8:38 pm, 29 Settembre 25 calendario

Il fuoco invisibile dei Castelli Romani: vino, scienza e memoria nel grembo del vulcano

Di: Michele Savaiano
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C’è un fuoco che arde silenzioso sotto i nostri passi. Non lo vediamo, non lo temiamo, ma ci abbraccia da millenni: è il fuoco del vulcano dei Castelli Romani, un gigante addormentato che ha forgiato terre fertili, modellato colline, scavato cavità profonde e acceso passioni.
Un vulcano che non è solo geologia, ma destino. Che non ha solo bruciato la terra, ma ha nutrito i sogni di intere generazioni.

Il paesaggio che oggi chiamiamo Castelli Romani nasce da qui: da una caldera immensa che ha disegnato la vita. La vite cresce rigogliosa proprio perché il terreno porta ancora i segni di quel fuoco antico: ceneri, basalti, lapilli che custodiscono i minerali essenziali. È la terra che non eccede, che non concede abbondanza facile, ma che chiede rispetto: pochi grappoli, tanta qualità. Così la Malvasia, figlia prediletta, diventa vino di luce, vino che profuma di vento e memoria.

Ma il vulcano non ha solo generato la vite. Ha plasmato un modo di vivere. Le acque minerali che scorrono dal suo ventre hanno dissetato popoli e ispirato ricette. Nell’archivio millenario dell’Abbazia di Grottaferrata sono custoditi appunti di cucina che parlano la lingua della terra vulcanica: zuppe contadine nate da un equilibrio semplice, ma profondissimo. Funghi di stagione, ramoracce, quell’erba amara che cresce tra il Tuscolo e i sentieri sacri, e acqua del vulcano. Una cucina che non era moda, ma necessità. Una cucina che oggi ritrova senso nel parlare di sostenibilità e salute.

Come direbbe Platone, è nella caverna che spesso si custodisce la verità. E nelle cavità di queste colline vulcaniche, gli uomini hanno trovato rifugio in ogni tempo. Non solo i monaci che custodivano saperi, non solo i vignaioli che conservavano botti nelle cantine scavate nella roccia: anche la popolazione di Frascati, durante la Seconda guerra mondiale, trovò riparo nei rifugi sotterranei, nei cunicoli scavati nella pietra. La grotta come ventre materno, come mantello protettivo del vulcano. Un grembo ancestrale che accoglie e protegge.

E allora il vulcano non è soltanto natura, ma metafora. È il simbolo delle passioni che incendiano l’animo umano. I Greci lo sapevano: le Menadi, le donne di Dioniso, danzavano attorno al fuoco, tra vino e musica, per celebrare la vita e la rinascita. Il loro mantello era di pelle di cerbiatto, i loro occhi illuminati dal vino e dal delirio sacro. Non era follia, era libertà. Era il riconoscere che dal fuoco nasce la vita, che nello strappo si cela la rinascita.
Così come Dioniso morì fatto a pezzi e poi risorse, così il vulcano ha alternato distruzione e creazione. Il fuoco divora, ma il fuoco rigenera.

Oggi Frascati e i Castelli Romani sono anche un’altra cosa: sono città della scienza. Nei laboratori dell’ENEA e dell’INFN, migliaia di ricercatori indagano i segreti dell’universo. Nel ventre della terra, tra acceleratori di particelle e progetti di fusione nucleare, cercano un nuovo fuoco: quello che potrebbe dare energia pulita al mondo. È un filo che non si è mai spezzato: il fuoco antico del vulcano si trasforma nel fuoco moderno della conoscenza.
Dai lapilli al laser, dalle colate laviche agli acceleratori: la stessa energia, solo trasfigurata.

Passeggiando per Frascati, questo dialogo tra passato e futuro è palpabile. Le Ville Tuscolane, con i loro ninfei e i loro giardini, ricordano l’età in cui l’aristocrazia romana cercava qui ristoro dalle febbri della capitale. Quelle stesse ville custodiscono grotte e cunicoli, giochi d’acqua e ombre: riflessi del vulcano che respira sotto. Allo stesso tempo, a pochi passi, i centri di ricerca raccontano un presente che guarda al domani.
Scienza e mito, agricoltura e ricerca, vino e laboratorio: tutto convive in questa terra che non smette di sorprendere.

Ed è forse per questo che il 27 settembre, durante l’evento che ha visto protagoniste 11 aziende vinicole del territorio, si è respirata un’energia nuova. Non era soltanto una celebrazione del vino, ma una chiamata collettiva a riconoscere un destino comune. A sorprendere, più del numero delle bottiglie o delle etichette, è stata la presenza dei giovani: ragazzi e ragazze che hanno scelto di prendere in mano le redini delle cantine di famiglia, o di avviarne di nuove, con coraggio e visione. Forse spinti proprio da quel fuoco sacro che vibra ancora nel ventre del vulcano.
E accanto a loro, protagoniste indiscusse, c’erano le donne. Custodi e innovatrici, radici e futuro insieme. Donne che portano avanti antiche tradizioni con occhi moderni, che trasformano il gesto di vendemmiare in un atto di rinascita. È in questa presenza femminile che si intravede la vera novità: un’energia che sa unire rigore e passione, memoria e cambiamento.

Forse è questo il segreto dei Castelli Romani: unire in un solo respiro ciò che altrove appare lontano. La natura e la cultura, il vino e il pensiero, il mito e la scienza.
E allora non resta che alzare lo sguardo verso la collina e immaginare: sotto i nostri piedi, il fuoco del vulcano continua a respirare. Non è minaccia, non è paura. È cuore. È energia. È il filo rosso che unisce passato e futuro, radici e sogni.

E ogni calice di Frascati bevuto oggi non è solo vino: è un sorso di fuoco invisibile, un brindisi con la storia e con il destino.

29 Settembre 2025
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