🌐 Morto primo paziente umano al mondo infettato dal virus H5N5
📌 Un uomo anziano, con condizioni di salute preesistenti, è morto alla fine di novembre dopo essere risultato positivo all’infezione da influenza aviaria A(H5N5). Le autorità sanitarie dello Stato di Washington hanno confermato che il caso, accertato a metà novembre, rappresenta la prima infezione umana documentata al mondo dovuta al sottotipo H5N5. Il paziente era ricoverato da inizio novembre e, secondo quanto riferito dalle autorità, aveva avuto esposizione a volatili domestici nel proprio cortile.

L’annuncio ha acceso un campanello d’allarme nelle comunità scientifiche e sanitarie, non tanto per un’immediata minaccia percepita dalla popolazione quanto per il valore epidemiologico dell’evento: l’emergere di un nuovo sottotipo H5 che salta la barriera specie e infetta un uomo rappresenta un segnale che richiede sorveglianza intensificata, sequenziamento virale rapido e indagini approfondite sui possibili percorsi di esposizione. Le agenzie sanitarie internazionali hanno invitato alla calma, sottolineando che al momento non esistono prove di trasmissione da uomo a uomo in questo caso e che il rischio per la popolazione generale è considerato basso, ma hanno anche ricordato la necessità di monitorare eventuali contatti stretti e di analizzare il genoma virale.
La dinamica del caso e il profilo del paziente
Secondo le informazioni fornite dagli uffici sanitari locali, il paziente era un adulto anziano con comorbilità: fattori che probabilmente hanno contribuito alla gravità dell’infezione. L’esposizione sospetta è stata individuata in un pollaio domestico e nell’ambiente circostante, dove nei giorni precedenti si erano registrate segnalazioni di attività dell’influenza aviaria tra uccelli selvatici e volatili domestici. Dopo il peggioramento delle condizioni cliniche, il paziente è stato ricoverato; i test di laboratorio, confermati attraverso sequenziamento, hanno identificato il virus come A(H5N5). I sanitari hanno messo in quarantena e sotto osservazione i contatti stretti e gli operatori che avevano assistito il malato.
Che cosa sappiamo dell’H5N5 e perché conta
🔎 L’influenza aviaria di tipo H5 appartiene a una famiglia di virus altamente patogeni per gli uccelli che, raramente ma non eccezionalmente, hanno compiuto salti di specie fino a raggiungere l’uomo. Negli ultimi anni sono stati segnalati diversi sottotipi H5 che hanno infettato persone — più noto tra questi è l’H5N1 — ma l’H5N5 era fino ad oggi ritenuto soprattutto un problema per gli uccelli selvatici e il pollame. La conferma di un caso umano cambia il quadro in termini di sorveglianza: diventa cruciale capire se il virus ha acquisito mutazioni che ne facilitino la replicazione in cellule umane o la respirabilità tra persone.
Gli esperti ricordano che il rischio di pandemia non dipende dalla sola presenza di un singolo caso umano: ciò che conta è la capacità del virus di trasmettersi in modo sostenuto tra persone. Per ora, nel caso di Washington, le autorità non hanno trovato segnali di trasmissione secondaria. Tuttavia, la netta correlazione con un contesto di esposizione ad animali infetti rafforza l’ipotesi di un evento zoonotico — vale a dire un salto diretto dall’animale all’uomo.

Il contesto globale: H5 e la sorveglianza continua
Negli ultimi due anni la presenza di virus influenzali di origine aviaria è cresciuta in molte regioni del mondo: focolai in allevamenti, positività in uccelli selvatici migratori e casi occasionali in persone esposte ad animali. Questa “nuova normalità” impone un dialogo costante tra veterinaria e salute pubblica — l’approccio cosiddetto “One Health” — per intercettare subito segnali di cambiamento nel comportamento virale. Le autorità sanitarie internazionali, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno ribadito protocolli standard: tracciamento dei contatti, test e sequenziamento, controllo dei focolai animali e comunicazione trasparente.
I laboratori globali lavorano ora a comparare la sequenza dell’H5N5 isolata nel paziente con quelle circolanti negli uccelli per identificare eventuali marcatori di adattamento umano. Il sequenziamento è la chiave: aiuta a capire se il virus ha acquisito mutazioni note per aumentare l’affinità verso i recettori delle vie respiratorie umane o se si tratta di una trasmissione occasionale senza cambiamenti sostanziali. Nel frattempo, il monitoraggio di persone ad alto rischio — chi lavora con pollame, allevatori e veterinari — è stato intensificato.
Cosa cambia per la popolazione: precauzioni e messaggi sanitari
Per i cittadini la raccomandazione rimane quella di buon senso: evitare il contatto con volatili morti o malati, segnalare sospetti casi di influenza nel pollame alle autorità veterinarie, e per chi lavora a contatto con animali usare dispositivi di protezione individuale adeguati. Le vaccinazioni stagionali per l’influenza stagionale non proteggono direttamente contro un nuovo sottotipo aviario, ma restano importanti per ridurre il carico complessivo di malattie respiratorie e facilitare la diagnosi differenziale. Le autorità sanitarie locali ribadiscono infine che, allo stato attuale, il rischio per la popolazione generale è basso.
Le lezioni da H5N1 e altri salti zoonotici
La storia recente è ricca di esempi che insegnano come occorre reagire: dagli episodi sporadici di H5N1 negli anni 2000 agli episodi più recenti di infezioni umane legate ad altri sottotipi H5, la risposta rapida — tracciamento, isolamento dei casi e analisi genomiche — ha evitato che molti eventi occasionali degenerassero in trasmissioni sostenute. Allo stesso tempo, alcune aree con grandi industrie avicole o con alte densità di uccelli selvatici migratori hanno mostrato come il virus possa trovare opportunità di evolvere. Per questo motivo la collaborazione internazionale e la condivisione rapida dei dati sono considerate strumenti essenziali.
Un monito e un richiamo alla prevenzione
La morte del primo paziente umano infettato dall’H5N5 non significa automaticamente l’inizio di una crisi sanitaria globale, ma è un promemoria netto del fatto che le malattie zoonotiche restano una fonte continua di rischio. Vigilanza, ricerca, comunicazione e solidarietà tra settori (sanità umana, veterinaria, ambiente) sono oggi più che mai indispensabili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA













