🌐 Il naufragio dei quotidiani: vendite in caduta libera
Il racconto di una crisi profonda
I quotidiani cartacei italiani stanno vivendo una delle peggiori crisi della loro storia recente: negli ultimi quattro anni le vendite sono crollate di oltre un terzo, segnando un ridimensionamento drammatico per un settore tradizionalmente simbolo dell’informazione nazionale. Da un lato, l’audience è migrata sul digitale; dall’altro, i lettori delle copie cartacee si fanno sempre più rari. Ma la svolta non è solo tecnologica: è anche economica, politica e culturale — un naufragio lento, ma inesorabile.
La fotografia della crisi: numeri che parlano
📌 Secondo l’ultimo rapporto dell’Agcom, nel 2024 i quotidiani hanno venduto complessivamente 572 milioni di copie, con una flessione del 5,5% rispetto al 2023. Ma il dato più drammatico è il confronto con il 2020: si tratta di un calo del 20,2 % in meno in quattro anni.
Il primo trimestre del 2024 è particolarmente emblematico: la media giornaliera delle copie vendute è di 1,32 milioni, in discesa rispetto all’anno precedente del 9,1% e di quasi il 32% rispetto al 2020.
Le perdite riguardano sia i quotidiani nazionali che quelli locali: dalla comparazione tra il 2020 e il 2024 emerge che le testate nazionali hanno perso il 31,7% delle vendite, mentre quelle locali hanno registrato un calo simile, pari al 31,9%.
Uno sguardo ai dati di edicola conferma il trend: secondo l’Accertamento Diffusione Stampa (ADS), nel giugno 2025 molti titoli hanno registrato cali a doppia cifra. Ad esempio, rispetto a giugno 2024, “La Repubblica” segna -14,30%, “La Stampa” -12,90%, “Il Messaggero” -10,90%, il “Corriere della Sera” -9,70%.
E non è solo un fenomeno di nicchia: anche ad agosto‑settembre 2025 gli stessi cali si confermano. Il Corriere della Sera si attesta a circa 104.500 copie con un -12,3%, La Repubblica scende a 57.800 copie (-11,6%) e La Stampa registra un -15,6%.
Il digitale, una compensazione insufficiente
La crisi non è compensata dal mondo digitale. Nonostante il passaggio online, gli abbonamenti digitali quotidiani restano stabili o crescono lentamente, senza recuperare la perdita dei lettori cartacei. Nel 2023, la media giornaliera per i formati digitali era di circa 210.000 copie, un valore che non basta a tenere in piedi l’intero settore.
Secondo alcune analisi, il digitale non sta riuscendo a sostenere le testate perché gran parte dei ricavi pubblicitari non finisce nelle casse degli editori: le piattaforme più grandi dell’online (come i grandi social e motori di ricerca) catturano una quota significativa degli introiti.
In più, il boom delle testate digitali non compensa il declino dell’edizione cartacea: il pubblico attira meno copie in edicola, ma non tutti passano al digitale a pagamento, creando un vuoto economico tra i modelli di business tradizionali e le prospettive future.

Le radici di una crisi sistemica
🔎 La discesa dei quotidiani italiani non è un evento improvviso: è il frutto di anni di trasformazioni strutturali. Il rapporto di Agcom già nel 2024 lanciava l’allarme: la crisi dell’editoria continua con vendite in caduta libera nonostante gli sforzi di digitalizzazione.
Un fattore chiave è il cambiamento delle abitudini dei lettori: l’accesso in tempo reale alle notizie, la gratuità di molte testate online, l’uso massiccio dei social media rendono meno appetibile l’acquisto giornaliero del giornale stampato. Inoltre, la chiusura di molti punti vendita fisici non aiuta: edicole e chioschi — luoghi storici di incontro tra stampa e pubblico — stanno scomparendo. Secondo il rapporto del Reuters Institute, in quattro anni circa 2.700 edicole in Italia hanno chiuso i battenti.
C’è poi un’altra dinamica, meno visibile ma cruciale: la pubblicità legale. Fino a poco tempo fa molti giornali traevano parte dei loro introiti dagli annunci legali (bandi pubblici, comunicazioni ufficiali) — ma la fine di alcuni obblighi normativi ha privato le testate di questa fonte.
Conseguenze sul giornalismo e sull’informazione
Il declino delle vendite non è un dato puramente economico: ha ripercussioni profonde sul tessuto democratico. Meno copie vendute significa meno risorse per giornalisti, meno investimenti nelle redazioni, e un’erosione della capacità di inchiesta. Le redazioni rischiano di ridursi, orari di lavoro si comprimono, e molti professionisti possono essere costretti ad abbandonare il settore.
Al contempo, la dipendenza dal digitale può portare a pericoli: per mantenere visibilità e traffico, alcune testate potrebbero privilegiare contenuti “pop” o virali piuttosto che approfondimenti. Il rischio è una regressione qualitativa dell’informazione, laddove il click conta più della sostanza.
Inoltre, la chiusura delle edicole ha un costo sociale: pezzi di territorio perdono punti fisici di accesso all’informazione su carta, e fasce di popolazione meno avvezze a strumenti digitali (anziani, persone in aree remote) rischiano di essere sempre più marginalizzate.
Le strategie di sopravvivenza
Diverse testate stanno reagendo con strategie variegate. Alcuni quotidiani puntano più fortemente sull’abbonamento digitale, cercando di fidelizzare i lettori con contenuti premium, newsletter, approfondimenti esclusivi. Altri esplorano forme ibride: minor numero di copie cartacee, ma più curiose e di qualità, affiancate da una presenza online solida.
Ci sono anche novità sul fronte editoriale: fondi di sostegno, partnership pubblic-private, e modelli “paywall flessibili” che cercano di coniugare accessibilità e sostenibilità. Ma queste soluzioni sono ancora lontane dall’essere una panacea: molti editori lamentano la difficoltà a far decollare gli abbonamenti digitali su scala significativa.
E poi c’è il tema della riconoscenza istituzionale: molti media chiedono un maggiore sostegno da parte dello Stato, con politiche che incentivino la stampa locale, sostengano gli editori e preservino le edicole.
Un bilancio simbolico: la stampa vive una caduta, ma non può morire
Il naufragio dei quotidiani non è solo una questione economica. È una trasformazione culturale, un cambiamento nel modo in cui le persone percepiscono e consumano l’informazione. Le copie vendute che si riducono, le edicole che chiudono, le redazioni che si assottigliano sono segnali tangibili di una rivoluzione in corso.
Lettori disposti a pagare per un’informazione approfondita, editori che sperimentano nuovi modelli, iniziative di rigenerazione delle edicole e delle comunità locali. Il futuro della stampa potrebbe essere diverso, ma può ancora essere rilevante.
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