Caso Claps: la ricostruzione completa del caso di Elisa Claps
Il caso Claps – ovvero il caso di Elisa Claps – è una delle vicende di cronaca nera più drammatiche e controverse in Italia. Si tratta della storia di Elisa Claps, una studentessa sedicenne di Potenza scomparsa nel 1993 e ritrovata solo diciassette anni dopo, assassinata e nascosta in una chiesa della sua città. Il caso ha tenuto con il fiato sospeso l’opinione pubblica per decenni, tra indagini difficoltose, errori investigativi, silenzi e clamorosi sviluppi giudiziari. In questo articolo offriamo una ricostruzione completa e aggiornata del caso Claps, ripercorrendo i fatti principali, il profilo dei protagonisti, le polemiche che hanno accompagnato l’inchiesta e gli sviluppi recenti, così da fornire un quadro chiaro e autorevole di questa tragica vicenda.
Cronologia del caso Elisa Claps (1993 – oggi)
Di seguito ripercorriamo le tappe fondamentali del caso Elisa Claps, dalla scomparsa alla conclusione del processo e oltre:
- 12 settembre 1993: Elisa Claps, 16 anni, scompare a Potenza dopo essere entrata nella chiesa della Santissima Trinità in centro città. È l’ultima volta che viene vista viva.
- Nei giorni successivi (settembre 1993): Le ricerche della famiglia e delle forze dell’ordine iniziano immediatamente, ma senza esito. Sin da subito i sospetti si concentrano su Danilo Restivo, conoscente 21enne di Elisa, ultima persona ad averla incontrata.
- Anni 1990: L’indagine procede a rilento tra misteri e depistaggi, senza prove sufficienti per incriminare qualcuno. La famiglia Claps, in particolare la madre Filomena Iemma, denuncia pubblicamente lacune nelle indagini e continua a chiedere verità, restando per anni senza risposte.
- 12 novembre 2002: A Bournemouth in Inghilterra viene commesso l’omicidio di Heather Barnett, vicina di casa di Danilo Restivo, uccisa con modalità brutali (numerose ferite da taglio e una ciocca di capelli nella mano della vittima). Restivo finisce nel mirino degli inquirenti britannici.
- 17 marzo 2010: Colpo di scena: a Potenza, durante lavori di ristrutturazione, alcuni operai ritrovano i resti del corpo di Elisa Claps nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità. Insieme al cadavere vengono rinvenuti effetti personali della ragazza (occhiali, orologio, orecchini, sandali) e indizi di una probabile violenza sessuale prima dell’omicidio. Dopo 17 anni si ha finalmente la svolta nel caso Claps.
- 8 novembre 2011: Si apre il processo in Italia per l’omicidio di Elisa. Danilo Restivo, già detenuto in Inghilterra, viene giudicato in contumacia con rito abbreviato dal Tribunale di Salerno. Pochi giorni dopo, Restivo è condannato in primo grado a 30 anni di reclusione, più un risarcimento di 700 mila euro alla famiglia Claps.
- 24 aprile 2013: La Corte d’Appello conferma la condanna a 30 anni per Restivo, ritenendolo colpevole dell’omicidio di Elisa. Nel 2014 la sentenza diventa definitiva con il rigetto del ricorso in Cassazione.
- Oggi: Danilo Restivo sta scontando la pena**:** è detenuto in Inghilterra, dove è stato condannato anche all’ergastolo per l’omicidio Barnett. Il caso giudiziario può dirsi formalmente chiuso, ma le polemiche e il dolore intorno alla vicenda di Elisa Claps rimangono vivi, alimentando riflessioni sulla giustizia e sulla verità emersa dopo tanti anni.
Chi era Elisa Claps

Elisa Claps era una ragazza di 16 anni di Potenza, nata il 21 gennaio 1977 e benvoluta da tutti. Ultima di tre figli (sorella minore di Gildo e Luciano), viveva in una famiglia unita: il padre Antonio, commerciante, e la madre Filomena, impiegata, l’hanno cresciuta con solidi valori. Studentessa al terzo anno di liceo classico nel 1993, Elisa era brillante e coltivava il sogno di diventare medico.
