8:05 am, 29 Novembre 25 calendario

🌐 «Irrompono nella redazione»: l’assalto a La Stampa

Di: Redazione Metrotoday
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Torino — È durata poche decine di minuti, ma la carica simbolica dell’episodio pesa come un macigno nella stanchezza di una democrazia che si confronta con proteste di piazza sempre più polarizzate. Venerdì, durante il corteo che ha accompagnato lo sciopero generale convocato in molte città italiane, un gruppo di manifestanti — riferiscono testate e cronisti presenti — si è staccato dal flusso principale e ha fatto irruzione nella sede torinese del quotidiano La Stampa, in via Lugaro. Hanno forzato cancelli e porte, imbrattato pareti con scritte e slogan, e in qualche caso si sono confrontati con i colleghi rimasti in redazione o con la polizia giunta sul posto.

L’azione, rivendicata da militanti pro-palestinesi come gesto contro quella che definiscono «la complicità di editore e giornali nella narrazione sulla guerra», non è stata una semplice manifestazione d’indignazione: l’irruzione ha prodotto danni materiali, ha interrotto la normale attività redazionale e ha scatenato una reazione istituzionale immediata. Il Comitato di Redazione ha parlato di «attacco alla libertà di stampa», la direzione ha denunciato «minacce e parole d’odio» rivolte a giornalisti e operatori. Mentre gli stessi manifestanti sostengono di aver voluto «prendere la parola» contro presunte narrative unilaterali, molti osservatori hanno sottolineato la contraddizione di usare la violenza per pretendere spazio d’espressione.

La scena è quella che, da settimane, si ripete con varianti in molte piazze italiane: manifestazioni di solidarietà a Gaza trasformate talvolta in scontri e atti vandalici, con presidi davanti a istituzioni, università e sedi diplomatiche. Quello di Torino è però un atto che colpisce un pilastro della democrazia: la redazione di un giornale, spazio che ha storicamente la funzione di informare e, in quanto tale, va protetto anche quando si contesta la linea editoriale. Il giornalismo come luogo — fisico e professionale — è stato pensato come «bastione» del pluralismo: a minarne l’inviolabilità non sono solo le parole d’odio, ma il gesto di invadere uffici con la scusa del dissenso.

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Le reazioni politiche sono arrivate nel giro di poche ore. Dal Colle è giunta una condanna netta: il presidente della Repubblica ha espresso «solidarietà» ai giornalisti e definito l’irruzione un fatto che merita ferma condanna. Sul fronte politico, il Presidente del Consiglio ha telefonato al direttore del quotidiano e ha ribadito che la libertà di stampa è un valore irrinunciabile; a questa posizione si è associata un’ampia fascia di partiti che, pur mantenendo critiche all’azione delle testate su temi internazionali, hanno stigmatizzato ogni forma di intimidazione fisica e vandalica. Nei commenti pubblici è emersa, tuttavia, una netta divisione: per alcuni leader politici l’episodio è la conseguenza di una escalation di tensioni internazionali che chiede risposte di politica estera, per altri è un campanello d’allarme sulla deriva di certi movimenti di protesta.

Sul piano giudiziario le forze dell’ordine hanno proceduto a identificazioni: decine di persone sono state riconosciute e al momento alcune posizioni sono al vaglio per violazione di domicilio, danneggiamento e altri reati legati all’ordine pubblico. Tra i fermati ci sarebbe anche un minore, secondo le ricostruzioni locali. Le immagini della giornata — riprese dalle telecamere di sorveglianza e dai telefonini — sono ora parte degli atti che comporranno il quadro probatorio delle accuse.

Per comprendere la dimensione politica dell’episodio bisogna leggere l’assalto alla luce di un periodo di forte radicalizzazione delle piazze italiane. Negli ultimi mesi le manifestazioni pro-Palestina hanno assunto connotati di massa: non solo flashmob e sit-in, ma scioperi generali, blocchi di strade e presidi prolungati in molte città. L’acuirsi del conflitto in Medio Oriente ha avuto l’effetto di una lente che moltiplica le tensioni locali: alle proteste si sommano rivendicazioni sociali e questioni interne alla sfera pubblica italiana, dall’immigrazione al ruolo dell’Italia nelle forniture militari e all’atteggiamento dei media. In questo contesto, istituzioni e stampa si trovano a navigare tra la necessità di tenere ferme regole e l’urgenza di non soffocare spazi di protesta legittimi.

