9:54 am, 6 Dicembre 25 calendario

🌐  Pretoria sotto choc: 11 morti e 25 feriti in una sparatoria

Di: Redazione Metrotoday
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Una sparatoria in un ostello di Saulsville Hostel, ad Atteridgeville, sobborgo di Pretoria, ha provocato 11 morti — tra cui tre minorenni — e decine di feriti. L’attacco, attribuito a più aggressori armati, riapre le ferite di una crisi di violenza che da anni affligge le comunità vulnerabili della capitale sudafricana.

📌  Nelle prime ore del mattino di sabato 6 dicembre 2025, la tranquillità dell’alba a Pretoria è stata spezzata da una tragedia di inaudita violenza. Poco dopo le 4:15, almeno tre uomini armati — secondo le prime ricostruzioni — hanno fatto irruzione nel Saulsville Hostel, dove un gruppo di persone si trovava a bere, e hanno aperto il fuoco in modo indiscriminato. Il bilancio della sparatoria è tragico: 11 persone uccise — tra cui un bambino di 3 anni e due adolescenti, di 12 e 16 anni — e 25 ferite, molte delle quali ricoverate in ospedale.

Dieci vittime sono state dichiarate morte sul posto, mentre un’altra è deceduta in ospedale.  Le autorità sanitarie hanno immediatamente varato un’operazione d’emergenza: 14 feriti hanno ricevuto cure immediate, ma la scena del crimine ha richiesto la presenza di esperti forensi e agenti della sezione “Serious and Violent Crime” della polizia nazionale.

Al momento non risultano arresti. Le forze dell’ordine stanno ancora cercando di ricostruire la dinamica dei fatti e — soprattutto — il movente dietro l’azione. Secondo la portavoce della polizia, Brigadier Athlenda Mathe, l’ipotesi al vaglio è che la sparatoria sia avvenuta in un contesto di consumo e vendita illegale di alcol, fenomeno che in passato ha già innescato episodi violenti considerati parte di una crescente ondata di “mass shootings” nelle township e negli ostelli di Pretoria.

UPDATE: Mass shooting at Atteridgeville hostel claims 11 lives, including a child

Un’ombra lunga: le radici del fenomeno

🔎 La tragedia di Saulsville non arriva come un caso isolato. Negli ultimi mesi, nella capitale sudafricana e nelle sue aree informali, si registra un’escalation preoccupante di violenze armate, spesso in contesti legati a consumo di alcol, locali non regolamentati o rivalità criminali.

Solo a luglio 2025, un’altra sparatoria in una taverna dell’insediamento informale di Olievehoutbosch a Pretoria aveva causato cinque morti e diversi feriti, con almeno dieci sospettati ricercati. Anche in quel caso, i proiettili erano partiti in modo casuale, contro un pubblico disarmato. 
Qualche mese prima, in un ostello a Katlehong (area di Ekurhuleni, nella provincia di Gauteng), un politico anziano del partito Inkatha Freedom Party era stato assassinato nel corso di una riunione, colpito mentre era seduto con altri membri. Quel caso, preceduto da minacce, fu denunciato come un possibile omicidio politico, ma anche lì emerse la facilità con cui armi e violenza penetrano nelle strutture abitative informali e nelle comunità emarginate.

Questo scenario mette in luce un problema strutturale: la combinazione di alcol illegale, abitazioni sovraffollate, carenza di controlli e la presenza di armi facilmente reperibili — legali o clandestine — crea un terreno fertile per tragedie ricorrenti. In molti casi, gli agguati sono casuali, sembrano operazioni di intimidazione o punizione, ma il risultato è spesso identico: vittime innocenti, feriti, comunità spaventate.

Il fatto che la sparatoria sia avvenuta in un ostello — cioè una struttura collettiva e vulnerabile — richiama alla mente altri drammi del passato, come la strage di Strijdom Square massacre del 1988, quando o un suprematista bianco aprì il fuoco in piena Pretoria. Anche allora vittime casuali, immigrati neri uccisi per motivi ideologici: un precedente sinistro che segna quanto la violenza strutturale nella regione abbia radici profonde.

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Saulsville e l’urgenza di una risposta

La comunità di Saulsville, un tempo descritta come periferia “dormitorio”, ora si trova a fare i conti con un dolore lacerante. Famiglie distrutte, bambini rimasti orfani, feriti gravi, case e redditi in bilico. Il giorno dopo la sparatoria, tra gli abitanti si respira un senso di smarrimento e di rabbia: molti dicono che “era solo gente che cercava un po’ di riparo e di convivialità”, che l’orrore si sia abbattuto su di loro senza ragione.