La mattina di domenica 12 settembre 1993 Elisa si recò alla messa presso la chiesa della Santissima Trinità, nel centro storico di Potenza. Prima di uscire di casa, disse al fratello Gildo che dopo la funzione li avrebbe raggiunti nella casa di campagna per il pranzo di famiglia verso le 13. In realtà, emerse poi che Elisa quella mattina aveva concordato con un’amica di recarsi in chiesa non solo per la messa, ma soprattutto per incontrare un amico: doveva vedersi con Danilo Restivo, che le aveva chiesto di consegnarle un piccolo regalo per festeggiare un recente esame scolastico superato. Purtroppo, quello fu l’ultimo appuntamento di Elisa: da quel momento di lei si persero le tracce, gettando la famiglia in un incubo durato anni.
L’ultimo incontro con Danilo Restivo e la scomparsa
Danilo Restivo, 21 anni all’epoca, è l’ultima persona ad aver visto Elisa viva. I due si incontrarono quella mattina del 12 settembre 1993 proprio nei pressi dell’altare della chiesa della Trinità. Restivo fu interrogato più volte dagli investigatori e fornì versioni contraddittorie su quanto accaduto. Fin da subito emersero elementi sospetti sul suo conto: poche ore dopo la scomparsa, Danilo si presentò al pronto soccorso con una ferita alla mano, sostenendo di essersi ferito cadendo vicino alla chiesa (dove erano in corso lavori per delle scale mobili). Indossava abiti sporchi di sangue, ma incredibilmente quei vestiti non furono sequestrati immediatamente dagli inquirenti. Nei giorni successivi Restivo si rese irreperibile; quando riapparve, dichiarò di essersi recato a Napoli per sostenere un esame universitario.
Interrogato nuovamente, Danilo ammesse di aver incontrato Elisa quella mattina. Affermò però che si trattò di un incontro innocente: sosteneva di averle chiesto consigli su come conquistare un’amica in comune di cui era innamorato, e aggiunse che Elisa gli avrebbe confidato di sentirsi spaventata da un uomo che la infastidiva in chiesa. Queste dichiarazioni apparvero subito come un possibile tentativo di depistaggio, nel quadro di una vicenda che già presentava inquietanti ombre.
Quando Elisa non arrivò al luogo del pranzo domenicale, la famiglia capì immediatamente che era successo qualcosa di grave. Il fratello Gildo fu il primo a preoccuparsi e a dare l’allarme: contattò i genitori in campagna e poi la polizia, denunciando la scomparsa già nel pomeriggio di quel 12 settembre. Le ricerche partirono tempestivamente, ma non portarono risultati. Per anni, di Elisa non si seppe più nulla.
Danilo Restivo: un profilo inquietante e il delitto in Inghilterra
Sin dalle prime indagini, Danilo Restivo emerse come figura enigmatica e potenzialmente pericolosa. Diversi testimoni lo descrissero come ossessionato dalle ragazze che destavano il suo interesse: era noto per comportamenti morbosi e molestie insistenti. Ad esempio, Restivo telefonava anonimamente alle giovani che lo respingevano restando in silenzio all’altro capo del filo, e arrivava perfino a tagliare di nascosto ciocche di capelli alle ragazze per conservarle come trofei. Alcune amiche di Elisa raccontarono che Danilo l’aveva corteggiata in modo pressante e che lei lo trovava inquietante.
Nonostante i sospetti della famiglia Claps – la madre Filomena aveva indicato Restivo come il possibile responsabile già da subito – le indagini negli anni ’90 non riuscirono a trovare prove conclusive contro di lui. Addirittura, nelle settimane successive alla scomparsa, Danilo fu lasciato libero di trasferirsi per un periodo a Napoli e poi fuori Italia, malgrado restasse il principale indiziato. Questa apparente sottovalutazione contribuì a dilatare tragicamente i tempi della giustizia.
