Cefalea: nel 2023 quasi 3 miliardi di persone colpite
Nel 2023, quasi un terzo della popolazione mondiale – circa 2,9 miliardi di persone – ha sperimentato un disturbo da cefalea, rendendo la cefalea una delle condizioni di salute più diffuse e invalidanti al mondo. È quanto emerge dal rapporto aggiornato nell’ambito dello studio Global Burden of Disease (GBD) 2023, pubblicato di recente su The Lancet Neurology. Questo dato segna ancora una volta quanto sia sottovalutato il problema della cefalea, pur essendo tra le principali cause di perdita di qualità della vita.
Secondo l’analisi condotta da ricercatori dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) e della Norwegian University of Science and Technology (NTNU), i disturbi da cefalea nel 2023 hanno causato un tasso di 541,9 anni vissuti con disabilità (YLD) per 100.000 persone. Questo colloca la cefalea al sesto posto tra tutte le cause di disabilità a livello globale, un risultato che spinge a riconsiderare la sua importanza nel panorama sanitario.
Il dato è ancora più allarmante se si considera la distribuzione di genere: le donne ne soffrono più del doppio rispetto agli uomini, con un tasso di 739,9 YLD per 100.000 persone femminili contro 346,1 per 100.000 uomini.
Tipi di cefalea: non tutte sono uguali
Emicrania (migraine)
Cefalea tensiva (tension-type headache, TTH)
Cefalea da abuso di farmaci (medication-overuse headache, MOH)
Anche se la cefalea tensiva è quasi il doppio più comune dell’emicrania, è quest’ultima che genera la stragrande maggioranza dell’onere disabilitante. L’emicrania da sola è responsabile di circa 487,5 YLD ogni 100.000 persone, mentre la TTH produce 54,4 YLD ogni 100.000. Inoltre, la cefalea da abuso di farmaci – ovvero quando la stessa terapia per alleviare il mal di testa peggiora la condizione – contribuisce in modo significativo al carico globale: secondo lo studio, oltre un quinto della disabilità globale attribuita alla cefalea è legato a questo fenomeno. La cefalea un fenomeno invalidante
Il fatto che quasi 3 miliardi di persone soffrano di cefalea è già di per sé allarmante, ma il vero peso per i sistemi sanitari e per la qualità di vita delle persone sta nei YLD, gli anni vissuti con disabilità. Questo indicatore non misura solamente la mortalità, ma il tempo che una persona trascorre con sintomi che limitano le attività quotidiane, il lavoro, i rapporti sociali.
L’emicrania, pur essendo meno frequente rispetto alla TTH, ha attacchi più intensi e duraturi, con nausea, sensibilità alla luce o al suono, invalidità durante l’attacco. Questo la rende molto più debilitante. Quando poi si aggiunge l’abuso di farmaci come strategia di “autogestione”, la situazione peggiora: non solo non si risolve il problema, ma lo si amplifica.
Uno degli aspetti più sorprendenti emerge nella comparazione con le decadi precedenti: nonostante la crescita della popolazione, la proporzione di persone colpite da cefalea è rimasta sostanzialmente stabile dagli anni ’90. Secondo i dati del GBD, già nel 1990 si stimava che circa un terzo della popolazione mondiale fosse affetto da disturbi cefalgici. Questa stabilità, però, nasconde una crescita nel carico assoluto: con più persone nel mondo, anche se la percentuale rimane, il numero totale di individui che soffre di cefalea è aumentato.
L’impatto della cefalea non è uniforme in tutto il mondo. Secondo i dati più recenti, le regioni con il più alto tasso di disabilità da emicrania includono Nord Africa, Medio Oriente, Europa e Nord America.
Le ragioni possono essere molteplici: differenze nell’accesso a cure specialistiche, nella diagnosi, nel trattamento preventivo. In molte aree, la consapevolezza della cefalea come malattia seria è ancora limitata, e l’accesso ai centri cefalea – dove vengono applicate terapie avanzate – può essere carente.
Sul fronte di genere, come detto, le donne sono particolarmente colpite: non solo per una prevalenza più alta, ma anche perché gli attacchi tendono a essere più lunghi. Questo potrebbe essere legato a fattori ormonali, ma anche a barriere nell’accesso a cure adeguate o nella diagnosi.
Cefalea e salute mentale: un circolo pericoloso
La cefalea, e in particolare l’emicrania, non è solo una questione di dolore fisico: molte ricerche negli anni recenti hanno evidenziato una stretta correlazione tra mal di testa cronico e disturbi psichici, come ansia e depressione.
Ad esempio, alcuni studi suggeriscono che chi soffre di emicrania ha un rischio più elevato di suicidio. Secondo una ricerca condotta su larga scala, persone con disturbi da cefalee hanno una probabilità significativamente maggiore di tentare suicidio o di sviluppare problemi di salute mentale severi (> 40% in più in alcuni tipi).
Questo significa che la gestione della cefalea non può limitarsi al solo trattamento del dolore, ma deve includere un approccio multidisciplinare che tenga conto anche della salute mentale.
Il problema si estende anche alle nuove generazioni. Uno studio pubblicato nel 2025 su BMC Neurology ha esaminato il carico di cefalea nei giovani (5‑24 anni) dal 1990 al 2021. Secondo gli autori, il numero di nuovi casi è aumentato significativamente nel periodo analizzato, e nel 2021 la prevalenza ha raggiunto oltre 811 milioni di giovani alle prese con cefalee.
Anche tra i giovani, la forma più comune è la cefalea tensiva, ma è l’emicrania a contribuire in misura maggiore alla disabilità. Questo dato ha implicazioni importanti: la cefalea può condizionare il rendimento scolastico, le attività ricreative e lo sviluppo sociale.
L’importanza dello studio GBD 2023 risiede non solo nella fotografia aggiornata del fenomeno, ma anche nei messaggi che lancia ai decisori politici e ai sistemi sanitari. Ecco alcuni punti chiave:
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Prevenzione e diagnosi precoce: la cefalea non deve essere trattata come un semplice “mal di testa”. È essenziale migliorare l’educazione pubblica, formare medici di base, incentivare l’accesso ai centri specializzati.
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Uso responsabile dei farmaci: l’abuso di analgesici è una delle cause più rilevanti di cefalea invalidante (MOH). Campagne di sensibilizzazione sia per i pazienti che per i professionisti possono ridurre questo fenomeno.
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Cure mirate: servono più risorse per terapie preventive, specialmente per l’emicrania. Anche le terapie comportamentali, psicologiche e l’approccio multidisciplinare possono ridurre il carico.
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Ricerca e finanziamenti: nonostante l’impatto globale, la cefalea è spesso sottostimata nei bilanci della ricerca sanitaria. Investire di più in studi clinici, farmacologici e in nuovi modelli di assistenza può fare la differenza.
Un disturbo invisibile ma reale
La cifra di quasi 3 miliardi di persone colpite nel 2023 non è solo un numero: rappresenta vite che convivono quotidianamente con dolore, limitazioni, frustrazione. La cefalea – soprattutto l’emicrania – è una malattia “invisibile”: chi ne soffre non sempre può spiegare la gravità dei sintomi, e troppo spesso la società la tratta come qualcosa di banale.
Eppure, la ricerca ci mostra che, con le giuste politiche, una migliore formazione, l’accesso a cure adeguate e una presa di coscienza collettiva, gran parte di questo carico può essere gestito o ridotto.
La cefalea non è solamente “un mal di testa”, ma una delle sfide neurologiche più grandi del nostro tempo. Ignorarla non è più un’opzione.
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