đ Big Tech senza regole, âBasta con i saccheggi dei giganti del web”
đ In Italia lâindustria dellâinformazione lancia lâallarme: le grandi piattaforme digitali (Google, Meta, Amazon & co.) accumulano profitti, dominano il mercato pubblicitario e fanno âscempioâ dei contenuti giornalistici senza riconoscere diritti o sostenere il sistema editoriale. Per contrastare questa disparitĂ , gli editori chiedono regole chiare, responsabilitĂ , una legge di sistema che garantisca unâinformazione pluralista â e soprattutto una reale equitĂ fiscale.
Lâeditoria italiana in cerca di protezione
A Palazzo Madama si è tenuto un convegno che potrebbe segnare una svolta nel rapporto tra editoria tradizionale e piattaforme digitali. Sotto il titolo ÂŤLo strapotere delle Big Tech. Editori responsabili e giganti sregolatiÂť, esponenti del mondo dellâeditoria, delle istituzioni e della politica hanno denunciato quello che viene definito âsaccheggio digitaleâ: contenuti creati da giornalisti, riviste, quotidiani â pagati, verificati, regolati â riutilizzati, indicizzati e monetizzati da tech company globali che versano tasse irrisorie, con effetti disastrosi sul mercato dellâinformazione.
Secondo i rappresentanti della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), della AIE (Associazione Italiana Editori) e di Confindustria Radio Tv, il sistema italiano dellâinformazione rischia un âblackâoutâ: venti anni fa i quotidiani italiani contavano circa 20,9 milioni di lettori al giorno, oggi â nonostante lâincremento dellâinformazione online â il fatturato delle imprese editoriali si è praticamente dimezzato, la pubblicitĂ si è quasi azzerata, la capacitĂ di investire su giornalismo di qualitĂ e radicato sul territorio è in forte crisi.
Gli interventi dei protagonisti sono stati forti e chiari: servono una âleggeâdiâsistemaâ, interventi strutturali, contributi, ma anche â e soprattutto â una regolamentazione che obblighi le piattaforme globali a riconoscere il valore dei contenuti creati dagli editori, a rispettare diritti dâautore, trasparenza e responsabilitĂ .
Dal giornale al web, da lettori a utenti
Il declino economico dellâeditoria tradizionale
đ Lâeditoria italiana â quotidiani, periodici, radio e tv â ha vissuto nei decenni una trasformazione profonda: dalla carta stampata al digitale, con la promessa di nuovi modelli di business. Ma la realtĂ si è dimostrata implacabile: la pubblicitĂ , tradizionale ancora fonte principale di reddito, ha subito un crollo netto; la competizione con le piattaforme digitali, gratis o quasi, ha eroso lettori e ricavi; i costi fissi (redazioni, stampa, distribuzione) sono rimasti alti. Il risultato è un settore in difficoltĂ cronica, incapace di garantire la pluralitĂ , lâoccupazione stabile, il giornalismo di qualitĂ .
Negli ultimi anni, editori e broadcaster hanno piĂš volte chiesto regole che impediscano lo sfruttamento dei contenuti giornalistici: trasparenza nei contratti, riconoscimento del diritto dâautore, remunerazione per la distribuzione dei contenuti sulle piattaforme digitali, responsabilitĂ verso la qualitĂ dellâinformazione.
Le Big Tech: potere, profitti e âmercato senza regoleâ
Le grandi aziende del web â spesso chiamate âBig Techâ â operano con logiche di scala globale e strutture societarie volte a minimizzare lâimposizione fiscale nei paesi in cui operano. In Italia come nel resto del mondo. Secondo gli editori, queste aziende controllano oggi unâenorme fetta del mercato pubblicitario, generano profitti rilevanti, dominano lâadvertising e la distribuzione dei contenuti informativi senza riconoscere adeguatamente il lavoro di chi quei contenuti li ha creati. Una competizione profondamente sbilanciata, in cui chi rispetta norme, paga tasse, investe in redazioni e professionalitĂ â gli editori tradizionali â si trova ad affrontare un âmacigno competitivoâ opposto allâagilitĂ , al potere economico e allâassenza di obblighi delle big tech.
 
Non solo solidarietĂ , ma equitĂ strutturale
Gli editori â uniti nella richiesta â chiedono un pacchetto di misure concrete:
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Una legge di sistema che definisca un quadro chiaro per la tutela del diritto dâautore, la remunerazione dei contenuti editoriali redistribuiti dalle piattaforme digitali, e il riconoscimento della responsabilitĂ editoriale (giornalisti, veridicitĂ , trasparenza).
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Regole fiscali che rendano le big tech soggette a impartire una quota equa di tasse, annunciata come passo fondamentale per ristabilire una concorrenza leale.
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Investimenti pubblici e incentivi per sostenere il giornalismo locale, il pluralismo informativo e la qualitĂ dellâinformazione.
