🌐 La Natività di Piero della Francesca, un capolavoro per Natale
Dopo un lungo restauro, la celebre Natività ritorna in mostra tra armonia, simbolismo e discussioni sulla conservazione
Durante le festività natalizie, uno dei capolavori più meditativi e raffinati del Rinascimento italiano è tornato ad attirare l’attenzione degli amanti dell’arte di tutto il mondo. La “Natività” di Piero della Francesca, realizzata nella seconda metà del Quattrocento e oggi esposta alla National Gallery di Londra dopo un lungo intervento di restauro, è di nuovo protagonista di un dibattito che fonde storia, estetica e conservazione.
L’opera, dipinta tra il 1470 e il 1475, rappresenta una delle raffigurazioni più profonde della scena sacrale della nascita di Cristo, ambientata non nella tradizionale grotta ma in uno spazio aperto che richiama i paesaggi toscani e umbri, con un uso rigoroso della prospettiva, della luce e della forma che incarnano l’essenza del linguaggio rinascimentale.
L’occasione del “ritorno” in mostra della Natività coincide con il periodo natalizio, trasformando la visione del dipinto in un’esperienza quasi liturgica per i visitatori, che possono riscoprire un’opera che da secoli incarna il senso del mistero cristiano attraverso un equilibrio tra realtà naturale e simbolismo spirituale.

Un’opera tra storia, destino e mistero
Piero della Francesca (nato intorno al 1415/20 e morto nel 1492) è considerato uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano per il suo approccio rigoroso alla prospettiva, la sua sensibilità per la luce e la sua capacità di conferire alle figure umane una calma solenne e meditativa. La Natività, conservata da lungo tempo alla National Gallery, non ha una destinazione originale documentata con certezza, ma si ritiene che fosse destinata ad uno spazio domestico o privato, forse commissionata dallo stesso artista o da un mecenate vicino alla sua cerchia familiare.
Per decenni, il dipinto è stato oggetto di fraintendimenti riguardo al suo stato: a lungo considerato incompleto, oggi si pensa che la sua mancanza di ombre e alcune scelte stilistiche apparenti fossero volute dal maestro stesso, legate a interpretazioni mistiche della scena e forse ispirate alle visioni di Sante come Santa Brigida di Svezia, che descrisse la nascita di Cristo come un evento di luce pura e silenziosa.
Nel corso dei secoli, il dipinto ha sofferto l’usura del tempo, puliture troppo aggressive e danni alla tavola di legno. Quando la National Gallery lo acquisì nel 1874, era in condizioni fragili: crepe nel supporto e colori sbiaditi avevano quasi cancellato alcune figure, in particolare i pastori sullo sfondo.
Il restauro che ha riportato la Natività in mostra
Negli ultimi anni, un progetto di conservazione durato oltre tre anni ha restituito alla “Natività” una leggibilità che rispecchia maggiormente l’intento originario dell’artista. I restauratori della National Gallery, guidati da esperti in conservazione dei dipinti su tavola, hanno lavorato con estrema cautela per consolidare il supporto, pulire con tecniche appropriate le superfici e ripristinare aree di colore andate perdute.
Il risultato è una scena in cui il gioco di luce sulle figure, il rilievo delle pietre della capanna, le armonie cromatiche degli angeli e la quiete solenne della Vergine e di san Giuseppe appaiono con chiarezza nuova, offrendo al pubblico contemporaneo un’esperienza visiva quanto mai vicina alla visione rinascimentale originale.
Questa operazione ha anche risolto alcune delle vecchie domande su un’opera spesso considerata “incompiuta”: ora si legge con maggior nitidezza il gesto di uno dei pastori che indica il raggio di luce che attraversa il tetto della stalla — dettaglio finora perduto — elemento che amplifica la valenza simbolica della scena.

Natale, simbolo di rinascita culturale
La “Natività” di Piero della Francesca non è soltanto un dipinto: è un ponte tra spiritualità, arte e tempo umano. La figura della Vergine, inginocchiata in un’atmosfera di silenzio quasi meditativo, non è la tradizionale Madonna dei presepi popolari, ma una presenza intensa e contemplativa che invita il visitatore moderno a riflettere sul significato più profondo del Natale.
Il paesaggio, unito alla prospettiva geometrica perfetta, trasforma una piccola scena della Natività in una visione cosmica, dove il divino e l’umano si incontrano nella luce pura del primo mattino. Questa dimensione spirituale è parte della grande eredità del Rinascimento, periodo in cui l’arte cercava non solo di rappresentare il mondo visibile, ma di elevarlo a simbolo di perfezione e armonia.
Il ritorno della Natività nelle sale della National Gallery durante il periodo natalizio diventa quindi anche un evento culturale globale, richiamando visitatori da ogni parte del mondo e ricordando come i grandi capolavori della storia dell’arte non siano semplicemente oggetti da ammirare, ma finestre attraverso cui comprendere l’animo umano, il trascendente e la storia stessa della civiltà occidentale.
Le discussioni attorno al restauro
Tuttavia, non tutti gli addetti ai lavori hanno accolto con favore ogni aspetto dell’intervento conservativo. Alcuni critici hanno definito certe scelte tecniche del restauro come troppo invasive, sostenendo che parti della resa cromatica o delle forma siano state alterate più di quanto necessario, minacciando così l’autenticità storica della visione originale di Piero.
Questa discussione, seppur specialistica, sottolinea quanto sia delicato il lavoro dei restauratori: da una parte la necessità di far riemergere la bellezza perduta, dall’altra quella di rispettare l’integrità storica dell’opera. È un dibattito che ricorre spesso quando opere di simile importanza vengono riportate alla luce, in cui il confine tra conservazione e reinterpretazione resta sottile .
L’eredità di Piero
La Natività resta oggi uno dei massimi esempi di come l’arte rinascimentale italiana abbia saputo coniugare disciplina tecnica, ricerca spirituale e innovazione visiva. L’opera è una testimonianza della visione artistica di Piero della Francesca, maestro non solo della forma ma anche della luce e dello spazio, capace di trasformare una scena sacra in un’esperienza estetica che trascende il tempo.
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