9:58 am, 11 Dicembre 25 calendario

🌐 Sperma con gene cancerogeno, allarme nella fecondazione assistita

Di: Redazione Metrotoday
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Un donatore ha contribuito alla nascita di quasi 200 bambini in Europa usando sperma che presentava una mutazione del gene TP53, associata a un altissimo rischio di cancro. Alcuni piccoli sono già malati o deceduti. L’inchiesta smaschera gravi lacune nei controlli genetici e nelle normative Europee sulla donazione, aprendo un dibattito urgente su etica, salute e regolamentazione transnazionale.

Una scoperta che agita l’Europa

📌  Un ampio filone investigativo, condotto da 14 emittenti pubbliche europee in collaborazione con diversi media internazionali, ha rivelato che un singolo donatore — identificato come anonimo, ma con codice 7069 — ha fornito sperma a decine di cliniche di fecondazione assistita in tutta Europa per circa 17 anni.

Stando ai risultati, quel seme conteneva una mutazione ereditaria nel gene TP53, la cui funzione è quella di controllare la replicazione cellulare e prevenire trasformazioni tumorali: mutazioni in TP53 sono legate alla sindrome di Li‑Fraumeni syndrome, una condizione genetica estremamente grave, con un rischio stimato fino al 90% di sviluppare tumori nel corso della vita.

Il dato più allarmante: almeno 197‑200 bambini sono stati concepiti grazie a quel seme donato, in un arco di tempo che va dal 2005 ai primi anni ’20. Alcuni di loro risultano già affetti da tumori, altri — secondo genetisti — saranno esposti per tutta la vita a un pericolo molto alto. 

Secondo quanto ricostruito, le cliniche coinvolte si estendono su almeno 14 Paesi, e in alcuni casi le regole nazionali sono state violate: in Belgio, ad esempio, sono nati oltre 50 bambini da medesimo donatore, nonostante la normativa prevedesse un limite molto inferiore per donatore.

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Il sistema fallito

Screening insufficienti e limiti biologici

🔎 Il donatore in questione si sottopose agli esami di routine previsti da una banca del seme danese (la European Sperm Bank – ESB) e risultava in buona salute. Tuttavia, la mutazione — una forma di “mosaicismo germinale” — era presente in circa il 20% delle sue cellule germinali (spermatozoi), e non era rilevabile con gli screening standard su sangue o tessuto.

Questo caso mette in luce un limite strutturale: gli attuali controlli genetici su donatori non sono in grado di cogliere tutte le mutazioni potenzialmente pericolose, in particolare quelle rare o non ancora ben documentate. In altre parole: passano i filtri, ma il seme può nascondere “bombe genetiche”.

Un genetista coinvolto ha definito la scoperta «un evento straordinariamente improbabile» — una “coincidenza tragica” tra una mutazione rara e un uso massiccio e prolungato dello sperma di un singolo donatore.

Un quadro normativo disomogeneo e pericoloso

Un’altra falla del sistema riguarda le regole sulla donazione e sulla distribuzione transnazionale. Ogni Paese europeo applica limiti diversi al numero di famiglie che possono utilizzare lo sperma di uno stesso donatore: da solo 1‑3 famiglie in alcuni paesi, fino a 10 o più in altri. E non esiste una normativa condivisa a livello europeo sul numero massimo totale di bambini derivanti da un unico donatore.

Nel caso in questione, la banca danese aveva una soglia interna — 75 famiglie — ma a causa della distribuzione internazionale e della mancanza di un sistema di tracciamento reale, quella soglia è stata ampiamente superata senza che nessuno se ne accorgesse, in molti casi.

La situazione è resa più critica dall’anonimato: molte donazioni avvengono senza che figli e genitori sappiano chi è il donatore, rendendo quasi impossibile tracciare i rischi genetici una volta scoperti. Alcuni Paesi, come la Belgio, stanno proprio valutando di rimuovere l’anonimato in risposta allo scandalo.

Le prime segnalazioni risalgono al 2025, quando alcuni pediatri hanno notato che bambini provenienti da trattamenti di fecondazione artificiale presentavano tumori molto rari per la loro età — leucemia, linfomi, tumori cerebrali. Dopo accertamenti genetici, è emersa la stessa mutazione ereditaria in TP53.

Al momento, su 67 casi inizialmente identificati, 23 bambini sono risultati portatori della mutazione. Di questi, 10 hanno già sviluppato un tumore. Alcuni sono purtroppo deceduti.

