🌐 Sanremo 2026 prende forma: 30 big annunciati, tra ritorni e debutti
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ToggleIl direttore artistico Carlo Conti ha svelatola lista dei 30 artisti “big” che parteciperanno al Festival di Sanremo 2026.
L’annuncio è arrivato durante l’edizione delle 13:30 del TG1, con un cast che — come lo stesso Conti lo ha definito — è «variegato, rappresentativo della musica italiana oggi».
Questa edizione segna una novità importante: per la prima volta negli ultimi anni il numero di Big è stato aumentato da 26 a 30, una modifica regolamentare che testimonia l’intenzione di ampliare la partecipazione e dare spazio a una pluralità di voci.
Il cast comprende veterani, star del passato, giovani dirompenti e interpreti trasversali: da Tommaso Paradiso — al debutto sul palco dell’Ariston — a Patty Pravo, da Fedez & Marco Masini in duo, fino a nomi più “underground” o emergenti come Ditonellapiaga e Sayf.
Un cast a 360° fatto di nostalgia e curiosità
La rosa di 30 artisti in gara mostra una panoramica ampia e densa, dove ogni nome porta con sé una storia diversa e un potenziale differente. Alcune tendenze emergono subito:
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Ritorni attesi e “glorie” di ieri: Patty Pravo, figura storica della musica italiana, rappresenta il ponte con le generazioni passate. Insieme a lei nomi come Raf, Arisa, Francesco Renga portano la credibilità di chi ha già calcato l’Ariston.
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Debutti e (ri)scoperte: Tommaso Paradiso, ex frontman di una delle band più amate degli anni recenti, sale sul palco per la prima volta da solista, suscitando grande curiosità. Anche nomi giovani o poco “popolari” come Ditonellapiaga o Sayf rendono il cast più contemporaneo e aperto al nuovo.
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Contaminazioni e generi ibridi: Il mix tra pop, rap, indie, nuove sonorità e tradizione sembra intenzionale. Il duo Fedez & Masini ne è un esempio, insieme ad altri artisti che potrebbero offrire performance lontane dai canoni classici del Festival.
Secondo Conti, questa varietà musicale — generazionale, stilistica, di identità artistica — è un chiaro segnale: la musica italiana non è monolitica, ma un caleidoscopio di sensibilità. «Ci sono tanti sapori diversi, esordi, conferme, un fermento che rende il Festival contemporaneo», ha detto al Tg1.
Un’“edizione espansa”
L’aumento da 26 a 30 Big non è un mero dato numerico: rappresenta una scelta strategica e – probabilmente – una risposta a esigenze nuove dell’industria musicale e del pubblico.
Negli ultimi anni, la produzione musicale in Italia si è moltiplicata: generi diversi, sperimentazioni, artisti emergenti con grande seguito sui social. Dare più spazio significa riflettere questa realtà. Conti — lo si percepisce — vuole che Sanremo non sia solo una passerella di nomi “mainstream”, ma un’arena dove coesistono tradizione e innovazione.
In vista del Festival, resta da vedere come verranno distribuiti i brani, come verrà bilanciato il palco e se il pubblico accoglierà positivamente scelte meno sicure ma più “audaci”. Il 14 dicembre, durante la serata di “Sarà Sanremo”, saranno annunciati i titoli delle canzoni in gara: quello sarà un altro momento chiave.
Patty Pravo: un ritorno che fa discutere
Tra tutti i nomi, quello di Patty Pravo spicca: è un richiamo forte alla memoria collettiva, a un’epoca della musica italiana che molti associano agli anni d’oro. E la sua “chiamata” a Sanremo 2026 — a undici anni dall’ultima sua partecipazione — non può essere casuale.
Per molti la sua presenza significa un gesto di rispetto verso la storia del Festival, un modo per ricollegare generazioni e testimoniare che Sanremo può essere anche nostalgia, eleganza, memoria. Ma c’è chi vede in questo ritorno una scelta sicura, quasi conservatrice: un “colpo da manuale” per assicurarsi audience, piuttosto che una scommessa artistica.
In ogni caso, Patty Pravo sarà una delle grandi attese, e probabilmente anche una delle carte vincenti della direzione artistica di Conti.
Pur con un cast così ricco e articolato, l’annuncio apre più interrogativi che certezze. Alcuni dei principali:
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Qualità dei brani e coerenza artistica: con 270-300 brani in lizza e solo 30 selezionati, la pressione sulla qualità delle scelte è altissima. Sarà fondamentale che i pezzi valorizzino gli artisti e non siano frutto di compromessi.
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Gestione di generi e pubblico eterogeneo: mettere insieme indie, pop, rap, veterani, giovani emergenti, richiede equilibrio. La direzione artistica dovrà trovare il filo che unisce tutto senza sacrificare coerenza.
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Aspettative vs. realtà: le attese sono alte — e le critiche non mancheranno. Alcuni spettatori potrebbero percepire assenze “pesanti”; altri potrebbero chiedere più sperimentazione o più rischio. Il successo di questa edizione passerà anche dalla capacità di sorprendere e rinnovarsi.

Guardando alla lista dei 30 big, sembra profilarsi un Sanremo più eclettico, aperto, meno prevedibile di molti recenti. Un Festival capace di guardare al passato — con gloria — senza rinunciare al presente, con le sue voci nuove, le sue traiettorie ibride, le sue sfide stilistiche.
Il rischio è quello di una “fiera delle etichette musicali”, con troppi stili diversi tra loro e poca unità artistica. Ma l’opportunità — se saputa cogliere — è enorme: fare di Sanremo una vetrina autentica della musica italiana contemporanea, un laboratorio di suoni, generazioni e visioni.
Per il pubblico, la nuova selezione significa probabilmente un Festival da vivere con sorpresa e curiosità. Per gli addetti ai lavori, una prova di equilibrio: lasciare spazio alla sperimentazione senza perdere un’identità riconoscibile.
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