la comparsa precoce di cascola di frutti — fenomeno per il quale un albicocco o un oliveto perde anticipatamente i suoi frutti — potrebbe essere correlata all’attività delle cimici invasive nei pressi degli oliveti.

Così, mentre la “cimice verde” convive con gli agricoltori da tempo, la “cimice marrone” porta con sé una storia di invasione, sorveglianza e lotta continua.

Comportamenti a confronto

Nezara viridula (cimice verde)

È una specie ben nota, studiata da decenni. In primavera e in estate le femmine depongono piccoli gruppi di uova sulla pagina inferiore delle foglie.

I giovani (ninfe) passano attraverso vari stadi (instar) prima di raggiungere la forma adulta, che ha il classico profilo a scudo.

È polifaga: può nutrirsi di diverse piante coltivate e spontanee, ma in grado di tollerare la competizione ecologica.

Nelle stagioni fresche limita la sua attività, e le popolazioni tendono a fluttuare nella dinamica naturale dell’ecosistema.

I predatori naturali, con parassitoidi e antagonisti locali, contribuiscono a contenerne gli aumenti.

Halyomorpha halys (cimice asiatica / marrone)

Può deporre un numero elevato di uova in più cicli stagionali, accumulando popolazione.

Le ninfe e gli adulti si nutrono forando tessuti vegetali (frutti, foglie, germogli), causando deformazioni, avvizzimenti, perdita di seme e marcescenza interna.

È meno controllata dai predatori locali, perché molti antagonisti naturali non riconoscono la specie o non vi si adattano facilmente.

È fortemente mobile, capace di spostarsi su lunghe distanze, anche involontariamente tramite trasporto umano.

In autunno e inverno tende a cercare riparo in abitazioni, edifici agricoli, spazi riparati — diventando presenza molesta ma anche fonte di accumulo.

Un elemento di sfida è che Halyomorpha halys non è facilmente controllabile con trattamenti chimici tradizionali: la resistenza, la mobilità e il vasto ventaglio di piante ospiti ne rendono difficile l’azzeramento. Le strategie alternative — reti di esclusione, trappole con feromoni, lotta biologica — stanno guadagnando interesse in molti progetti di ricerca.

Impatti agricoli e ambientali

L’invasione di cimici asiatiche ha effetti trasversali:

  • Produzioni frutticole: mele, pere, pesche, ciliegie, uva e altri frutti risentono dell’attacco. Le punture interne generano effetti estetici (“scab”) che rendono i frutti invendibili anche se non compromessi da marciume.
  • Piante ornamentali e colture minori: anche alberi da giardino, specie ornamentali e altre colture meno strategiche subiscono danni, perché la cimice non è selettiva.
  • Costi di gestione: gli agricoltori investono in tecniche di monitoraggio, protezione, trattamenti e coperture. Le spese aumentano, i margini calano.
  • Equilibrio ecologico: l’arrivo di una specie invasiva può perturbare le catene trofiche, escludere specie autoctone e alterare gli equilibri locali.

Pressione sui sistemi di monitoraggio: è necessario investire in sorveglianza, raccolta dati, forecast, allarmi tempestivi per limitare i danni.

In Italia, le regioni più colpite risultano quelle del Nord e del Centro — zone con frutticoltura intensiva — e si segnalano con preoccupazione fenomeni prematuri di perdita di frutta, in situazioni in cui non era facile attribuire cause a parassiti meno evidenti.

Strategie di contenimento e buone pratiche

Di fronte a una specie invasiva, la lotta diventa multidimensionale. Le opzioni principali includono:

  • Monitoraggio e trappole a feromone: per intercettare l’insetto in modo tempestivo.
  • Reti di esclusione: schermature fisiche che impediscono l’accesso alle piante.
  • Lotta biologica: introduzione o favorimento di parassitoidi (es. vespe che attaccano le uova). Alcuni studi hanno osservato la diffusione spontanea di una vespa samurai (Trissolcus japonicus) che parassita le uova di H. halys, anche in Europa.
  • Tecniche agronomiche integrate: potature, interfilari, rotazioni che riducono l’habitat favorevole.
  • Uso intelligente dei trattamenti chimici: limitati, localizzati e calibrati, per evitare effetto controproducente e resistenza.
  • Una pratica utile è la lotta integrata: non contare solo su una strategia, ma combinare più strumenti, monitorando continuamente l’efficacia e adattando le misure.

In alcune campagne di raccolta dati, i tecnici hanno scoperto che la cimice asiatica era presente anche in oliveti con perdita precoce di olive. In uno studio italiano recente, la presenza di Halyomorpha halys negli oliveti del Nord ha suggerito che l’insetto potrebbe essere responsabile della cascola inspiegata, anche se uno solo dei fattori.

Anche l’“invasione silenziosa” è stata segnalata: eloquenti foto scattate da cittadini che hanno trovato decine di esemplari in cantine, soffitte, intercapedini in edifici, spesso raggruppati durante l’inverno. L’insetto tende a riunirsi in luoghi riparati, anche in condizioni di scarsa ventilazione, diventando molestia domestica.

In zone del Nord Italia, agricoltori sperimentano già la convivenza con H. halys, adottando reti, calendario di trattamenti calibrati e collaborazioni con associazioni entomologiche per monitoraggi condivisi.

Il racconto che va oltre il colore

Dietro la banale distinzione tra “cimice verde” e “cimice marrone” si cela un nodo ecologico, agricolo e gestionale: non è un mero esercizio cromatico, ma una storia di adattamento, invasione, resistenza e convivenza.

La cimice verde è parte delle nostre stagioni; la cimice marrone è un’importata che impone nuove regole del gioco. Da un lato, la tradizione, la convivenza; dall’altro, il potere disturbante dell’estraneo che entra, consumando risorse e segnando il paesaggio.

2 Ottobre 2025
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