Il condono edilizio scuote la Campania e scoppiano le polemiche
L’emendamento FdI prevede la riapertura della sanatoria edilizia introdotta nel 2003, quella che molti chiamano “terzo condono”. Secondo i proponenti, non si tratta di un nuovo condono, bensì di una sanatoria per “vecchie pendenze”: edifici che all’epoca della prima legge non sono stati regolarizzati anche se chi aveva pagato gli oneri non ottenne la sanatoria. L’obiettivo dichiarato è evitare l’abbattimento di “migliaia di case”, ma solo di quelle non realizzate in zone vietate.
In particolare, Fratelli d’Italia insiste che la Campania sarà la prima regione a recepire la norma, in caso di vittoria elettorale, dato che fu proprio nella giunta Bassolino che molti casi rimasero irrisolti nonostante il condono.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Da un lato, FdI difende la misura come un «atto di giustizia» per famiglie rimaste escluse anni fa. Dall’altro lato, però, il Partito Democratico e i Verdi accusano la destra di usare il condono come strumento elettorale di raccolta consensi, definendolo un vero e proprio «voto di scambio».
Il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia, ha denunciato che la norma rappresenterebbe “un favore politico a chi ha costruito in modo abusivo”: secondo lui, non è una risposta ai bisogni abitativi ma un incentivo all’illegalità. Anche Roberto Fico, candidato governatore del centrosinistra, è particolarmente duro, parlando di un “annuncio disperato” da parte di FdI.
Non tutti in casa governativa sono convinti. Il vicepresidente di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso cautela: per lui non serve una sanatoria generalizzata, ma un’analisi “caso per caso” per distinguere le situazioni meritevoli da quelle potenzialmente pericolose.
Dalla parte di FdI, invece, il senatore Antonio Iannone, già sottosegretario, assicura che la norma può restare vincolata alle Regioni: sarà compito locale definire quali edifici possano beneficiare della sanatoria.
L’abusivismo che morde la Campania
Per comprendere la portata della proposta, è necessario fare un salto nel passato: la Campania ha da decenni un grave problema di abusivismo edilizio. Secondo il report “Abbatti l’Abuso” di Legambiente, tra il 2004 e il 2022 sono state emesse oltre 23.600 ordinanze di abbattimento, ma solo il 13,1 % degli edifici è stato effettivamente demolito.
In numeri concreti, ciò significa che migliaia di edifici abusivi rimangono ancora in piedi. In passato, solo una piccola percentuale delle case abusive è stata acquisita al patrimonio pubblico, un segnale delle difficoltà amministrative e politiche nel far rispettare la legalità.
La sanatoria partita dal condono del 2003 è particolarmente sentita in Campania perché, all’epoca, la sua regione non recepì la norma. Questo ha lasciato un gran numero di cittadini “in pendenza”: hanno pagato gli oneri necessari ma non sono mai riusciti a regolarizzare le loro proprietà. FdI ha raccolto queste istanze, sostenendo che si tratti di un problema di equità.
Altri, però, sottolineano che questa scelta non può essere spartita solo in campagna elettorale. Il rischio, secondo i critici, è di premiare tipologie di abuso costruite “col favore della politica”.
Critici di vario tipo – politici, ambientalisti, osservatori civili – hanno lanciato negli ultimi giorni un forte allarme. Secondo Francesco Boccia, la proposta FdI rappresenta una resa dello Stato nei confronti dell’illegalità. Le stesse associazioni ambientaliste ricordano che il territorio campano è già fortemente compromesso: un’ulteriore sanatoria potrebbe incoraggiare nuove pratiche abusive, aggravando il degrado paesaggistico e il rischio idrogeologico.
Non è solo una questione ideologica: per molti ricominciare a sanare abusi è un grave pericolo per la sicurezza del territorio, se consideriamo che molte costruzioni abusive si trovano in zone fragili dal punto di vista geologico.
Logistica politica e elettorale
Il tempismo non è casuale. L’emendamento arriva a ridosso delle elezioni regionali in Campania. Per FdI, riaprire il condono rappresenta una promessa concreta da presentare agli elettori, in particolare in zone dove le case abusive sono numerose e la domanda di sanatoria è ancora viva.
I detrattori, però, non nascondono la loro diffidenza: per loro, si tratta di un’operazione politica trasparente, una leva elettorale che punta a consolidare consenso in una regione segnata da problemi strutturali legati all’edilizia abusiva e alle disuguaglianze urbanistiche.
Se l’emendamento dovesse passare e la Campania lo recepisse per prima, si aprirebbe una fase nuova di sanatoria edilizia. Ma non è detto che venga accolta senza condizioni: alcune regioni potrebbero imporre restrizioni e criteri selettivi, limitando la sanatoria a edilizia “non pericolante”.
In parallelo, l’approvazione potrebbe innescare un forte dibattito su scala nazionale: altri partiti potrebbero chiedere misure simili nelle regioni dove l’abusivismo è forte, o opporsi con rinnovata energia.
Non da ultimo, l’impatto sulla percezione pubblica potrebbe essere rilevante: la legalità urbanistica è un tema sensibile e la promessa di “salvare” case abusive potrebbe essere letta come una concessione alla clientela edilizia, con effetti reputazionali per il governo.
Il condono edilizio proposto da Fratelli d’Italia per la Campania non è una misura marginale: si inserisce in un terreno politicamente e socialmente minato, dove l’illegalità edilizia ha radici profonde, ma dove la legalizzazione resta un tema caldo.
Da un lato, FdI sostiene di colmare un’ingiustizia storica, restituendo diritti a migliaia di cittadini esclusi da precedenti sanatorie. Dall’altro, le opposizioni e alcune voci della società civile vedono una mossa elettorale che rischia di premiare l’abusivismo, minare la legalità e alimentare speculazioni.
La Campania deve affrontare il problema dell’abusivismo con strumenti credibili e sostenibili. Una sanatoria può avere senso solo se accompagnata da rigore, trasparenza e garanzia che non si traduca in premialità per i violatori della legge. In assenza di questi elementi, c’è il rischio concreto che il condono diventi l’ennesima concessione al “cemento selvaggio” e un tassello di un disegno politico che trascura l’emergenza ambientale.
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