Alla fine degli anni ’90 Danilo Restivo lasciò l’Italia e si trasferì in Inghilterra, nel villaggio di Charminster (Dorset). Lì divenne vicino di casa di Heather Barnett, una sarta 42enne madre di due figli. Il 12 novembre 2002, Barnett venne trovata assassinata nella sua casa di Bournemouth: i suoi figli rientrando da scuola scoprirono il corpo della madre in una pozza di sangue, con evidenti ferite inferte da un paio di forbici e una ciocca di capelli non suoi stretta in mano. Gli investigatori inglesi collegarono subito Restivo a quel delitto a causa del suo passato e delle somiglianze nei modus operandi (la mania dei capelli). Danilo venne arrestato e nel giugno 2011 fu condannato all’ergastolo dalla Corte di Winchester per l’omicidio Barnett. La notizia della condanna in Inghilterra e il nuovo impulso investigativo resero ancora più pressante il bisogno di far luce sul caso Elisa Claps, rimasto formalmente irrisolto fino a quel momento.
Il ritrovamento del corpo e la svolta nel caso Claps
La svolta cruciale nel caso avvenne nel 2010, a quasi 17 anni dalla scomparsa. Il 17 marzo 2010 alcuni operai, impegnati in lavori di manutenzione nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, rinvennero per caso un corpo mummificato. Quei resti furono identificati come quelli di Elisa Claps. La ragazza era stata uccisa lo stesso giorno della scomparsa e il suo corpo era rimasto nascosto per anni in alto, tra il tetto e il solaio della chiesa dove tutti l’avevano cercata invano. Accanto ai resti si trovarono effetti personali di Elisa – l’orologio, gli occhiali, i sandali, alcuni indumenti – e tracce che fecero ipotizzare una violenza sessuale subita prima della morte.
Il ritrovamento shock scoperchiò anni di possibili omissioni. La famiglia Claps ha sempre sostenuto che Elisa non avesse mai lasciato quella chiesa viva e che qualcuno sapesse più di quanto dichiarato. L’attenzione tornò immediatamente su Danilo Restivo, già sospettato dal 1993. Le analisi scientifiche fornirono la prova decisiva: sulla maglietta di Elisa fu individuata una macchia di sangue misto compatibile col DNA di Restivo, confermando così la sua presenza sulla scena del crimine. A quel punto la Procura procedette finalmente contro di lui per omicidio.
Nel novembre 2011 si aprì quindi il processo in Italia. Restivo, detenuto in Gran Bretagna, fu processato in contumacia. Con rito abbreviato (formula che in Italia comporta uno sconto di pena), l’8 novembre 2011 Danilo Restivo venne condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio di Elisa Claps. La sentenza riconobbe che Elisa fu colpita con numerose coltellate al torace e morì per soffocamento, e sancì in via giudiziaria la responsabilità di Restivo. Nel 2013 la Corte d’Appello di Salerno confermò la condanna e nel 2014 la Cassazione la rese definitiva.
Oggi Restivo rimane in prigione, ma in territorio britannico: sta scontando parallelamente sia la pena italiana (30 anni) sia l’ergastolo inglese. Dal punto di vista giudiziario il caso Claps è chiuso, ma restano aperti ferite e interrogativi sugli aspetti ancora oscuri della vicenda.
Errori investigativi e polemiche nel caso Claps
La storia del caso Elisa Claps è segnata da errori investigativi e polemiche che hanno alimentato indignazione nell’opinione pubblica. In primo luogo, le indagini iniziali del 1993 furono criticate per diverse mancanze: gli inquirenti non sequestrarono immediatamente gli abiti insanguinati di Danilo Restivo al pronto soccorso, perdendo potenziali prove. Inoltre Restivo non venne messo sotto stretta sorveglianza, tanto che poté allontanarsi da Potenza liberamente nei giorni successivi alla scomparsa. La famiglia di Elisa denunciò più volte una sorta di superficialità o sottovalutazione da parte degli investigatori nei primi anni, durante i quali fondamentali indizi – come le testimonianze sulle strane abitudini di Restivo – non vennero approfonditi a dovere.
