🌐 Addio a Padre Eligio Gelmini, da San Siro ai Centri di recupero
Una vita per gli ultimi
Si è spento a Milano, all’età di 94 anni, padre Eligio Gelmini — figura controversa per alcuni, ma indiscutibilmente centrale per molti — conosciuto come “padre spirituale” del AC Milan negli anni Sessanta e Settanta, pioniere nel supporto ai giovani emarginati, fondatore del primo “Telefono Amico” e dell’esperienza comunitaria di riabilitazione per tossicodipendenti nota come Mondo X. La sua scomparsa segna la conclusione di una parabola umana, religiosa e sociale che ha toccato ambiti molto differenti: dallo sport allo spettacolo della sofferenza giovanile, fino all’impegno reale per il recupero e la speranza di tanti invisibili.
Un frate con gli stivali dei Beatles: l’uomo che entrava negli stadi
Nato nel 1931 a Bisentrate, frazione di Pozzuolo Martesana, con il nome di battesimo Angiolino, padre Eligio scelse la vita religiosa e ben presto si distinse per un carattere anticonformista, che gli valse soprannomi come “Frate by night” o “Frate dribbling”.
Negli anni ’60 divenne consulente spirituale del Milan, instaurando un forte legame con protagonisti iconici della squadra come Gianni Rivera — il Golden Boy — e sostenendo la formazione rossonera non solo sul campo ma anche nell’identità morale e comunitaria.
La sua presenza allo stadio, con occhiali Ray-Ban e look da beat, appariva quasi anacronistica per un religioso; eppure, fu proprio l’incontro casuale con Rivera a dare origine a una delle storie più sorprendenti del panorama sportivo e sociale italiano.
Il rapporto fra frate e calciatore superava il mero tifo: parentava con l’idea che il calcio — e lo sport in generale — potesse essere un’occasione di crescita, disciplina, senso del limite, e al tempo stesso un ponte verso la solidarietà. Quando il Milan vinse la sua prima Coppa dei Campioni nel 1969, Rivera volle dedicarla idealmente a padre Eligio.
Dal cellulare che ascolta la sofferenza: “Telefono Amico”
Ma la vicenda di padre Eligio non si limita ai campi da calcio. Nel 1964 — quando le telecomunicazioni erano un concetto molto diverso da oggi — fondò il primo servizio italiano di ascolto per persone in difficoltà: un numero a disposizione di chi si sentiva solo, disperato, senza rete. Quel “Telefono Amico” fu un’idea visionaria di prevenzione, ascolto, umanità: riuscì a dare voce a chi non ne aveva più.
Fu un gesto di umanità radicale, che anticipò un dibattito sociale ancora oggi attuale: salute mentale, solitudine, emarginazione, crisi generazionali. In un’epoca in cui il tabù mentale era forte, aprire una linea di ascolto attiva 24 ore su 24 fu una risposta concreta e pionieristica.
Mondo X: comunità per recuperare vite
Nel 1967, padre Eligio diede un ulteriore impulso al suo progetto sociale: fondò Mondo X, la prima comunità italiana dedicata al recupero dei tossicodipendenti. Una struttura nata dal basso, senza retorica, con la consapevolezza che dietro la parola “droga” ci fossero volti, storie, fragilità.
Quella prima esperienza fu trasformata in una rete di comunità — non solo a Milano, ma anche a Cozzo (Pavia), sull’Isola di Formica (Isole Egadi), a Cetona (Siena), persino sul Monte Tabor in Israele — offrendo a decine di migliaia di persone un’opportunità di riscatto, di dignità, di vita.
Molti dei ragazzi recuperati dalle situazioni più disperate, che la società aveva ormai abbandonato come “casi persi”, principalmente per la tossicodipendenza, hanno trovato in Mondo X un porto di salvezza, un nuovo inizio, una seconda occasione. L’approccio non paternalistico, l’attenzione al rispetto, al lavoro, alla responsabilità personale e collettiva, fece di queste comunità qualcosa di più di un ricovero: un progetto di vita.
Ombre e controversie tra arresti, accuse, rinascita
La vita di padre Eligio non è stata immune da critiche e momenti bui. Nel 1976 — insieme al fratello, Don Pierino Gelmini, fondatore della ben nota realtà “Comunità Incontro” — fu arrestato, accusato di truffa. Un episodio che segnò entrambe le comunità e che portò il religioso a spostarsi: lasciò Milano, si trasferì in Sicilia e poi sull’Isola di Formica, dove tentò di ricostruire ex novo la sua vocazione, lontano da scandali e giudizi mediatici.
