🌐 L’addio alle caldaie a gas rinviato con il nuovo regolamento UE
Un dietrofront che fa discutere
📌 A poche settimane dall’ipotesi — ventilata da molti analisti — di un bando alle caldaie a gas già dal 2029, l’Commissione Europea ha deciso di fare un passo indietro. La bozza di revisione del regolamento Ecodesign Regulation 813/2013, allo studio in queste settimane, elimina ogni riferimento a un divieto generale di vendita e installazione di caldaie a gas e gasolio a partire dal 2029. Con un colpo di scena legislativo, l’ipotesi di stop — che aveva suscitato timori, proteste e dibattiti intensi nei mesi scorsi — è stata accantonata.
La consultazione pubblica sul testo è aperta fino a gennaio 2026. Se il regolamento verrà approvato così com’è, le famiglie potranno continuare a comprare e installare caldaie a gas (anche moderne a condensazione), seppure con alcune condizioni e senza più incentivi pubblici.
Perché la retromarcia
Il cambiamento di rotta appare motivato da una serie di considerazioni pratiche e tecniche. Da un lato, la bozza originaria stabiliva limiti di efficienza stagionale talmente stringenti da rendere quasi impossibile, con le tecnologie correnti, rispettarli: di fatto, un bando mascherato. Questo avrebbe penalizzato non solo i produttori, ma soprattutto decine di milioni di famiglie in tutta Europa, costrette entro breve a sostituire apparecchi funzionanti con alternative più costose.
Dall’altro, molte abitazioni — specialmente in Paesi come l’Italia, con patrimonio edilizio datato e spesso poco efficiente — non sono compatibili con le soluzioni più avanzate come le pompe di calore. Rendere obbligatorio l’abbandono del gas avrebbe significato per molti immobili lavori onerosi e complessi, difficili da realizzare in tempi brevi. Anche per questo alcune associazioni del settore — che rappresentano installatori e imprese — hanno accolto con sollievo la nuova bozza.
Cosa cambia concretamente per le famiglie
Ecco come si presenta la situazione dopo la revisione:
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Le caldaie a gas, comprese quelle tradizionali o a condensazione, restano legali e commercializzabili.
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Non ci saranno incentivi pubblici per l’acquisto o l’installazione di impianti a gas autonomi: il sostegno pubblico — secondo le regole europee introdotte con la direttiva Direttiva Case Green — sarà riservato a tecnologie più efficienti o a sistemi ibridi/“verdi”.
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I produttori e le imprese coinvolte nella filiera del riscaldamento evitano un tracollo repentino: possono continuare a vendere e installare per almeno i prossimi anni, dando respiro al mercato.
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Per molte famiglie italiane e europee, ciò significa poter rimandare decisioni spesso costose, conservando al contempo la possibilità di scegliere impianti a gas moderni ed efficienti.
Le ragioni dell’Ue: pragmatismo e transizione graduale
Il dietrofront della Commissione non significa un dietrofront totale rispetto agli obiettivi ambientali. La revisione del regolamento Ecodesign risponde — secondo Bruxelles — all’esigenza di aggiornare le norme tecniche, adeguandole alla realtà del mercato attuale. Le nuove regole puntano a migliorare efficienza energetica e trasparenza, senza imporre shock immediati su famiglie e imprese.
In questo contesto, la transizione verso un riscaldamento domestico più sostenibile appare destinata a procedere su binari differenziati: non un divieto netto, ma un progressivo incentivo all’abbandono dei combustibili fossili, favorendo soluzioni rinnovabili o ibride nei casi più adatti. In altri, lasciando spazio all’evoluzione tecnologica e sociale.
Tra progetto di bando e tensioni
🔎 L’idea di eliminare le caldaie a gas non è nata oggi. Già negli anni scorsi, con l’avvio del pacchetto di direttive legate al Green Deal europeo e alla sostenibilità, si era parlato di far slittare la “morte” del gas entro il 2040. Nella bozza iniziale del 2023 del regolamento Ecodesign, però, veniva ventilata una data molto più ravvicinata: 2029. Questa prospettiva aveva generato dibattiti accesi: da un lato ambientalisti e attivisti del clima che la vedevano come tappa necessaria per ridurre le emissioni, dall’altro associazioni di categoria, sindaci e cittadini preoccupati per i costi e la fattibilità della transizione, soprattutto nelle abitazioni meno recenti o in condominio.
Negli ultimi mesi, l’opposizione al bando — da parte dell’industria, delle imprese di installazione e di molti governi nazionali — si è fatta più forte. In Italia, dove circa il 70% delle abitazioni dipende ancora dal gas naturale, la prospettiva di un divieto generalizzato avrebbe avuto conseguenze drammatiche: da spese straordinarie per le famiglie alla paralisi del settore edilizio.
Cosa monitorare
La decisione attuale non chiude completamente la partita. Diversi nodi critici restano sul tavolo:
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Le normative europee e nazionali spingono comunque verso una progressiva abbandono dei combustibili fossili, con scadenze meno nette ma vincoli su incentivi, efficienza e nuove installazioni. Per molti immobili, adeguarsi in futuro significherà affrontare lavori complessi e costosi.
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Il ritmo dell’evoluzione tecnologica e delle politiche ambientali resta incerto: se le pompe di calore e le soluzioni ibride continueranno a migliorare, la pressione per abbandonare il gas aumenterà.
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La disparità tra grandi città, abitazioni moderne e aree rurali o condomini datati è destinata a generare divari: non tutte le famiglie avranno la stessa capacità economica o tecnica di adattarsi.
Le caldaie a gas restano sul mercato e chi ne ha una non è costretto a cambiarla. Ma il “costo zero” non sarà più garantito: per chi decide di sostituire l’impianto, le agevolazioni statali ed europee non sono più disponibili.
In compenso, chi vorrà — o dovrà — rinnovare l’impianto può orientarsi verso pompe di calore, sistemi ibridi o tecnologie più efficienti, con la consapevolezza che nel medio-lungo termine la sostenibilità resterà il criterio dominante.
Una decisione politica ed economica
L’evoluzione normativa conferma una tendenza: l’Europa cerca un equilibrio tra obiettivi ambientali ambiziosi e sensibilità concrete di cittadini e imprese. La transizione energetica non può passare da decisioni traumatiche e indiscriminate, ma da un percorso graduale, consapevole, in cui la tecnologia, l’economia e la società evolvono insieme.
Per l’Italia, dove il gas naturale è ancora il pilastro del riscaldamento domestico, la notizia di oggi significa uno slittamento — forse provvisorio — di una scadenza che rischiava di trasformarsi in un’urgenza sociale. Ma non significa che il problema sia risolto.
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