Un altro punto controverso riguarda la chiesa della Santissima Trinità, luogo del delitto. Già dalle prime ore dopo la scomparsa, i familiari di Elisa vollero ispezionare a fondo la chiesa, convinti che lì fosse accaduto qualcosa. Il fratello Gildo Claps corse sul posto non appena seppe dell’incontro tra Elisa e Restivo, ma non riuscì a entrare: le chiavi quel giorno erano nelle mani del parroco, don Mimì Sabia, assente da Potenza in quel momento. Nelle ore successive, la madre Filomena chiese allo stesso don Mimì se avesse visto Elisa o se conoscesse Danilo Restivo; il sacerdote negò con una frase ambigua – “non conoscevo Elisa e non conosco Danilo” – usando un tempo passato che insospettì molto la famiglia. In seguito, don Mimì dichiarò di conoscere appena la famiglia Restivo, affermazione poi smentita da varie evidenze. Queste circostanze hanno alimentato il sospetto che importanti verità siano state taciute. Don Mimì Sabia, figura al centro delle polemiche, è deceduto nel 2008 senza che tutte le ombre sul suo comportamento fossero dissipate. All’interno della chiesa, dopo la ristrutturazione seguita al ritrovamento del corpo, era stata apposta una targa commemorativa dedicata proprio a don Mimì: un fatto che i familiari di Elisa hanno vissuto come un affronto, ritenendo l’ex parroco indegno di essere onorato in quel luogo tragico.
Il caso Claps è così diventato sinonimo di omertà e silenzi prolungati. In città e sui media si è discusso a lungo di possibili responsabilità istituzionali e depistaggi. La comunità potentina, col passare degli anni, ha preso coscienza della gravità di quanto accaduto e in molti si sono uniti alla famiglia Claps nel chiedere verità completa e giustizia piena. Emblematiche furono le manifestazioni studentesche e civili: ad esempio, si ricorda una marcia di migliaia di studenti per le vie di Potenza che urlavano il nome di Elisa, in segno di solidarietà e di protesta contro i ritardi nell’ottenere giustizia.
Gli sviluppi recenti e la memoria di Elisa Claps
Nonostante gli anni trascorsi, il caso di Elisa Claps continua ad avere sviluppi e a suscitare emozioni. Negli ultimi tempi vi sono state iniziative sia da parte delle istituzioni sia della società civile per mantenere viva la memoria di Elisa e trarre insegnamento da questa tragedia.
In particolare, la chiesa della Santissima Trinità è rimasta a lungo chiusa dopo il ritrovamento del corpo (sotto sequestro fino al 2012 e poi in restauro). La decisione di riaprirla al culto, presa nell’agosto 2023, ha scatenato forti polemiche. Il 24 agosto 2023 la chiesa è stata riaperta tra le proteste: la famiglia Claps si è opposta fermamente, giudicando la riapertura una mancanza di rispetto e sostenendo che in quel luogo sacro non sia ancora stata fatta piena luce su tutti i fatti. L’Arcidiocesi di Potenza ha replicato esprimendo rammarico per le tensioni e auspicando un dialogo con la famiglia, ma senza rinunciare alla riapertura. In segno di protesta, Gildo Claps ha invitato i cittadini a non entrare in quella chiesa, soprattutto in occasione delle prime messe celebrate dopo la riapertura, come gesto di solidarietà verso Elisa. Ancora a novembre 2023 si sono tenuti presidi e sit-in di cittadini e associazioni davanti alla Trinità durante le funzioni religiose, per ricordare a tutti cosa è avvenuto tra quelle mura.
