🌐 L’Ue ci ripensa e salta lo stop ai motori termici
Dopo intense pressioni politiche e industriali, l’Unione europea rivede il suo progetto più simbolico sul Green Deal: salta lo stop ai motori termici previsto per il 2035, sostituendolo con un obiettivo di riduzione delle emissioni CO₂ più flessibile.
📌 La svolta politica che ha sorpreso osservatori, governi e lobby ambientaliste, l’Unione europea ha annunciato una profonda revisione della normativa sulle emissioni delle automobili che di fatto cancella lo stop ai motori termici programmato per il 2035. Una decisione che rivoluziona il percorso normativo avviato con il pacchetto Fit for 55 e il regolamento approvato nel 2023.
Fino a pochi giorni fa, la legge europea stabiliva che dal 1° gennaio 2035 tutte le auto nuove vendute nell’UE dovessero avere emissioni nette di CO₂ pari a zero, un traguardo che nella pratica significava l’eliminazione delle auto con motori termici — petrolio, diesel e persino ibridi non completamente elettrici — dal mercato europeo.
Tuttavia, il Consiglio dei ministri, il Parlamento europeo e la Commissione hanno deciso di fare marcia indietro: lo stop totale ai motori termici salta, sostituito da un obiettivo più “morbido” di riduzione delle emissioni CO₂ del 90% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2021.
Gli equilibri politici dietro la retromarcia
La decisione arriva dopo mesi di pressione politica, soprattutto da parte di Germania e Italia, due dei principali paesi con forti interessi nel settore automobilistico. Le grandi case tedesche, così come gruppi come Stellantis in Italia, avevano espresso preoccupazione per la competitività globale dell’industria europea di fronte alla crescente concorrenza di Cina e Stati Uniti.
Secondo il presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber, la proposta di eliminare il divieto totale è un “segno di neutralità tecnologica” e offre maggiore certezza alle imprese che devono pianificare i loro investimenti per il futuro.
La Commissione — attraverso dichiarazioni dei suoi portavoce — ha cercato di giustificare la scelta come un compromesso intelligente tra tutela dell’ambiente e sostenibilità industriale, con l’obiettivo di preservare posti di lavoro e know-how tecnologico in Europa.
Come funziona il nuovo sistema
Dal punto di vista normativo, la maggiore novità riguarda la trasformazione del divieto di vendita in un obiettivo di prestazione: invece di un 100% di riduzione delle emissioni di CO₂ entro il 2035, i costruttori dovranno raggiungere una soglia pari al 90% rispetto al 2021.
Il restante 10% di emissioni potrà essere compensato con l’impiego di tecnologie “verdi” come:
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Acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’UE.
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Carburanti sostenibili (e-fuel o biofuel avanzati, esclusi quelli di origine alimentare).
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Modelli plug-in hybrid o con range extender che combinano batteria ed endotermico in modo più efficiente.
Inoltre, nel pacchetto di misure è previsto un sistema di incentivi per la produzione di piccoli veicoli elettrici (EV) prodotti in Europa, simile a quanto fatto in paesi come Norvegia o Giappone, per stimolare sia la domanda che l’offerta di auto a zero emissioni.
Reazioni a catena: industrie, ambientalisti e governi
Le reazioni non si sono fatte attendere. La decisione dell’UE ha diviso opinioni e interessi:
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Lobby industriali e grandi case automobilistiche hanno accolto positivamente la maggiore flessibilità, sottolineando la necessità di tempi più lunghi e la tutela dei posti di lavoro nel settore manifatturiero.
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Associazioni ambientaliste e alcuni costruttori EV hanno invece denunciato una perdita di ambizione climatica, avvertendo che la modifica potrebbe rallentare la transizione verso l’elettrico e compromettere gli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050.
Diversi governi nazionali hanno espresso soddisfazione, mentre altri paesi europei orientati più deciso verso l’elettrico — come la Svezia o i Paesi Bassi — hanno espresso dubbi su come questa flessibilità si tradurrà in risultati concreti nella riduzione delle emissioni.
Il ritorno dei termici… con condizioni
Il nuovo quadro normativo non semplicemente “rende legali” le auto termiche: le condizioni sono stringenti. Le automobili dotate di motore a combustione non dovranno superare rigidi limiti di CO₂ — come parte del 90% — e dovranno essere bilanciate dalla tecnologia e dai carburanti sostenibili.
Le auto ibride plug-in, quelle con range extender e i modelli dotati di tecnologie avanzate a basso impatto rimangono quindi sul mercato, ma non senza paletti rigorosi.
Un percorso a tappe: dal 2035 al 2040 e oltre …
Alcune fonti giornalistiche internazionali e analisi di settore hanno suggerito che l’UE stia creando le basi per spingere il completo abbandono dei motori termici oltre il 2035, forse verso il 2040, se le condizioni di mercato e tecnologiche lo richiederanno.
Ciò riflette la complessità di una transizione che non è più solo tecnologica, ma anche geopolitica: competere con i produttori di EV cinesi e americani, garantire un’industria europea forte, tutelare i consumatori e al contempo rispettare gli impegni climatici globali è una sfida che va oltre il semplice divieto di vendita.
Marcia indietro e nuova rotta
La decisione dell’Unione europea di far saltare lo stop ai motori termici dal 2035 segna una svolta nel modo in cui Bruxelles gestisce le sue politiche climatiche e industriali. Non si tratta di un abbandono delle ambizioni ambientali, ma piuttosto di una ridefinizione di come raggiungerle nel contesto di mercati, tecnologie e competizioni globali in rapida evoluzione.
In gioco ci sono non solo le strategie industriali, ma anche il futuro delle città, della qualità dell’aria, delle scelte dei consumatori e del ruolo dell’Europa in un’economia mondiale sempre più orientata verso la sostenibilità.
La marcia indietro non chiude il capitolo della mobilità ecologica, ma apre un dibattito più ampio sul prezzo, i tempi e le strategie con cui il Vecchio Continente affronterà la transizione verde nei prossimi decenni.
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