Caldo: 1.100 morti quest’estate a Milano

Un’estate che resterà negli annali climatici — e nei registri dell’emergenza sanitaria. Secondo un’analisi condotta da istituti britannici specializzati in clima e salute, l’ondata di calore che ha investito l’Europa fra giugno e agosto 2025 ha provocato migliaia di vittime in città: complessivamente decine di migliaia di morti legate alle alte temperature, e in Italia una concentrazione particolarmente grave nelle aree urbane. Milano, secondo la ricostruzione, è in testa alla classifica delle città europee analizzate, con oltre 1.100 decessi attribuiti direttamente o indirettamente all’afa estiva.
Quel numero — 1.100, 1.156 o «oltre mille», a seconda delle ricostruzioni — non è solo una cifra da grafico: è la moltiplicazione di singole storie, di famiglie private di nonni e genitori, di persone che non hanno retto a «notti tropicali», ondate di calore prolungate, case senza isolamento né aria condizionata, e a un sistema di prevenzione che si è trovato spesso in affanno. Dietro ai numeri stanno i medici dei pronto soccorso, i servizi sociali, il traffico dei soccorsi, gli operatori delle case di riposo e le lunghe ore di lavoro all’aperto di chi non si è potuto fermare.
Come si calcola una «morte da caldo»
Le morti attribuite al caldo non sono sempre etichettate come tali sui certificati di morte. Nella maggior parte dei casi, l’eccesso di temperatura aggrava condizioni preesistenti — insufficienze cardiache, scompensi respiratori, malattie croniche — portando a un decesso che verrà registrato come attacco cardiaco, insufficienza renale, ictus. Gli scienziati però non ragionano solo sulle cause indicate in singolo: mettono in relazione serie storiche di mortalità giornaliera con le anomalie termiche, calcolano l’eccesso di decessi rispetto a un «baseline» (ciò che sarebbe atteso in assenza di ondate di calore) e lo «attribuiscono» mediante modelli epidemiologici e climatici alle temperature osservate.
Gli studi recenti che hanno stimato le morti da caldo in Europa combinano quindi:
- mappe delle temperature osservate e simulate in scenari con e senza riscaldamento causato dall’uomo;
- curve di rischio che traducono ogni grado in più (sopra la soglia di riferimento) in una probabilità aumentata di morte per gruppi di età o fasce di vulnerabilità;
- dati di mortalità giornaliera per città, per confrontare il «reale» con lo «statistico»;
- analisi di sensibilità e intervalli di confidenza per valutare l’incertezza.
È con questi strumenti che i ricercatori britannici hanno stimato che, nella rete di 854 città europee esaminate, si siano verificati decine di migliaia di decessi legati al caldo estivo, e che Milano da sola abbia pagato il tributo più alto fra le città analizzate
Milano: perché così colpita?
Più cause convergono nello spiegare la vulnerabilità milanese.
Clima urbano: isola di calore e notti tropicali
Le città trattengono calore. Il tessuto urbano di Milano — vasti agglomerati di asfalto e cemento, limitata copertura arborea nelle aree centrali e periferiche, densità edilizia elevata — crea il fenomeno dell’isola di calore urbana: di giorno le temperature raggiungono picchi maggiori rispetto alle campagne, di notte il rilascio del calore è lento. Le «tropical nights», notti in cui la temperatura minima non scende sotto soglie tali da consentire un recupero fisiologico, diventano un moltiplicatore di rischio: corpi anziani o malati non trovano sollievo nemmeno nelle ore notturne.
Popolazione anziana e fragilità sociale
Milano è una città di contrasti: quartieri ricchi e aree di marginalità spesso coesistono a poca distanza. Le persone anziane rappresentano una quota significativa dei decessi da caldo; molte di esse vivono in appartamenti singoli, senza aria condizionata, lontane da reti di vicinato che possano intervenire. L’isolamento sociale è un fattore chiave: chi vive solo è meno protetto, meno monitorato.
