🌐 “Justice Mission 2025”: la Cina minaccia Taiwan
Pechino aumenta la pressione: “Justice Mission 2025”
Le manovre, secondo le comunicazioni ufficiali della Cina e confermate da varie fonti internazionali, sono state denominate “Justice Mission 2025” e coinvolgono le principali componenti delle forze armate cinesi: esercito di terra, marina, aviazione e forze missilistiche. L’obiettivo dichiarato da Pechino è inviare un “serio avvertimento alle forze separatistiche indipendentiste di Taiwan e alle forze esterne interferenti” (un chiaro riferimento agli alleati di Taipei, in particolare gli Stati Uniti).
📌 L’esercitazione ha comportato dispiegamenti di massa di mezzi militari cinesi nelle acque internazionali e zone contigue all’isola, inclusi cacciatorpediniere, fregate, caccia, bombardieri e droni, che hanno effettuato attacchi a fuoco vivo su bersagli marittimi simulati mentre grandi forze navali e aeree circondavano Taiwan da più direzioni.
Dati diffusi da Taipei hanno parlato di 89 aerei militari cinesi e 28 imbarcazioni operativi vicino alle acque dell’isola, un numero che le autorità taiwanesi hanno definito un “livello di intimidazione militare” senza precedenti in questa fase.
Reazioni da Taipei: mobilitazione e condanna
La risposta taiwanese è stata immediata: il ministero della difesa di Taiwan ha alzato il livello di allerta, dispiegando difese aeree e navali e avviando esercitazioni interne per contrastare possibili minacce. Taipei ha definito le azioni di Pechino un atto di provocazione che mette in pericolo la pace regionale e ha richiamato all’ordine “le forze esterne” che, secondo il governo dell’isola, contribuiscono all’inasprimento delle tensioni con il supporto militare e politico a Taiwan.
La portavoce dell’ufficio presidenziale taiwanese ha affermato che le manovre militari cinesi violano norme internazionali, costringendo Taipei a rafforzare le operazioni di difesa e a mantenere una vigilanza costante sulle rotte marittime e aeree critiche.
Un conflitto “gelato” in evoluzione
Questa ultima ondata di esercitazioni si inserisce in un più ampio contesto di crescenti pressioni militari cinesi su Taiwan negli ultimi anni. La Cina considera infatti l’isola parte integrante del suo territorio nazionale e ha puntato a unificazione, anche con la forza se necessario, pur mantenendo un linguaggio ufficiale di “pacifica riunificazione”.
Negli ultimi mesi e anni, le forze armate di Pechino hanno intensificato pattugliamenti e incursioni nella zona di identificazione della difesa aerea taiwanese (ADIZ) e esercitazioni navali strategiche, segnalando un impegno militare costante. Alcuni esercizi di grande scala precedenti includono le operazioni “Joint Sword” nel 2024, che circondarono l’isola simulando blocchi e attacchi coordinati, e lo “Strait Thunder–2025A” di aprile, volto a testare capacità combinate di terra, mare e aria.
Le esercitazioni del 2022 furono innescate da una visita di alto profilo di un membro del Congresso statunitense a Taipei, e da allora la frequenza e l’intensità delle manovre militari cinesi nel Mar Cinese Orientale sono aumentate considerevolmente.

L’effetto sugli equilibri globali
Parte della recente escalation è chiaramente legata alla dinamica geopolitica più ampia nel Pacifico occidentale. Gli Stati Uniti, principale alleato non ufficiale di Taiwan, hanno recentemente approvato significativi accordi di vendita di armi per miliardi di dollari, rafforzando le capacità difensive di Taipei. Questo ha spinto Pechino a reagire con esercitazioni più imponenti, secondo molti analisti, nella speranza di dissuadere futuri sostegni esterni.
Anche il ruolo del Giappone, con dichiarazioni recenti del suo esecutivo sul possibile coinvolgimento in caso di attacco cinese a Taiwan, ha contribuito ad accelerare la disputa diplomatica e militare tra le principali nazioni della regione.
L’impatto delle attuali manovre va oltre i confini dello Stretto di Taiwan: le esercitazioni con fuoco vivo attorno all’isola hanno causato disagi significativi al traffico aereo e marittimo locale, con cancellazioni di voli e spostamenti di rotte commerciali, mentre osservatori internazionali si interrogano sulle implicazioni per la stabilità regionale.
Per Taipei, l’episodio rafforza la percezione di essere circondata da una minaccia crescente, non più limitata a occasionali voli o incrociatori in acque contese, ma a strategie di assedio simulate in grado di testare la resilienza dell’isola e il suo sostegno internazionale. Per Pechino, invece, le esercitazioni rappresentano una dimostrazione di forza e determinazione nel perseguire “l’integrità territoriale” e scoraggiare movimenti indipendentisti.

Il rischio di escalation
L’episodio del 29 dicembre 2025 mostra come la tensione nel Mar Cinese Orientale sia lontana da qualsiasi soluzione rapida. Da una parte, Taiwan continua a rafforzare la sua difesa e a cercare cooperazione con partner globali; dall’altra, la Cina aumenta la propria presenza militare e il suo arsenale strategico, consolidando una postura aggressiva nel perimetro più sensibile del Pacifico.
Il futuro della regione dipenderà quindi da un delicato equilibrio tra deterrenza e dialogo diplomatico: un equilibrio che rischia di spezzarsi per la pressione congiunta di strategie militari, alleanze internazionali e rivalità di lunga data che rendono lo Stretto di Taiwan uno dei punti più caldi nella geopolitica mondiale del XXI secolo.
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