“Aimer Perdre” presentato al Cinema Colosseo

Il sipario della prima edizione del Milano Film Fest calato di recente lascia ormai spazio al prossimo appuntamento cittadino: lunedì 29 settembre, alle 19.30, al Cinema Colosseo, sarà presentato Aimer Perdre (Heads or Fails), lungometraggio vincitore del concorso di questa edizione, in una serata introdotta dal direttore artistico Claudio Santamaria e dal critico Andrea Chimento.
Il film dei fratelli Lenny e Harpo Guit (Belgio-Francia, 2024) emerge così come simbolo e compendio di una rassegna che ha voluto testimoniare un cinema “altro”, impegnato nel recupero dell’umanità fragile e nell’esplorazione di vite ai margini. In una Milano che, nelle sue molteplici identità, cerca di ritagliarsi spazi d’arte partecipata e dialogo culturale, la scelta di presentare il film all’interno della sezione Vie del Cinema 2025 porta con sé non soltanto un riconoscimento simbolico, ma un invito concreto al pubblico milanese a confrontarsi con uno sguardo dissonante, provocatorio, spesso inquieto.
La vittoria al MFF: tra riconoscimento e novità
Sabato 7 giugno 2025, al Piccolo Teatro Strehler, si è svolta la cerimonia di premiazione della prima edizione del Milano Film Fest. Il premio Miglior lungometraggio (del valore di 5.000 €) è stato assegnato all’unanimità ad Aimer Perdre dai membri della giuria — presieduta da James Franco e composta da Claudio Giovannesi, Francesco Di Leva, Isabella Ragonese e Margherita Buy — con la seguente motivazione:
«Per il tono unico, vivace, in bilico tra reale e surreale, per la performance eccezionale della sua protagonista, per il suo linguaggio libero ed eccentrico».
A ritirare il premio è stata Maria Cavalier Bazan, interprete della protagonista, affiancata da Gwladys Lefeuvre.
Il festival non si è limitato a consegnare il principale riconoscimento: nella sezione cortometraggi ha trionfato Rochelle di Tom Furniss (Nuova Zelanda) quale miglior corto, mentre la giuria ha conferito una menzione speciale a Girls on Wire di Vivian Qu (Cina) per «l’efficacia di una narrazione che si muove su due linee temporali e la forza del racconto metacinematografico».
Secondo i resoconti di stampa e blog cinematografici, la vittoria di Aimer Perdre ha colpito per l’audacia stilistica e la coerenza dell’operazione artistica: già nei profili del festival il film era indicato come “commedia totalmente fuori dagli schemi” che prosegue nell’“apologia dei perdenti” inaugurata dal precedente Fils de Plouc (Kickstarter internazionale: Mother Schmuckers, 2021) dei fratelli Guit.
In un articolo dedicato, MyMovies ha segnalato come il film si imponga come miglior lungometraggio del MFF, affiancando al riconoscimento formale la volontà di exploit all’interno del circuito festivaliero italiano e europeo.
Aimer Perdre / Heads or Fails: il film e i suoi temi
Trama in breve
Armande Pigeon, 26 anni, vive a Bruxelles senza lavoro e sommersa dai debiti. Affitta un angolo di stanza in casa di un’anziana signora (Delphine), con scarsa stabilità economica e grandi difficoltà nel tessere relazioni stabili. Ma Armande ha un vizio: il gioco d’azzardo. Scommette su tutto — dadi, carte, mosse casuali, nomi di sconosciuti — convinta che sfidare la sorte sia l’unico modo per emergere da una vita precaria. L’incontro con Ronnie, un ragazzo conosciuto durante un corso di scultura, sembra offrire una tregua alla sua irrequietezza, ma la fortuna ha sempre il suo prezzo.
Il film si muove in equilibrio fra reale e onirico, fra abbandono e desiderio, montrando la protagonista come un’anti-eroina in perenne corsa, incapace di fermarsi o restare ancorata. Il corpo, le imperfezioni, le fughe, le sequenze organiche — mestruazioni, deiezioni, gestualità scomposta — tutto contribuisce a disegnare una figura che rifiuta qualsiasi idealizzazione estetica.
Nel cast: oltre a Maria Cavalier Bazan, Axel Perin interpreta Ronnie; Melvil Poupaud appare nei panni di Lazare. La sceneggiatura, firmata direttamente dai fratelli Guit, è sostenuta da una fotografia di Kinan Massarani e da un montaggio di Guillaume Lion.
Lo stile, il tono, il coraggio
Come osservato da critici europei, Heads or Fails segna una svolta nei Guit: pur mantenendo elementi di disordine e provocazione già presenti nei loro lavori precedenti, approdano a una forma più intima, con instanti di commedia romantica e una sensibilità per i perdenti autentici.
Un aspetto che ha colpito la giuria del MFF è stato il linguaggio libero e irriverente, che mescola humor, surreale e denuncia sociale. Il film non dà risposte facili, ma gesti, scelte e corpi che urlano esistenza. La protagonista Armande sfida lo spettatore: la sua ambiguità, le sue contraddizioni, la sua spinta verso il rischio la rendono uno specchio di chiunque conosca la precarietà esistenziale.
Uno dei meriti evidenziati è la performance di Maria Cavalier Bazan, che vive ogni dettaglio fisico ed emotivo senza concessioni, rendendo credibile e potente un personaggio imperfetto, disturbato, ma anche magnetico.
Temi e orizzonti narrativi
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Precarietà e marginalità: Armande è figura emblematica della generazione senza garanzie, che deve arrangiarsi, vivere di espedienti, navigare le difficoltà quotidiane.
