🌐 Il “ben vivere” tra sesso, famiglia e longevità
Un’Italia in bilico tra emancipazione e tradizione
📌 L’edizione 2025 del rapporto sociale del Censis mette a fuoco un’area spesso trascurata nei discorsi pubblici: la sessualità e la condizione delle donne, in un’Italia che invecchia. I numeri raccontano una trasformazione significativa della mentalità, insieme a vecchi retaggi che non si vogliono sradicare.
Secondo il rapporto, tra le donne tra i 18 e i 60 anni il 92,5% ha avuto almeno un’esperienza sessuale; e tra queste, circa il 60,9% dichiara di avere rapporti sessuali almeno una volta a settimana. Per la maggior parte di loro, il sesso è un’esperienza legata principalmente al piacere (61,6%), e oltre la metà (56,4%) considera separabili sessualità e amore. Il 78,8% afferma che oggi è più spesso la donna a fare il “primo passo” nella relazione. Tuttavia persistono credenze radicate: circa il 16,6% ritiene erroneamente che non si possa rimanere incinte durante le mestruazioni, e un 5,1% attribuisce alla pillola anticoncezionale una protezione contro le infezioni sessualmente trasmissibili.
Questo mix — di consapevolezza crescente e superstizioni persistenti — fotografa un Paese tra due epoche, dove i tabù non sono completamente caduti e l’educazione sessuale resta in parte incompiuta.
Sul fronte familiare e domestico, emerge con chiarezza che il carico delle mansioni — cura della casa, famiglia, quotidiano — resta in gran parte sulle donne: il 54,4% di loro dichiara di occuparsene personalmente, contro un 17,6% degli uomini. Quasi 6 donne su 10 dedicano almeno due ore al giorno a questi compiti.
È un dato che denuncia una situazione di disparità strutturale: nonostante l’apparente autonomia nelle scelte intime e relazionali, molte donne continuano a sobbarcarsi un “lavoro invisibile”, non riconosciuto abbastanza — e che influisce su tempo, energia e vita quotidiana.
Longevità, anziani e solitudine
Parallelamente alla trasformazione della sessualità, il rapporto evidenzia un’altra grande tendenza: l’Italia continua a invecchiare a ritmi serrati. Gli over‑65 rappresentano ormai circa il 24,7% della popolazione, contro il 18,1% del 2000.
L’aspettativa di vita media per le donne ha raggiunto 85,5 anni, mentre per gli uomini è di 81,4: un incremento di circa cinque mesi rispetto all’anno precedente.
Il risultato è che, al 1° gennaio 2025, gli italiani ultracentenari sono 23.548: di questi, oltre l’80% sono donne. Questo dato — recente e confermato da statistica ufficiale conferma che la longevità estrema è, oggi più che mai, “da donna”.
Ma l’allungamento della vita porta anche sfide: dati del rapporto mostrano che molte persone anziane — soprattutto donne — vivono da sole. Tra gli over 75, una donna su due è sola. Questo dato pone al centro questioni di isolamento, fragilità sociale, e di bisogno di reti di protezione e cura.
Una conseguenza già segnalata nel 2025 nel rapporto “Family (Net)work”: le badanti sono relativamente poche rispetto al numero di over 60 soli, solo circa 8,5 ogni 100 persone anziane sole.
L’Italia è un Paese che invecchia in fretta, con una crescente presenza di “longevità femminile”, ma anche con un tessuto sociale sempre più fragile, soprattutto per le donne sole.
Il nodo di sessualità, identità e tempo che passa
Mettere insieme i dati sulla sessualità, la famiglia, la cura — e quelli sulla longevità — significa affrontare un intreccio complesso: da un lato, la ricerca di autonomia e libertà personale; dall’altro, la permanenza di ruoli tradizionali (spesso gravosi) e le conseguenze dell’invecchiamento.
🔎 Per molte donne italiane di oggi — forse nate in decenni di forti cambiamenti culturali — l’equilibrio è ancora difficile: desiderano una sessualità libera, relazioni consapevoli, scelta; ma continuano a fare i conti con disparità quotidiane, con la responsabilità della cura della casa e della famiglia, e con un futuro che può significare solitudine.