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Alcuni direttori chiedono misure di sicurezza rafforzate e una normativa più stringente contro le irruzioni in spazi di informazione. Altri, invece, temono che una reazione securitaria finisca per minare il diritto di manifestare, soprattutto quando la protesta nasce da drammi umanitari che mobilitano larghe fasce della popolazione. In mezzo stanno i giornalisti, che vedono compromessa la loro capacità di lavorare e che chiedono, oltre alla solidarietà formale, misure che garantiscano l’incolumità personale e la libertà di esercizio professionale.

A Torino, mentre si procede con le identificazioni e le denunce, cresce l’appello per un dibattito pubblico più misurato e per strumenti di regolazione della convivenza che non affidino tutto alla repressione. È evidente che la polarizzazione mediatica alimenta le piazze e che la narrativa – di parte e spesso feroce — contribuisce a costruire un clima nel quale gli estremi si incontrano: chi giustifica la violenza come «l’unico linguaggio rimasto», e chi risponde con misure che possono facilmente essere strumentalizzate come limitazioni del dissenso.

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L’assalto a La Stampa è un episodio che viola il diritto di esprimere opinioni e il dovere di rispettare gli spazi altrui. È, insieme, uno specchio di quanto la crisi internazionale possa riverberarsi dentro le democrazie nazionali, facendo emergere crepe che richiedono attenzione e non solo condanna mediatica.

Il Comunicato del Cdr de La Stampa

Il Comitato di Redazione de La Stampa condanna con forza l’irruzione di un centinaio di manifestanti all’interno della redazione centrale del nostro giornale in via Lugaro a Torino.

Un attacco gravissimo all’informazione e ancora più vile perché accade nel giorno dello sciopero nazionale dei giornalisti per il rinnovo del contratto di lavoro e a difesa della qualità dell’informazione democratica, libera e plurale.Senza che le forze dell’ordine lo impedissero, i manifestanti in parte a volto scoperto e in parte con passamontagna hanno forzato due porte della sede, e al grido di «Giornalista terrorista, sei il primo della lista» hanno invaso la redazione, imbrattato i muri con scritte e buttato all’aria libri e carte preziose che usiamo quotidianamente per il nostro lavoro. Un violento attacco al nostro giornale e all’informazione tutta.

perché accade nel giorno dello sciopero nazionale dei giornalisti per il rinnovo del contratto di lavoro

Non abbiamo paura. Siamo giornalisti. E continueremo a fare il nostro lavoro senza farci intimidire.

La solidarietà del presidente Mattarella e della premier Meloni

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto pervenire al direttore Andrea Malaguti e alla redazione de “La Stampa” la sua solidarietà, unita alla ferma condanna della violenta irruzione nella sede del quotidiano. Parole nette sono arrivate anche dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha telefonato al direttore per esprimere vicinanza a tutta la comunità del giornale. Nel corso della conversazione, Meloni ha definito l’irruzione dei manifestanti «un fatto gravissimo che merita la più assoluta condanna», auspicando «una risposta unanime» contro ogni forma di intimidazione nei confronti della stampa. «La libertà di informazione è un bene prezioso da difendere ogni giorno», ha ribadito la premier.

Il comunicato di solidarietà di Associazione Stampa Subalpina, FNSI, Ordine Nazionale dei Giornalisti e del Piemonte

Inaccettabile. Ogni forma di dissenso espressa con atti intimidatori e di violenza non ci appartengono e li rifiutiamo con forza. L’aggressione verbale e le irruzioni nelle redazioni dei giornali riportano indietro le lancette del tempo quando ogni pensiero non allineato al governante di turno veniva punito con l’olio di ricino e le bastonate. E quei comportamenti venivano etichettati come “azioni fasciste.” Anche oggi a distanza di quasi 90 anni e l’evoluzione digitale ci ritroviamo ad affrontare queste manifestazioni d’odio e a constatare come la storia non abbia insegnato nulla.

