12:36 pm, 26 Dicembre 25 calendario

🌐 Colpita raffineria russa con missili inglesi Storm Shadow

Di: Redazione Metrotoday
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L’Ucraina conferma di aver lanciato missili “Storm Shadow” contro una raffineria nel sud della Russia, provocando esplosioni e un vasto incendio: un nuovo capitolo della strategia di colpire le infrastrutture petrolifere per indebolire l’economia bellica del Cremlino. L’attacco si inserisce in una serie di raid mirati all’industria energetica russa, divenuta ormai un fronte centrale della guerra.

Il conflitto russo-ucraino si sposta sempre più lontano dalla linea del fronte e colpisce il cuore dell’economia russa. Nelle ultime ore Kiev ha confermato di aver attaccato la raffineria di Novoshakhtinsk, nella regione russa di Rostov, con missili a lungo raggio Storm Shadow di fabbricazione britannica, provocando «numerose esplosioni» e danni ancora in corso di valutazione.

Secondo lo Stato maggiore ucraino, il sito preso di mira rappresenta uno dei più grandi impianti di raffinazione del Sud della Russia, con un ruolo diretto nell’approvvigionamento di carburante per le forze armate di Mosca impegnate nei territori occupati.

Il raid conferma una tendenza ormai consolidata della guerra: colpire l’energia come strumento militare. Da mesi, infatti, le infrastrutture petrolifere e del gas costituiscono uno degli obiettivi principali delle operazioni ucraine di “deep strike”, cioè attacchi in profondità nel territorio nemico.

Missili anglo-francesi e panico in Russia

📌   Il bombardamento della raffineria di Novoshakhtinsk è avvenuto nella mattinata del 25 dicembre, attorno alle 10-11 ora locale. Esplosioni e fumo sono stati segnalati dai residenti e ripresi in immagini circolate sui social, mentre le autorità hanno lanciato un allarme aereo.

I missili Storm Shadow – forniti dal Regno Unito e progettati per colpire obiettivi strategici lontani con alta precisione – sono stati già impiegati dall’Ucraina in passato, soprattutto in Crimea e in basi russe d’aviazione.

Il loro raggio d’azione, stimato attorno ai 250 chilometri, consente alle forze ucraine di raggiungere infrastrutture oltre le linee nemiche, trasformandole in armi di interdizione strategica contro logistica, depositi e centri di comando.

Secondo fonti ucraine, l’attacco faceva parte di una più ampia operazione volta a «minare il potenziale militare ed economico della Russia».

Una strategia militare ormai chiara

L’attacco alla raffineria si inserisce in una strategia dichiarata: danneggiare l’industria energetica russa, riducendo carburante e profitti che finanziano la guerra.

Dalla fine del 2024, secondo stime di analisti, almeno 58 strutture energetiche russe sono state colpite con droni e missili a lungo raggio. 

In molti casi gli impianti colpiti hanno sospeso o ridotto la produzione, con un impatto misurabile anche sui bilanci dello Stato russo, che dipende in larga parte dalle esportazioni di gas e petrolio.

L’obiettivo dichiarato di Kiev è duplice:

  • limitare la capacità operativa dell’esercito russo, costringendolo a razionare carburanti;

  • colpire le entrate fiscali di Mosca, rendendo più costosa e meno sostenibile la prosecuzione del conflitto.

Un fronte che si espande oltre il Donbass

L’attacco di Natale è solo l’episodio più recente di una serie sempre più ampia di operazioni che vanno oltre il fronte geografico tradizionale. Negli ultimi mesi l’Ucraina ha preso di mira:

  • impianti petroliferi nel Volga e nella Bashkiria, a più di 1.000 km di distanza, dimostrando la capacità di colpire in profondità nel territorio russo;

  • porti energetici e terminal di stoccaggio nel Mar Nero e nel Caspio, con l’uso combinato di droni e munizioni di precisione;

  • navi della cosiddetta “shadow fleet”, usate per eludere le sanzioni occidentali e vendere petrolio sul mercato internazionale.

Tutti obiettivi che condividono la stessa finalità: indebolire la resilienza economica russa.

Colpire il carburante per fermare i carri armati

Le raffinerie colpite non sono strutture qualunque. Producono diesel, kerosene e altri combustibili necessari alla logistica militare. L’impianto di Novoshakhtinsk alimenta in parte le operazioni delle forze russe nel sud-est dell’Ucraina, fornendo carburante per mezzi terrestre e aviazione.

Da mesi, esperti militari sostengono che centrare i nodi energetici sia “il modo più efficiente” per logorare lo sforzo bellico avversario, più efficace perfino di colpire fabbriche di droni o munizioni.

Questa dottrina, nata nei think tank militari e adottata progressivamente da Kiev, punta a trasformare l’energia in terreno di battaglia.

Il Cremlino ha minimizzato i danni, parlando di incendio limitato e di sistemi di difesa che avrebbero abbattuto parte dei missili. Ma il caso solleva anche interrogativi politici e diplomatici.

Il Regno Unito – fornendo a Kiev i Storm Shadow – ha implicitamente accettato la possibilità che tali armi vengano impiegate su obiettivi nel territorio russo, con il rischio di spingere il conflitto oltre la guerra di posizione.

Già nel 2024 l’autorizzazione a impiegare armi occidentali contro obiettivi in Russia era stata valutata con cautela dagli alleati, preoccupati di una possibile escalation diretta tra NATO e Mosca.

Un conflitto sempre più energetico

L’attacco natalizio conferma una trasformazione del conflitto: la guerra in Ucraina è diventata anche una guerra per l’energia, dove oleodotti, centrali e raffinerie diventano bersagli militari come ponti e basi navali.

I colpi inferti all’industria russa hanno già avuto effetti economici significativi: parte delle capacità di raffinazione del Paese è rimasta ferma, riducendo l’export di prodotti raffinati e costringendo Mosca a rivedere logistica e approvvigionamenti.

Per il Cremlino, che dipende dalle entrate energetiche per finanziare il bilancio federale e le operazioni militari, si tratta di un colpo delicato.

Il bombardamento della raffineria russa è solo l’ultimo segnale di una guerra che continua a mutare: dalla battaglia di territorio del 2022 si è passati gradualmente alla guerra delle infrastrutture, in cui la vittoria non si misura solo in città conquistate ma nella capacità di resistere al logoramento economico.

Gli analisti non escludono che, nelle prossime settimane, nuove infrastrutture energetiche possano diventare bersaglio da entrambe le parti, con ritorsioni su centrali elettriche ucraine o depositi militari russi.

Il raid contro la raffineria russa segna dunque un nuovo capitolo della guerra: un conflitto sempre più globale, dove la linea del fronte attraversa anche oleodotti, terminal petroliferi e bilanci statali.

L’attacco ucraino con missili Storm Shadow contro una raffineria russa evidenzia come l’energia sia divenuta l’asse strategico della guerra contemporanea. La disperazione di chi difende il proprio territorio e la necessità di indebolire l’avversario spingono sempre più verso conflitti che non si combattono solo con carri armati e trincee, ma anche con droni, missili e infrastrutture critiche.

Il fronte energetico, ormai, è destinato a restare centrale almeno quanto quello militare.

26 Dicembre 2025
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