Il 12 settembre 2023, trent’anni esatti dopo la scomparsa di Elisa, la città di Potenza ha organizzato una sentita commemorazione. Un corteo di centinaia di persone è partito dalla casa della famiglia Claps e ha raggiunto la chiesa della Trinità, dove i partecipanti si sono fermati senza entrare, in raccoglimento. In quella occasione, il fratello Gildo – visibilmente commosso – ha ringraziato la folla per la vicinanza e ha ribadito la richiesta di lasciare la chiesa vuota, come atto simbolico in memoria di Elisa.
Le istituzioni locali hanno anche preso provvedimenti per onorare Elisa: nel febbraio 2024 il Comune di Potenza ha approvato all’unanimità l’intitolazione a Elisa Claps dello spazio antistante la chiesa della Trinità. Ora quel largo porta il suo nome, con la motivazione che si tratta di “un atto doveroso” per non far spegnere il ricordo di una giovane vita spezzata, e un monito a coltivare una cultura della non violenza nella comunità. Nel giorno del 32º anniversario, il 12 settembre 2025, mazzi di fiori e fotografie sono stati deposti proprio in quel largo in segno di omaggio.
La famiglia Claps, dal canto suo, continua la sua battaglia perché tutta la verità venga riconosciuta. Mamma Filomena, in occasione dell’ultimo anniversario, ha pronunciato parole durissime verso le autorità ecclesiastiche: ha chiesto pubblicamente che la targa dedicata a don Mimì Sabia dentro la chiesa sia rimossa “a picconate”, considerandola indegna di restare in quel luogo di dolore. Filomena e Gildo ritengono che finché quella lapide resterà al suo posto, simboleggerà il permanere di un “segreto inconfessabile” e di silenzi colpevoli attorno al caso.
Non mancano però iniziative dal forte valore positivo: nel settembre 2024, per il 31º anniversario della morte di Elisa, è stato inaugurato in Congo un ambulatorio medico intitolato a lei, per realizzare simbolicamente il sogno che Elisa aveva di fare la dottoressa in Africa. A darne notizia è stato Gildo Claps, che insieme a organizzazioni umanitarie ha promosso questo progetto benefico nel nome della sorella. Anche il mondo della cultura ha raccontato questa storia: nel 2023 la Rai ha trasmesso una miniserie intitolata “Per Elisa – Il caso Claps”, e numerosi libri, articoli e podcast sono stati dedicati alla vicenda, contribuendo a mantenerne viva l’attenzione.
Riflessioni su giustizia e memoria
Il caso Claps rappresenta una dolorosa lezione sulla ricerca della verità e della giustizia. Ci sono voluti ben 17 anni perché la sorte di Elisa venisse alla luce e oltre 20 anni per ottenere una condanna definitiva, a riprova di quanto possano pesare errori iniziali e omissioni nel ritardare la giustizia. La tenacia della famiglia Claps nel chiedere di “non archiviare” la scomparsa di Elisa è stata determinante: grazie alla loro perseveranza, l’attenzione mediatica non è mai calata e nuove indagini sono state stimolate fino alla svolta del 2010.
Oggi Elisa Claps è divenuta un simbolo: la sua storia invita a riflettere sull’importanza di non arrendersi di fronte ai misteri di cronaca nera e sul dovere delle istituzioni di fare piena luce anche quando il tempo è passato. La vicenda solleva interrogativi profondi su come evitare che errori investigativi simili possano ripetersi, e su come bilanciare perdono e memoria. Potenza e l’Italia intera continuano a ricordare Elisa con affetto e indignazione per l’ingiustizia subita.
A oltre trent’anni dai fatti, il caso di Elisa Claps rimane vivo nella coscienza collettiva: non solo per la tragedia in sé, ma anche per il percorso travagliato verso la verità. Conservare la memoria di Elisa significa anche vigilare affinché nessun’altra famiglia debba aspettare così a lungo per avere giustizia. Chi desidera approfondire ulteriormente questa storia può consultare gli approfondimenti, i documentari e le inchieste giornalistiche dedicate al caso – perché conoscere il caso Claps in ogni suo dettaglio è un modo per onorare Elisa e ribadire che la richiesta di verità e giustizia non si spegne mai.
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