Case non preparate ed edilizia obsoleta
Gli edifici più vecchi, specie in assenza di adeguati lavori di reforma energetica e di isolamento, diventano forni quando il termometro sale. Le politiche abitative che non hanno incentivato adeguatamente la ristrutturazione — con coibentazioni e sistemi di raffrescamento efficienti — hanno lasciato una parte significativa della città esposta.
Salute pubblica e capacità di risposta
Pronto soccorso e servizi sanitari hanno registrato flussi straordinari: aumenti di accessi per disidratazione, colpi di calore, scompensi cardiaci. La capacità di attivare reti di assistenza domiciliare o di accoglienza refrigerata per i più fragili è stata messa alla prova.
Infrastrutture di lavoro all’aperto
Milano non è solo uffici: logistica, edilizia, manutenzione stradale e tante attività legate al lavoro all’aperto hanno continuato a svolgersi durante le ondate di calore. Le normative per la protezione dei lavoratori nelle giornate estreme, e la loro effettiva applicazione, sono elementi decisivi.
Un ritratto demografico
I numeri aggregati indicano che la gran parte delle morti da caldo riguarda persone anziane: la fragilità fitto al di sopra dei 65–75 anni è il principale fattore di rischio. Tuttavia, non sono solo i più anziani: le persone con malattie croniche (cardiovascolari, respiratorie, renali), i soggetti con disabilità, i senza fissa dimora, i lavoratori esposti al sole per molte ore, i neonati e le donne in gravidanza presentano vulnerabilità specifiche.
Nelle statistiche di mortalità cittadina emergono alcune situazioni ricorrenti: decessi in abitazioni non climatizzate, ricoveri in serie nelle RSA (residenze assistenziali) durante picchi di temperatura, e un numero elevato di visite al 118 per scompensi legati all’afa.
Il prezzo umano: storie dietro le cifre
Dietro ogni morte c’è una storia: un ottantenne solo in un monolocale del quartiere Ticinese, una donna con problemi di salute costretta a rimanere in casa perché senza risorse, un lavoratore edile che ha accusato un malore nel cantiere durante una giornata da 38 °C. Le famiglie raccolgono ricordi e rimpianti: «Se solo avessimo saputo, se solo fosse arrivata un’ambulanza prima», ripetono chi è rimasto.
Le strutture assistenziali raccontano settimane di tensione: over-booking, personale stanco, confusione sulle procedure. Le associazioni attive nella rete del volontariato hanno fatto da cuscinetto, mettendo a disposizione posti temporanei nei centri ricreativi climatizzati, ma l’offerta è stata limitata rispetto alla domanda.
Quanti sono i decessi in Europa e in Italia
Le analisi condotte da centri di ricerca come l’Imperial College e la London School of Hygiene & Tropical Medicine indicano numeri drammatici per l’estate 2025: decine di migliaia di decessi termicamente collegati in Europa, con una quota rilevante attribuita all’aumento di temperatura dovuto ai gas serra. In Italia, la stima complessiva dei decessi dovuti al caldo si aggira su alcune migliaia (diverse fonti indicano circa 4.500 decessi nel nostro Paese), con Milano in cima alla lista delle città con maggiore mortalità assoluta.
È importante sottolineare che le cifre sono il risultato di modelli che incorporano incertezze — ma anche che convergono su una direzione chiara: il caldo estremo di quest’anno è stato più mortale di quanto ci si sarebbe aspettati in assenza dei cambiamenti climatici.
Il cambiamento climatico
Gli studi di attribuzione climatica mettono in relazione la maggiore frequenza e intensità delle ondate di calore con l’aumento delle temperature medie globali dovute alle emissioni di gas serra. Ogni frazione di grado in più aumenta la probabilità che si verifichino eventi estremi, e aumenta l’intensità di tali eventi. L’analisi comparativa «con-senza» clima umano mostra che una parte consistente dell’eccesso di mortalità — talvolta la maggioranza — sarebbe potuta essere evitata senza il riscaldamento globale.