Questo capitolo controverso della sua vita non è mai stato del tutto chiarito — le accuse, le inchieste, le divisioni — e alcuni detrattori lo citano tuttora come un “frate con ombre”. Ma per molti altri, soprattutto per chi ha vissuto la rinascita di Mondo X, è un esempio di resistenza, di capacità di reinventarsi, di ricostruire da zero un progetto che metteva al centro la dignità umana.
In questo senso, la sua storia — con luci e ombre — è emblematica di quanto il cammino di chi sceglie di stare con “gli ultimi” sia spesso segnato da contraddizioni: ma spesso è anche l’unico possibile per restare fedeli a un’idea radicale di carità e giustizia.
Religione, calcio, reinserimento sociale
Padre Eligio lascia dietro di sé un’eredità composita, che attraversa mondi apparentemente distanti, ma che nella sua persona hanno trovato un’unica anima: lo sport, la fede, la solidarietà concreta, la lotta contro l’emarginazione, l’inclusione.
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Nel calcio: un esempio di come la religione e lo sport possano dialogare, offrendo non solo gloria e titoli, ma senso, comunità, valori.
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Nella società: la consapevolezza che dietro ogni problema, ogni dipendenza, ogni marginalità, c’è una persona — e nessuno dovrebbe essere dimenticato.
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Nel volontariato e nell’ascolto: l’idea che dare voce, accogliere, ascoltare, possa salvare vite reali. Telefonate notturne, storie rotte, ragazzi in crisi: ognuno accolto con dignità.
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Nel modello comunitario: la speranza che il “recupero” non sia solo medicalizzazione, ma rinascita, responsabilità, opportunità di una vita diversa.
Reazioni: sportivi, volontari, comunità – il lascito
La notizia della sua scomparsa ha provocato ondate di cordoglio. La comunità di Mondo X, le decine di migliaia di persone passate per le sue comunità, volontari, amici, ragazzi salvati: tutti hanno espresso dolore e gratitudine. La Comunità Incontro ETS — guidata in passato da suo fratello Pierino — ha dedicato un messaggio commosso, riconoscendo in padre Eligio un fratello di strada e di speranza.
Dal mondo del calcio e dello sport, ricordi struggenti: ex compagni, vecchi tifosi, semplici amanti del pallone — tutti ricordano un frate un po’ rock, un po’ ribelle, ma capace di stare dietro le quinte con discrezione, e di offrire conforto.
E anche nella società civile: associazioni per il volontariato, esperti di sostegno, operatori sociali, vedono nella sua opera un modello, un esempio da ripensare in tempi in cui fragilità, dipendenze, emarginazione tornano a diventare drammi spesso ignorati.
Le comunità come Mondo X rappresentano ancora oggi un punto di riferimento fondamentale. Ma negli anni la marginalizzazione, le crisi economiche, lo stigma sociale, la fragilità della rete di supporto hanno messo in difficoltà molti progetti. Il rischio è che, senza memoria e senza continuità, le porte che lui aveva aperto possano richiudersi.
Un frate, un’icona, una sfida rimasta viva
Padre Eligio Gelmini è stato — per molti — un prete fuori dal coro; per altri, un faro; per molti altri ancora, il ponte fra sport, fede e solidarietà. È stato capace di fare di San Siro e delle comunità “di recupero” due luoghi complementari: uno di celebrazione, uno di rinascita.
La sua morte lascia vuoti concreti: assenze, silenzi, bilanci da fare. Ma lascia anche una testimonianza: che la compassione, la cura del singolo, la lotta alle fragilità, sono valori che non conoscono età, moda, epoche. Che fare comunità non è marketing: è lavoro, è impegno, è vita.
Nel mondo di oggi — segnato da solitudini, crisi personali, povertà morale e materiale — forse la lezione più grande che padre Eligio lascia è questa: non bisogna ignorare chi è invisibile, non bisogna lasciare che la disperazione diventi silenzio. E che dietro ogni persona — anche quella dimenticata dal mondo — c’è un volto, una storia, un valore.
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