Le autorità locali e nazionali – la polizia di Pretoria, la polizia provinciale di Gauteng, e i servizi sociali – stanno mobilitando risorse per assistere le famiglie delle vittime, garantire cure ai feriti e avviare indagini serrate. Ma c’è chi in privato denuncia: “non basta arrestare qualche sparatore: bisogna affrontare il problema alla radice — alcol clandestino, insediamenti informali, mancanza di opportunità lavorative”.

Esperti di sicurezza urbana richiamano l’attenzione sul fatto che gli “hostel” — strutture spesso concepite come alloggi temporanei per lavoratori migranti o per persone economicamente fragili — sono diventati un simbolo della fragilità sociale di alcune aree metropolitane sudafricane. La combinazione di settori grigi — abitazioni informali, economia sommersa, droghe e armi — ha generato un sottobosco dove la violenza può esplodere in qualsiasi momento.

Il timore è che nelle prossime settimane, con l’avvicinarsi delle festività e l’aumento di consumo di alcol, la situazione possa degenerare ulteriormente. Già la polizia ha annunciato una intensificazione dei controlli sulle “liquor premises” illegali: solo tra aprile e settembre di quest’anno, secondo le autorità, sono stati chiusi quasi 12.000 locali abusivi in tutto il Paese.

Storie spezzate

Tra le undici vittime, la più giovane aveva appena 3 anni. Un bambino nato in un contesto di povertà, che probabilmente dormiva quel sabato mattina in una stanza condivisa. Accanto a lui, una ragazzina di 12 anni e un adolescente di 16. E poi uomini e donne adulte — molti dei quali, secondo testimoni, avevano potuto permettersi un letto in ostello solo grazie a lavori saltuari o a opportunità economiche minime.

Secondo alcuni residenti, l’ostello non era un luogo di degrado assoluto, ma una sistemazione di fortuna, fragile certo, ma dignitosa: persone stipate per necessità, con l’obiettivo di lavorare e mandare soldi alle famiglie. “Non è un quartiere criminale per definizione — dicono alcuni dopo la sparatoria — è una comunità che cerca di sopravvivere.”

L’attacco non è dunque un episodio isolato, ma l’ennesima esplosione di un malessere più profondo: la disparità economica, la mancanza di opportunità, l’abbandono delle periferie. Il sangue versato riguarda persone che già – nel silenzio delle autorità e dell’opinione pubblica — vivevano ai margini.

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 Il governo provinciale di Gauteng e la leadership di Pretoria hanno annunciato misure emergenziali: rafforzamento della polizia nei quartieri a rischio, chiusura dei locali abusivi, piani di emergenza sociale per assistere le famiglie colpite. Ma molti chiedono qualcosa di più: politiche strutturali che riducano le disuguaglianze, migliorino le condizioni abitative, offrano percorsi di lavoro e integrazione.

Organizzazioni non governative e gruppi comunitari — già stanchi da anni di vedere la violenza come “normale” — stanno sollecitando un piano nazionale di prevenzione: educazione, servizi sociali, monitoraggio del traffico di armi, controllo rigoroso delle licenze di alcool. Alcuni attivisti invocano anche la responsabilizzazione delle istituzioni: “non basta fare retorica su sicurezza e ordine — bisogna restituire dignità alle persone che vivono negli ostelli e nelle township”.

La salvezza di aree come Saulsville passa probabilmente attraverso una riconversione sociale: infrastrutture abitative dignitose, opportunità economiche regolari, servizi di assistenza sociale. E, soprattutto, un impegno costante per rompere la spirale di degrado che ha reso normale l’idea che “una sparatoria” possa esplodere nel cuore della notte.

Una comunità sotto shock

La sparatoria di Saulsville ha messo in evidenza ancora una volta che la violenza in Sudafrica non è solo un problema di criminalità comune o di bande — ma un sintomo di crisi strutturale, di emarginazione, di ingiustizie accumulate. I morti non sono numeri, ma vite strappate: bambini, adolescenti, adulti, uomini e donne che avevano solo cercato un tetto, un pasto, un momento di convivialità.

6 Dicembre 2025
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