🌐 La Banca centrale russa: ‘Faremo causa per gli asset congelati’
La scena delle relazioni internazionali si è accesa tra tensione diplomatica e strategia legale: la Banca centrale russa ha ufficialmente annunciato che “faremo causa per gli asset congelati” nelle banche europee e in particolare contro il deposito belga Euroclear, dove sono custoditi la maggior parte dei quasi 210 miliardi di euro di riserve russe immobilizzate dall’Unione europea.
La decisione segna un’intensificazione senza precedenti dello scontro politico, economico e giudiziario tra Mosca e Bruxelles sul futuro dell’uso di quei beni come leva finanziaria nel contesto del sostegno a Kiev.
Al tempo stesso, all’interno del vertice europeo sul destino degli asset russi, è risuonata con forza la provocatoria frase di un leader politico polacco: “soldi oggi o sangue domani”, un’espressione drammatica che ha messo in luce il senso di urgenza e le tensioni che attraversano l’Unione nei rapporti con la Russia e nei confronti della guerra in Ucraina.

Asset congelati, guerra economica e vertice UE
Tutto ha origine nella decisione dell’Unione europea, presa il 12 dicembre scorso, di congelare indefinitamente circa 210 miliardi di euro di asset sovrani russi detenuti in istituzioni europee, con l’obiettivo di impedire la restituzione a Mosca finché la Russia non ponesse fine alla sua aggressione contro l’Ucraina e non risarcisse i danni causati dal conflitto. La mossa, adottata sulla base di poteri straordinari del trattato UE, è stata giustificata come una misura straordinaria in tempo di crisi, ma ha scatenato reazioni immediate e minacce di contromisure da parte russa.
Questa decisione permette inoltre all’Unione di discutere l’uso di tali risorse come garanzia per un maxi‑prestito europeo da 90 miliardi di euro a favore dell’Ucraina fino al 2027, in un contesto in cui Kiev rischia di esaurire i fondi per la difesa e la gestione pubblica a partire dalla primavera 2026.
La reazione giuridica di Mosca
La Banca centrale russa, in un comunicato ufficiale, ha reso noto di aver avviato una causa presso il Tribunale arbitrale di Mosca contro Euroclear, la principale istituzione che detiene gli asset congelati, chiedendo un risarcimento di circa 200 miliardi di euro per danni legati all’impossibilità di gestire e accedere ai suoi fondi e titoli. La cifra include non solo il valore nominale dei beni, ma anche i profitti potenziali che Mosca sostiene di aver perso a causa del blocco.
Ma la strategia russa non si ferma lì. La Banca centrale ha annunciato che intende intraprendere azioni legali simili contro altre banche europee che detengono i suoi asset, accusando le autorità dell’Unione europea di tentativi continui di prelievo o uso illegale delle risorse depositate presso istituti europei. Questo messaggio, rilanciato dal canale ufficiale Telegram della banca, riflette la determinazione di Mosca a sfruttare tutte le vie legali possibili per contestare la legittimità delle misure europee.

La reazione europea non si è fatta attendere: fonti comunitarie e governi membri hanno definito le cause russe priv ed i tentativi di pressione giuridica frutto di un contesto politico e non di solidi fondamenti di diritto internazionale — sostenendo che la decisione di congelare gli asset si basa su normative esistenti di diritto UE e sul quadro sanzionatorio concordato dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
“Soldi oggi o sangue domani”
Nel cuore del Consiglio europeo, dove i leader hanno discusso sul piano di utilizzo degli asset russi, è emerso un appello forte e quasi apocalittico da parte di un importante politico polacco: “soldi oggi o sangue domani”. Questa dichiarazione, diventata rapidamente virale nei dibattiti diplomatici, sottolinea il livello di frustrazione e di pressione politica che permea le istituzioni UE nel tentativo di trovare una linea comune.
La frase è stata interpretata non tanto come una minaccia diretta, quanto come un avvertimento: se non si trova una soluzione rapida per sostenere l’Ucraina — finanziariamente e militarmente — il conflitto potrebbe allargarsi o intensificarsi, con conseguenze dirette e dolorose anche per l’Europa. L’espressione ha acceso un acceso dibattito politico tra i leader europei, con alcuni che hanno giudicato il linguaggio troppo crudo, mentre altri hanno sottolineato la necessità di una determinazione forte nel confronto con Mosca.
Il peso geopolitico
La disputa sugli asset congelati si inserisce in un contesto più ampio di sanzioni e contrapposizioni legate alla guerra in Ucraina, che dura ormai quasi quattro anni. Fin dall’inizio del conflitto, l’Unione europea e i suoi alleati hanno imposto una serie di restrizioni economiche e finanziarie senza precedenti alla Russia, inclusa la congelazione di riserve estere, l’esclusione di diverse banche russe dal sistema SWIFT e sanzioni settoriali su energia e tecnologia.
Dal canto suo, Mosca ha reiterato più volte che considera queste misure violazioni dei principi di sovranità e di diritto internazionale, minacciando ritorsioni che potrebbero includere il sequestro di beni occidentali in territorio russo o l’avvio di cause legali in molteplici giurisdizioni.

Le incognite legali
Gli esperti di diritto internazionale ricordano che cause come quella messa in campo dalla Banca centrale russa possono avere conseguenze complicate. Anche se una sentenza favorevole in Russia potrebbe non essere direttamente eseguibile in Europa, Mosca potrebbe cercare di far valere i propri diritti in altre giurisdizioni o minacciare contromisure su asset occidentali presenti in territorio russo. In questo scenario, la dimensione politica si intreccia indissolubilmente con quella giuridica, rendendo il conflitto sugli asset congelati un nodo di difficile risoluzione.
Alcuni analisti europei osservano che l’utilizzo degli asset russi come garanzia per un prestito a favore di Kiev rappresenta una innovazione finanziaria senza precedenti, ma comporta anche rischi reputazionali e legali che l’UE dovrà saper governare con attenzione.
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