L’Associazione Stampa Subalpina, la FNSI con la segretaria generale Alessandra Costante, l’Ordine Nazionale dei Giornalisti e del Piemonte stigmatizzano l’intrusione forzosa nella sede del quotidiano La Stampa, le scritte ingiuriose e discriminatorie vergate sui muri.

Un episodio che si aggiunge ad altre aggressioni dei quali sono state vittime giornaliste/i in tutta Italia e che richiedono un aumento della vigilanza intorno alle redazioni dei giornali per evitare che l’esercizio della liberà di stampa possa subire limitazioni, attraverso minacce e intimidazioni.

La solidarietà del ministro Piantedosi: “Azione gravissima”

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha chiamato il direttore de La Stampa Andrea Malaguti per esprimergli la propria solidarietà e sottolineando il proprio rammarico e disappunto dopo che un gruppo di circa 50 antagonisti – al termine di una manifestazione preavvisata – oggi ha fatto irruzione nella sede del quotidiano torinese apportando alcuni danni alla struttura. L’azione è ritenuta «gravissima e del tutto inaccettabile» dal titolare del Viminale e per questo è stata avviata «una verifica approfondita su come si sono svolti i fatti». Al momento risulterebbero una trentina di soggetti identificati dell’area antagonista torinese.

La solidarietà dei colleghi di Repubblica

Il Cdr di Repubblica è vicino e solidale con le colleghe e i colleghi della Stampa dopo quanto avvenuto oggi: un gruppo composto da decine di manifestanti, staccandosi da un corteo in solidarietà con la Palestina, è entrato con la forza dentro la redazione centrale a Torino (semi-vuota per lo sciopero), imbrattando la sede del quotidiano, gettando a terra oggetti e giornali e gridando slogan minacciosi.
Riteniamo tutto ciò gravissimo per più motivi. Intanto perché l’azione avviene in un giorno di mobilitazione nazionale della nostra categoria, impegnata a difendere i propri diritti, la propria dignità di lavoratrici e lavoratori, la qualità e l’indipendenza dell’informazione. Crediamo che, a prescindere dalla natura delle rivendicazioni, prendere di mira la sede di un quotidiano sia una pratica squadrista, perciò da respingere in toto nella forma e nella sostanza. Terzo punto: è francamente incredibile che le forze dell’ordine, solerti di fronte alla gran parte delle manifestazioni, comprese quelle pacifiche, abbiano lasciato comodamente invadere la redazione di un giornale, cioè un posto di lavoro. Siamo convinti che chi ne ha la responsabilità, anche istituzionali, dovrà rendere conto di questo episodio inquietante.

Il Cdr

La solidarietà dei colleghi della Sentinella del Canavese

L’attacco alla redazione della Stampa è la manifestazione di un clima d’odio e di intimidazione verso tutti gli operatori dell’informazione. Avviene nel giorno in cui i giornalisti sono in sciopero per difendere il loro contratto e denunciare lo stato di precarietà in cui molti colleghi sono costretti a lavorare. Per questo vedere l’immagine dei giornali a terra in una redazione vuota e vandalizzata è doloroso. La redazione della Sentinella del Canavese esprime la più profonda vicinanza ai colleghi della Stampa e al contempo invita le istituzioni a interrogarsi sul clima da anni di piombo che è calato sul giornalismo libero, che rende possibili atti fino a qualche anno fa impensabili.

Il Cdr

La solidarietà del Tg3

Le giornaliste e i giornalisti del Tg3 esprimono sdegno per l’irruzione nella redazione del quotidiano la Stampa di un gruppo di manifestanti staccatisi dal corteo di oggi a Torino.
La vicinanza e la solidarietà per i colleghi è totale. Ma altrettanto forte è l’appello a individuare i colpevoli e consegnarli alla giustizia perché non si ripetano più aggressioni di questo tipo, che ricordano i momenti più bui della Storia del nostro Paese.
Nel giorno in cui tutta la categoria ha scioperato per rivendicare la dignità di questo mestiere è ancora più intollerabile che la violenza di qualcuno provi a intimidire chi svolge con onestà e scrupolo il nostro difficile lavoro.
La raccolta di notizie verificate e la pluralità dei punti di vista nel commentarle sono la base della democrazia.
Chi attenta a questo principio, sia con l’abuso del potere, sia con l’abuso della violenza, attenta al vivere civile.

29 Novembre 2025
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