In un’epoca in cui l’idea di “famiglia tradizionale” è sempre più fluida, molti vecchi miti si scontrano con nuove esigenze: le donne cercano di ridefinire il proprio ruolo, ma non sempre trovano strutture sociali e culturali pronte a seguirle.
E la longevità — che per molti dovrebbe essere una conquista — non è sempre sinonimo di benessere: vivere a lungo in solitudine o con pochi mezzi di supporto può trasformarsi in una sfida.
Decenni di mutamenti e alcune costanti
Negli ultimi anni l’Italia ha visto crescere la consapevolezza dell’importanza dell’uguaglianza di genere, della libertà individuale, della salute sessuale. La possibilità per le donne di fare “il primo passo”, di scegliere la propria vita affettiva, di affermare il proprio desiderio — tutto ciò era in molti casi impensabile per le generazioni precedenti.
Allo stesso tempo, il calo delle nascite e la riduzione delle famiglie tradizionali sono fenomeni che persistono da tempo, con conseguenze profonde sul tessuto demografico e sociale.
Nel frattempo, però, la longevità femminile si è affermata come dato strutturale: non solo più donne arrivano a 60, 70, 80 o 100 anni; ma la maggioranza degli “ultra‑longevi” in Italia sono donne — e spesso vedove, sole, con scarse reti di supporto.
In questo contesto, parlare di “sessualità”, “famiglia”, “donne” e “longevità” insieme significa affrontare nodi delicati: disparità di genere, cura non retribuita, isolamento, diritti alla salute e alla dignità di vita — anche nella vecchiaia.
I “falsi miti” sulla sessualità che restano
Il fatto che una parte significativa della popolazione continui a credere a idee sbagliate o superate sulla fertilità, la contraccezione o la fertilità dimostra che l’educazione sessuale rimane un tema irrisolto.
Quando il 16% crede che non si possa restare incinta durante le mestruazioni, o che la pillola protegga dalle infezioni, si apre una porta a rischi reali — gravidanze indesiderate, infezioni, relazioni vissute con scarsa informazione. Ma soprattutto, significa che una parte della società è ancora fuori dall’informazione più elementare.
Questo spiega perché molte donne — pur godendo di maggiore libertà di scelta — vivano spesso tra consapevolezza e incertezze, tra desiderio di autonomia e fragilità educativa.
Opportunità e rischi di un Paese che invecchia
I dati demografici mostrano: l’Italia sta diventando un Paese di anziani. Una situazione già evidente oggi, e che sarà accentuata nei prossimi decenni: proiezioni indicano che entro il 2045 gli over‑65 saranno circa 19 milioni, pari al 34% della popolazione.
Questo mutamento demografico può essere un’occasione per ripensare il welfare, le politiche sociali, la cura della casa, la fragilità e la solitudine. Ma può anche accentuare disuguaglianze di genere: le donne che oggi vivono più a lungo e spesso da sole rischiano di diventare invisibili, se non si investe sulla cura, sull’assistenza, sulle reti sociali.
Alla luce dei dati sulla sessualità e l’autonomia femminile, emerge l’urgenza di una cultura inclusiva, consapevole e moderna — che affianchi la libertà personale ad un sistema di cura reale, per tutte le età.
Una sfida collettiva
Il ritratto che emerge dal rapporto recente del Censis deve far riflettere. Non basta celebrare la maggiore libertà di scelta delle donne, o la longevità record: serve un impegno collettivo — politico, sociale, culturale — per garantire diritti concreti, equità, dignità.
Servono politiche di sostegno alla famiglia, ma anche alla cura individuale; accesso a informazioni corrette sulla salute e la sessualità; servizi di assistenza per anziani soli; investimenti nella rete sociale, in comunità, in solidarietà intergenerazionale.
Perché un’Italia longeva non sia solo un dato statistico, ma un luogo in cui vivere con dignità, relazioni, affetti e diritti — a ogni età.
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