Questo non significa che il cambio climatico sia l’unico fattore, ma che lo amplifica in modo deciso, trasformando ondate di calore «una-tantum» in eventi ricorrenti e più intensi.
Cosa è stato fatto in città durante l’emergenza
Le autorità locali hanno attivato una serie di misure per tamponare l’emergenza:
Allerta sanitaria e reti di sorveglianza: farmacie e operatori sanitari sono stati messi in rete per segnalare casi gravi; il numero di interventi del 118 è aumentato.
Punti di refrigerio: palestre comunali, centri anziani e biblioteche sono stati temporaneamente aperti come aree climatizzate.
Informazione alla popolazione: campagne radio e social per richiamare alla prudenza, consumo di acqua, evitare uscite nelle ore calde.
Controlli nelle RSA: ispezioni e rinforzo del personale dove necessario.
Consigli ai lavoratori: raccomandazioni a sospendere attività all’aperto nelle ore più calde.
Queste misure hanno mitigato alcuni effetti, ma la domanda è se siano sufficienti per una città che vede l’evento climatico come una caratteristica sempre più probabile dell’estate.
Strategie di adattamento
Per ridurre la vulnerabilità urbana al caldo servono interventi su più livelli, combinando misure a breve termine con strategie strutturali:
Azioni urgenti (entro 12 mesi)
Potenziare i punti di refrigerio e le reti di solidarietà per i soggetti isolati.
Rafforzare le soglie d’allerta e la comunicazione mirata a fasce vulnerabili.
Programmi di distribuzione di ventilatori, idratazione e supporto a chi non può permettersi il raffrescamento.
Tutele per i lavoratori esposti: pause obbligatorie, limitazione oraria, dispositivi di protezione.
Misure strutturali (3–10 anni)
Piano urbano per la mitigazione dell’isola di calore: più alberi, tetti verdi, pavimentazioni permeabili, corridoi d’aria.
Rinnovo energetico massiccio del parco edilizio: incentivi per coibentazione, ombreggiamento, sistemi passivi di raffrescamento.
Standard per edifici pubblici e case di riposo che includano impianti di raffrescamento di emergenza.
Pianificazione territoriale che riduca sprechi di suolo, favorisca spazi aperti e l’accesso all’acqua.
Politiche di lungo termine
Riduzione delle emissioni per limitare l’aumento delle temperature medie (mitigazione).
Investimenti nella salute pubblica: più personale territoriale, medicina preventiva, formazione specifica sui rischi climatici.
Protezione sociale: misure di contrasto alla povertà energetica per evitare che le famiglie a basso reddito rinuncino al raffrescamento.
Il caldo uccide più dove la società è più diseguale
Una lezione chiara è che le conseguenze del caldo non sono distribuite equamente. Le persone più povere, chi vive in alloggi inadeguati, i senza dimora, i lavoratori più esposti, gli anziani isolati pagano il prezzo più alto. Le politiche che riducono la povertà energetica e aumentano l’accesso a servizi di base non sono solo giuste: sono salvavita.
Politica sanitaria e urbana
L’estate 2025 dovrebbe diventare un punto di svolta: chi governa città e regioni non può considerare i disastri da caldo come emergenze isolate. Servono piani di resilienza integrati, finanziamenti stabili e collaborazioni tra settori — salute, ambiente, edilizia, lavoro — per integrare la prevenzione del rischio nel tessuto urbano e sociale.
L’estate che uccide
I numeri sulla mortalità da caldo di quest’anno sono un grido d’allarme: le città europee, e Milano in testa, stanno pagando il prezzo dell’aumento delle temperature. Non si tratta soltanto di meteo o di statistiche: sono vite che si perdono perché il sistema non ha protezioni adeguate. La strada da percorrere è chiara: adattamento rapido, politiche sociali che riducano le disuguaglianze e azioni coraggiose per ridurre le emissioni globali.
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