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Il gioco come forma di resistenza e autodistruzione: il film mostra come scommettere sia al tempo stesso tentativo di rivalsa e meccanismo che consuma chi lo pratica.
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L’amore che brucia e tradisce: l’incontro con Ronnie apre a una possibile salvezza affettiva, ma non cancella le cicatrici: l’amore, in Aimer Perdre, non è lieto fine ma sfida incerta.
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Il corpo come memoria, come testimonianza: le scene intime, i dettagli crudi, la messa a nudo di gesti biologici e corporei (inclusi sangue mestruale) servono a rompere il patto tacito del “bello dichiarato”, dando voce a chi non è mai protagonista nei film convenzionali.
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Equilibrio fra realtà e follia: l’universo di Armande è costantemente sul filo, oscillante fra il visibile e l’idea, fra il caos e la ricerca di un ordine personale.
Il tentativo dei Guit è audace: narrano una condizione borderline in linea con un cinema europeo che non si accontenta del già visto, che vuole scuotere, interrogare, restituire visioni dissonanti.
Il Milano Film Fest: radici, scelte e sfide della prima edizione
L’istituzione del Milano Film Fest (MFF) con la direzione artistica di Claudio Santamaria rappresenta una novità recente nel panorama milanese della rassegne cinematografiche. Il festival nasce con l’obiettivo di costruire un’esperienza immersiva, capace di promuovere diversità, innovazione e partecipazione cittadina.
Organizzato dalla Fondazione Milano Film Fest (che riunisce Il Cinemino, Esterni, Fondazione Dude e Perimetro), il festival si propone di coinvolgere le comunità locali e le realtà del territorio come co-protagoniste, non soltanto spettatrici.
Al centro dell’impostazione è la volontà di fondere cinema e città, proponendo sezioni industry rivolte ai professionisti, eventi off diffusi in vari luoghi milanesi, incontri, workshop e momenti di confronto aperti al pubblico.
Il programma ufficiale include una sezione lungometraggi in concorso (tra cui Aimer Perdre), ma anche momenti dedicati al dialogo, proiezioni speciali e contaminazioni artistiche.
La strategia culturale del MFF sembra voler coniugare il rigore cinematografico con la partecipazione urbana, offrendo un ponte fra Milano e il cinema indipendente internazionale. La scelta di portare Aimer Perdre nelle vie del cinema – cioè in una struttura consolidata come il Cinema Colosseo – rafforza questo intento di connettere festival, pubblico e spazi cinematografici storici.
All’interno del panorama milanese — già ricco di festival e rassegne — il MFF si pone come proposta alternativa, con vocazione inclusiva e vocazione internazionale. Le sfide non mancano: consolidare l’identità editoriale, costruire un pubblico stabile, garantire mezzi e risorse, ritagliarsi visibilità tra nomi affermati. Il successo della prima edizione, e la scelta di un film coraggioso come Aimer Perdre, costituiscono un buon punto di partenza.
L’attesa per il 29 settembre
Lunedì 29 sera, Milano accoglie Aimer Perdre. Nel foyer del Cinema Colosseo, attese conversazioni, riflessioni e applausi. Il direttore artistico Claudio Santamaria prenderà la parola — sarà interessante ascoltare il suo sguardo sul film, sulle motivazioni della scelta e sulle prospettive del festival. Il critico Andrea Chimento introdurrà la visione, accompagnando il pubblico nel cuore della vicenda di Armande Pigeon.
Per gli spettatori milanesi sarà un’occasione rara: vedere un film vincitore del MFF proposto in sala, fuori dal circuito strettamente festivaliero, e confrontarsi con una narrazione densa, complessa e non decorativa. Il film potrà stimolare domande: cosa significa perdere? Come si costruisce una vita in bilico? Quanto possiamo scommettere su ciò che siamo?
È auspicabile che in quella serata emergano anche elementi di dialogo: giovani cineasti, studenti, appassionati, operatori culturali potranno confrontarsi con Santamaria, il critico e tra loro. Un cineforum cittadino, insomma, che renda concreto il motto implicito del Milano Film Fest: portare il festival dentro la città, far sì che il cinema dialoghi con chi abita Milano.
Un piccolo bilancio (provisiorio)
Anche se siamo soltanto all’inizio, l’edizione inaugurale del MFF ha già messo in luce alcuni elementi degni di nota:
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Scelta autoriale e coraggiosa — dare spazio a Aimer Perdre, con il suo allineamento tra provocazione e delicatezza, vuol dire dichiararsi un festival che crede nel rischio creativo, non nel compromesso facile.
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Sinergia tra città e festival — l’operazione “Vie del Cinema” è un indicatore forte: non è solo un festival che occupa Milano, ma che cerca di inserirvisi, incontrare i luoghi, le sale storiche, il pubblico.
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Relazioni internazionali — la presenza di produzioni belghe, coproduzioni franco-belghe, una giuria internazionale con James Franco, confermano che il MFF intende dialogare con circuiti europei ed extraeuropei, non restare provinciale.
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Rischio e identità — il panorama festivaliero italiano è ricco, ma anche affollato. Per emergere, il MFF deve continuare a proporre opere che non striscino nell’omologazione, ma che creino un’identità riconoscibile nel tempo.
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Segmenti collaterali e relazioni con professionisti — la sezione industry previsto dal festival dovrà costituirsi come piattaforma utile per networking, formazione e sviluppo di progetti convergenti tra Milano e il cinema indipendente.
Se lunedì sera il Cinema Colosseo sarà gremito, l’esito della serata potrà essere esaminato come una cartina tornasole: non soltanto di Aimer Perdre, ma del desiderio che Milano ha di fare del cinema un dialogo vivo, piuttosto che una vetrina incastonata in una programmazione annuale.
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