🌐 Addio a Brigitte Bardot, icona del cinema francese e mondiale
Un mito del cinema mondiale
Nata a Parigi il 28 settembre 1934, Brigitte Anne-Marie Bardot è entrata giovanissima nel mondo dello spettacolo: dapprima ballerina, poi modella, apparve sulla copertina di Elle a soli 15 anni, preludio di una carriera che la portò rapidamente sotto i riflettori internazionali.
La svolta arrivò nel 1956 con E Dio creò la donna (Et Dieu… créa la femme), diretto da Roger Vadim, suo primo marito. Il film, con la sua performance sensuale e ribelle, la consacrò come simbolo di stile e di emancipazione sessuale, segnando l’inizio di un decennio in cui la sua immagine divenne emblema della Nouvelle Vague e del cambiamento culturale degli anni ’60.
Con più di cinquanta film all’attivo, Bardot ha lavorato con autori prestigiosi e affiancato numerosi protagonisti del cinema europeo. Oltre a E Dio creò la donna, pellicole come Il disprezzo (Le Mépris) di Jean-Luc Godard rimasero nella memoria collettiva, testimoniando il suo ruolo di musa e innovatrice del linguaggio cinematografico.
La donna e il simbolo
📌 Brigitte Bardot non è stato solo un volto bello e iconico. La stampa internazionale la definì spesso “sex symbol”, un’etichetta che ella stessa, nel corso degli anni, tentò di smantellare, consapevole della complessità della propria immagine pubblica. Il suo stile, tra capelli biondi, occhi intensi e un atteggiamento di libertà, influenzò la moda degli anni ’60 e ancora oggi è riferimento per stilisti e fotografi.
Sebbene spesso associata all’idea di libertà femminile, Bardot visse una complessa contraddizione personale: la celebrità e l’oggettificazione la portarono a esprimere sentimenti ambivalenti nei confronti della propria immagine, strumento di ammirazione ma anche di profonda vulnerabilità.
Negli anni ’70, con un colpo di scena poco comune per una star del suo calibro, Bardot decise di ritirarsi dalle scene cinematografiche per dedicarsi all’altra grande passione della sua vita: la protezione degli animali. Nel 1986 fondò la Fondation Brigitte Bardot pour la protection et le bien-être des animaux, con l’obiettivo di combattere la crudeltà verso gli animali, promuovere l’adozione responsabile e sostenere campagne contro pratiche ritenute inaccettabili come il trattamento crudele nei mattatoi, la caccia alle foche o il maltrattamento di animali domestici.
La sua dedizione era totale e costante: fino all’ultimo, persino nella sua ultima pubblicazione sui social, la Bardot ha lanciato appelli per l’adozione di cani e per una maggiore attenzione verso gli animali più vulnerabili.

Un’eredità controversa
Accanto all’ammirazione, la figura di Bardot ha raccolto anche critiche e polemiche. Negli ultimi decenni della sua vita, il suo impegno animalista si intrecciò con prese di posizione sociali e politiche controverse, soprattutto riguardo all’immigrazione e alle tradizioni culturali legate a pratiche religiose. Per queste e altre dichiarazioni fu più volte processata e condannata dalla giustizia francese per incitamento all’odio. Questa parte del suo percorso ha generato un dibattito intenso: da un lato, sostenitori la ricordano come una paladina della causa animale; dall’altro, critici sottolineano come alcune sue dichiarazioni abbiano contribuito a polarizzare l’opinione pubblica francese su temi sensibili.
La notizia della morte ha suscitato un’ondata di emozione in Francia e oltre: fan, attivisti per il benessere animale e personalità del mondo della cultura hanno ricordato Bardot come una figura che ha plasmato un’epoca. Anche il Presidente della Repubblica francese Macron ha espresso il suo cordoglio, definendola “una leggenda vivente del cinema e della cultura francese”.
Nei principali centri di Parigi e nella sua amata Saint-Tropez, luogo che l’attrice contribuì a rendere celebre in tutto il mondo, ammiratori hanno deposto fiori e messaggi di commiato fuori dalle statue e dai siti a lei dedicati.

La vita di Brigitte Bardot è stata, in molteplici modi, specchio di un secolo di trasformazioni culturali: dall’esplosione della cultura pop degli anni ’50 alla globalizzazione mediatica, dalla conquista di libertà individuali fino alle accese discussioni contemporanee su identità, diritti e responsabilità sociale.
È impossibile raccontare la storia del cinema e della cultura del XX secolo senza menzionare il suo contributo — non solo come volto iconico, ma come specchio delle tensioni e delle aspirazioni della modernità. Con la sua scomparsa si chiude un capitolo intenso di storia culturale, lasciando a critici e ammiratori l’eredità di una vita vissuta con passione, audacia e, spesso, controversa.
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