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Trasparenza nel rapporto tra piattaforme e creatori di contenuti: chi utilizza articoli, video, notizie, deve pagare per quel valore, non sfruttarlo gratuitamente.
Secondo la presidente del gruppo editoriale (e del consiglio di sorveglianza di una media company italiana), questo non è un attacco alla tecnologia o allâinnovazione: ÂŤCâè uno spartiacqueÂť tra chi âdiffonde informazioni con responsabilitĂ e trasparenzaâ e chi â âi giganti del webâ â ha fatto âuna cavalcata economica e di potere saccheggiando per dieci anni contenuti non pagatiâ.
Il dato globale e la battaglia internazionale
Il tema non riguarda solo lâItalia. In tutta Europa e oltre, il fenomeno si ripete: editori, giornalisti, media tradizionali cercano di far valere un modello di informazione fondato sulla qualitĂ , sul diritto dâautore e sulla responsabilitĂ , contro piattaforme che aggregano, indicizzano, monetizzano contenuti senza investire in giornalismo.
Dal 2020 lâItalia ha introdotto una Digital Services Tax (DST), una tassa sui servizi digitali â parte di un tentativo globale di tassazione equa delle piattaforme. Nel 2025 la soglia per lâapplicazione della tassa è stata abbassata, rendendo molte piĂš aziende soggette allâimposizione.
Secondo economisti e studiosi, le misure come la DST rappresentano una risposta importante â ma vanno accompagnate da regolamentazioni piĂš strutturali: diritto dâautore, trasparenza contrattuale, redistribuzione del valore generato dalle piattaforme alle imprese e ai creatori che producono i contenuti.
Implicazioni per la democrazia, la cultura e lâinformazione
Pluralismo vs. monopolio dellâattenzione
Un pluralismo informativo sano â pilastro di ogni democrazia â si basa su una convivenza equa di voci, fonti, prospettive. Quando le piattaforme digitali diventano “acchiappautenti” globali, accumulano potere non solo economico, ma anche culturale e sociale: decidono cosa emerge, cosa scompare, cosa diventa visibile. Se a queste piattaforme non viene riconosciuta responsabilitĂ editoriale o obblighi, il rischio è una standardizzazione dellâinformazione, una uniformitĂ di contenuti, una riduzione delle differenze e delle diversitĂ locali, nazionali, territoriali.
Economia del lavoro e sostenibilitĂ dei media
Lâeditoria tradizionale non è una âcosa del passatoâ: è fatto di professionisti, giornalisti sul territorio, inchieste, verifiche, redazioni, lavoro stabile. Se questo tessuto collassa, non solo si perde informazione di qualitĂ , ma anche occupazione, presenza locale, memoria sociale, identitĂ culturale. Una struttura che le big tech â spesso con pochi dipendenti nel paese in cui operano â difficilmente possono sostituire.
Giustizia fiscale e concorrenza leale
Non si tratta di punire lâinnovazione: ma di equiparare le condizioni. Se ci sono imprese che producono contenuti, rispettano leggi, pagano tasse, garantiscono posti di lavoro â e altre che aggregano, importano, monetizzano globalmente con carichi fiscali minimi â lo squilibrio va sanato. Una concorrenza leale non può basarsi su disparitĂ strutturali: occorre regole condivise, trasparenza, giustizia economica.
Cosa chiedono gli editori
Se il Parlamento â nazionale o europeo â accoglierĂ la richiesta, potremmo vedere nei prossimi mesi:
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Una riforma organica della normativa sul diritto dâautore e sulla remunerazione dei contenuti editoriali usati dalle piattaforme digitali.
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Un inasprimento della tassazione delle big tech, con aliquote e imposte che riflettano il reale valore che queste aziende generano sul mercato pubblicitario e mediatico.
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Meccanismi di contribuzione al sostegno del sistema informativo: da fondi dedicati, a obblighi di investimento in giornalismo locale, a trasparenza nei compensi per lâuso dei contenuti.
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Nuove regole sullâintermediazione dei contenuti: chi aggrega informazioni deve avere responsabilitĂ , trasparenza, contratti chiari con editori e creatori, garantendo diritti e tutela del lavoro redazionale.
Un bivio per la democrazia digitale
La battaglia che si gioca oggi non è solo economica â è culturale, sociale, politica. Si tratta di decidere che tipo di informazione vogliamo garantire: un mercato dominato da algoritmi che aggregano contenuti a costo quasi zero, orientati solo al profitto; oppure un ecosistema pluralista, sostenibile, etico, in cui lâinformazione è lavoro, impegno, responsabilitĂ .
Gli editori italiani â uniti grazie a FIEG, AIE, Confindustria Radio Tv â lanciano un avvertimento: senza una legge di sistema, senza regole chiare, unâintera parte di democrazia rischia di essere sacrificata sullâaltare del profitto tecnologico.
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