Tra emozione e trionfo: l’intelligenza emotiva e la terza insalatiera azzurra
In un mondo sempre più affollato di pressioni, scadenze e un flusso ininterrotto di stimoli, meditare è un’ancora. Lo sostiene con forza Daniel Goleman, psicologo di fama internazionale e pioniere dell’intelligenza emotiva, che nel suo recente libro scritto insieme al maestro tibetano Tsoknyi Rinpoche esplora l’impatto della contemplazione sul cervello umano.
Goleman ricorda i suoi primi passi in India negli anni Sessanta, quando, studente ad Harvard, si avvicinò per la prima volta a guru, yogi e lama tibetani. Da allora, ha costruito un ponte tra scienza e spiritualità che oggi trova ulteriore conferma: se nel passato gli studi sulla meditazione erano rari, oggi si pubblicano mille articoli l’anno su mindfulness, respiro e consapevolezza.
Uno degli effetti più potenti della meditazione, secondo Goleman, è la riduzione delle ruminazioni mentali: quei pensieri ossessivi che alimentano un’ansia fine a sé stessa, e che non spariscono semplicemente con il raggiungimento di un obiettivo.
Le pratiche consigliate nel libro sono concrete: la “stretta di mano”, per riconoscere e accettare i propri schemi mentali, e il “lasciar andare”, per imparare a lasciar fluire i pensieri senza inseguirli. E anche solo rallentare il respiro — da dodici a dieci respiri al minuto, per esempio — può avere un effetto che si riflette non solo sul sistema nervoso, ma anche sull’attività cerebrale.
La meditazione non è un modo per isolarsi, ma uno strumento per migliorare le relazioni, per stare meglio con sé stessi e con gli altri. “Ogni momento contemplativo è un mattone per costruire le relazioni interpersonali”, afferma.
E la scienza gli dà ragione: chi osserva il respiro e pratica consapevolezza sviluppa una maggiore serenità interiore, una resilienza nei confronti dello stress e una capacità più alta di recuperare dai turbamenti quotidiani.
Dal tappeto di meditazione al campo da tennis: la tripla gioia azzurra
La filosofia della presenza mentale sembra quasi descrivere perfettamente il cammino della squadra italiana di tennis: calma, unità, concentrazione. In un momento storico in cui il tennis azzurro si conferma straordinario, le parole di Daniel Goleman risuonano come un commento ideale a quanto sta accadendo in campo.
Mercoledì 20 novembre 2025 segna una pagina indimenticabile per il tennis italiano: l’Italia conquista la terza Coppa Davis consecutiva, un’impresa storica che suggella un ciclo di crescita e coesione.
Al centro della festa c’è Flavio Cobolli, il giovane romano autore del punto decisivo nella finale contro la Spagna. “Era il mio sogno, il sogno di tutti noi”, ha detto con la voce rotta dall’emozione.
Non è stata una vittoria facile: Cobolli si è imposto su Munar con grande cuore e determinazione. “Siamo una squadra unita”, ha ribadito, ringraziando i compagni per il supporto nei momenti difficili.
Il capitano Filippo Volandri, dal canto suo, ha parlato di “sapore straordinario” per aver vinto in Italia, tra il tifo di casa e la responsabilità di difendere il titolo.
Anche Matteo Berrettini ha voluto sottolineare il ruolo collettivo: “Non importa chi gioca, la differenza la fa la squadra”, ha dichiarato.
Andrea Vavassori, compagno di doppio e amico di Cobolli, ha descritto il gruppo come “un gruppo di amici che lotta insieme” – parole che sembrano incarnare perfettamente quel senso di unità emotiva che Goleman esplora nella sua riflessione sulla consapevolezza.
Il momento imprevisto: l’insalatiera che non resiste all’emozione
E come nelle più belle storie, anche nella celebrazione non è mancato un colpo di scena. Durante la premiazione, quando l’insalatiera d’argento — il trofeo simbolo della Coppa Davis — passava di mano in mano, si è verificato un piccolo incidente: la parte superiore del trofeo si è staccata, cadendo a terra.
Matteo Berrettini, con le mani nei capelli, è subito intervenuto per aiutare Simone Bolelli a ricomporre l’ornamento.
Un momento di imbarazzo? Forse. Ma soprattutto una scena carica di tenerezza: il trofeo che si rompe, proprio mentre la tensione lascia il posto alla gioia più pura, ricorda che anche le vittorie più perfette sono fatte di imprevedibilità. E forse ancora di più quando emozioni ed entusiasmo si fondono senza filtri.
L’intelligenza emotiva come arma segreta
Mettendo insieme questi due mondi — la meditazione secondo Goleman e il trionfo sportivo azzurro — emerge un filo comune: l’intelligenza emotiva.
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La meditazione aiuta a gestire ansia e pensieri ricorrenti, migliorando la concentrazione.
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In campo, la squadra italiana ha mostrato resilienza, compattezza e forza nei momenti decisivi.
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La rottura dell’insalatiera, per quanto imprevista, è diventata un simbolo di autenticità: una squadra che non recita, ma vive davvero ogni emozione.
Meditazione, sport e responsabilità
Qual è il bilancio di questa doppia riflessione? Da un lato, la meditazione come strumento nelle nostre vite – non per sfuggire al mondo, ma per affrontarlo con più chiarezza, empatia e forza interiore. Dall’altro, uno sport che diventa laboratorio di emozioni, un luogo in cui la presenza mentale, la fiducia e la collaborazione fanno la differenza.
Per l’Italia del tennis, la vittoria in Coppa Davis non è solo un trofeo. È un’affermazione di un modello: un gruppo giovane, unito, capace di sognare e di fare del proprio sogno una realtà.
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