Le famiglie coinvolte vivono oggi con un incubo quotidiano: visite mediche, controlli costanti, incertezze sul futuro. Uno scenario inimmaginabile per un progetto di genitorialità che partiva dall’idea di dare una vita. Alcuni genitori si possono ancora considerare “fortunati”: i figli non mostrano segni, ma il rischio resta elevatissimo. Altri, invece, si trovano ad affrontare terapie, diagnosi drammatiche, lutti.

Le reazioni sono di dolore, rabbia, sfiducia. Molte famiglie chiedono giustizia, trasparenza, risposte su come sia stato possibile che uno sperma “apparso sicuro” contenesse una mutazione così grave.

Pressioni morali e responsabilità delle istituzioni

Il caso ha scatenato reazioni forti e immediate tra genetisti, medici e bioeticisti. Diversi specialisti chiedono che si introduca con urgenza una regolamentazione europea unica per la donazione di gameti: limiti rigidi al numero di nascite per donatore, obblighi di registrazione e tracciabilità, e — là dove possibile — abolizione dell’anonimato.

Alcuni esperti sostengono che non si potrà mai eliminare completamente il rischio genetico — non esiste screening perfetto per ogni possibile mutazione — ma che almeno si può ridurre la diffusione indiscriminata dello stesso patrimonio genetico. Un sistema in cui decine o centinaia di bambini in vari Stati nascano dallo stesso donatore aumenta esponenzialmente il rischio che una rara malattia ereditaria si propaghi.

In Belgio, dopo lo scandalo, il governo ha annunciato di voler eliminare l’anonimato per donatori di gameti, come già avvenuto in Francia nel 2022.

Allo stesso tempo, cresce la pressione per creare un registro europeo centralizzato delle donazioni, capace di monitorare quante nascite derivano da ciascun donatore — un tabù finora evitato da molti Paesi per ragioni di privacy e competizione tra cliniche.

Le banche del seme coinvolte, a partire dalla European Sperm Bank, si sono scusate con le famiglie e hanno affermato di aver bloccato immediatamente il donatore una volta scoperta la mutazione. Però hanno riconosciuto che gli strumenti di screening attuali non avrebbero potuto rilevare la mutazione, e che la diffusione internazionale del seme ha reso impossibile tracciare in tempo reale quanti bambini fossero coinvolti.

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Rischio genetico, consanguineità e fertilità commerciale

Questo caso non parla solo di un gene mutato: è un campanello d’allarme su come l’industria della fertilità — in particolare quella commerciale — possa creare situazioni sistemiche di rischio. Quando un singolo donatore fornisce spermatozoi a decine di cliniche e centinaia di famiglie in più Stati, aumenta il potenziale di errori, di abuso del numero di nascite, di diffusione di patologie genetiche ereditarie.

Un altro problema è la consanguineità involontaria: una volta adulti, molti di questi “fratelli biologici” potrebbero non conoscere l’esistenza l’uno dell’altro — e magari, incontrarsi, ignorando il legame genetico. Questo pone questioni etiche e genetiche rilevanti, in particolare nelle generazioni future. Alcuni bioeticisti segnalano che la liberalizzazione della donazione e l’anonimato aumentano il rischio di “matrimoni biologici” inconsapevoli.

Infine, c’è la questione della commercializzazione della fertilità: gameti venduti come “prodotto”, con limiti flessibili, trasporti internazionali, poca trasparenza. Lo scandalo mette in discussione il modello attuale — a favore, forse, di un approccio più conservativo, più regolamentato, più responsabile.

L’appello degli esperti: regole nuove, trasparenza e tutela dei diritti

Le richieste che emergono da medici, genetisti e associazioni sono chiare:

  • Istituire un registro europeo obbligatorio di donatori, con tracciamento delle nascite e delle destinazioni.

  • Limitare drasticamente il numero di figli per donatore — non secondo regole nazionali diverse, ma un tetto europeo uniforme.

  • Revisione delle pratiche: monitoraggio genetico più approfondito, dove possibile, e regole di informazione e trasparenza per le famiglie riceventi.

  • Rivalutazione dell’anonimato: permettere ai figli di conoscere il donatore, soprattutto in presenza di rischi sanitari.

  • Assistenza sanitaria e psicologica alle famiglie coinvolte: screening, consulenza genetica, supporto medico e sociale.

Banco di prova della fecondazione assistita moderna

Il caso del donatore con gene cancerogeno rappresenta un dramma individuale e collettivo — per le famiglie, per i bambini, per il concetto stesso di procreazione assistita. Ma può diventare anche un punto di svolta: costringere l’Europa a riflettere su regole, limiti, responsabilità, trasparenza.

11 Dicembre 2025
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