Manovra 2026: una valanga di emendamenti
Il nodo dello sciopero: scrivere e anticipare
Tra gli emendamenti più contestati c’è quello presentato da Fratelli d’Italia: richiede che i lavoratori dei trasporti comunichino per iscritto — entro sette giorni prima — la loro intenzione di aderire a uno sciopero. Secondo il testo, questa comunicazione è “irrevocabile” e serve per “individuare i nominativi” di chi dovrà garantire i servizi minimi.
Le reazioni sindacali sono state immediate e dure. Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno condannato il provvedimento, definendolo “inaccettabile” e lesivo del diritto costituzionale di sciopero. Secondo le sigle, la misura rischia di creare “liste di scioperanti”, aprendo la strada a pressioni occupazionali e discriminazioni.
Non si tratta solo di un conflitto sindacale: secondo i sindacati, l’emendamento “snatura il diritto stesso di sciopero” e mina lo spirito del conflitto industriale nei servizi pubblici. Le organizzazioni minacciano di mettere in campo “tutte le iniziative necessarie” per contrastare l’emendamento, che considerano non solo inutile ma persino pericoloso.
I
l condono edilizio: torna la bomba elettorale
Ma non è lo sciopero l’unica questione spinosa. Sempre da Fratelli d’Italia arriva una proposta di riaprire i termini della sanatoria edilizia del 2003, in particolare per immobili esclusi all’epoca dal condono. Un tema che tocca fortemente la Campania, regione dove molti edifici non furono regolarizzati, secondo FdI, “per errori amministrativi” del passato.
Secondo i critici dell’emendamento, tuttavia, la misura ha un chiaro taglio elettorale: “voto di scambio”, denunciano Pd e Alleanza Verdi-Sinistra, poiché il provvedimento arriva proprio alla vigilia delle elezioni regionali in Campania.
Da parte sua, FdI sostiene che non si tratti di un condono “selvaggio”: il testo prevede esclusioni rigorose per gli immobili costruiti in aree vietate, e lascia alle Regioni la gestione della sanatoria, per decidere “quali casi possono essere sanati e quali no”.
Il contesto più ampio: mobilitazioni e tensioni sociali
Il confronto sulla manovra non emerge nel vuoto. Già in passato, i sindacati avevano denunciato che la manovra proposta non risponde adeguatamente alle esigenze di pensionati, lavoratori e servizi pubblici. Nel mese di ottobre scorso, un incontro tra rappresentanti sindacali (Cgil, Uil) e il governo si era concluso con pesanti critiche: “nessuna risposta su pensioni e banche”, aveva detto il leader Landini.
Le preoccupazioni dei lavoratori non si limitano alla manovra: la tensione si è già manifestata in parallelo con mobilitazioni su altri fronti. Nel 2025, i sindacati di base, tra cui l’USB, hanno promosso scioperi nazionali e manifestazioni in solidarietà alla popolazione palestinese, facendo del conflitto internazionale un tema anche di lotta interna.
Le cifre dell’emendamento: una “fiera del possibile”
Dietro lo scontro politico-istituzionale c’è anche la mole impressionante di proposte di modifica. Secondo fonti parlamentari, i 5.700 emendamenti depositati provengono da tutta la scena politica: circa 1.600 da forze di maggioranza (tra cui FdI, Lega, Forza Italia), e oltre 3.800 dall’opposizione (Pd, M5S, Alleanza Verdi-Sinistra).
Tuttavia, la maggior parte di queste proposte non avrà seguito: solo 414 emendamenti sono stati “segnalati”, ossia ritenuti prioritari per la discussione in commissione
Le reazioni politiche: guerra di trincea
L’emendamento sullo sciopero ha rapidamente assunto una dimensione simbolica, un punto di rottura tra governo e parti sociali. Critici lo definiscono “attacco al diritto di sciopero”, mentre dalla maggioranza si respinge l’accusa, giustificando la norma come uno strumento di “trasparenza e organizzazione” nei servizi essenziali.
Sul fronte del condono edilizio, invece, il dibattito assume toni più elettorali: da un lato chi lo descrive come un regalo elettorale in Campania, dall’altro chi lo dipinge come una misura di giustizia sociale per regolarizzare situazioni rimaste irrisolte per decenni.
A questo punto, la posta in gioco è alta. Se il governo decidesse di insistere sull’emendamento sugli scioperi, potrebbe scatenare una forte mobilitazione da parte dei trasporti, potenzialmente con ripercussioni sulle relazioni industriali e la credibilità del diritto di sciopero. D’altra parte, ritirare la norma – o modificarla pesantemente – significherebbe cedere terreno a sindacati e opposizione, segnalando una debolezza politica.
Sulla sanatoria edilizia, se l’emendamento fosse approvato, le Regioni giocherebbero un ruolo cruciale nella sua implementazione. La Campania, in particolare, potrebbe ottenere margini significativi, ma anche altre regioni potrebbero tentare di negoziare la propria versione della sanatoria.
Nel frattempo, il governo si trova sotto pressione: non solo da parte dei sindacati, ma anche da una parte delle imprese che giudica la manovra “inadeguata” e “palesemente ingiusta”.
Un crocevia per il lavoro italiano
La manovra 2026, con la sua massa di emendamenti, non è solo un esercizio tecnico di finanza pubblica. È diventata un terreno di prova per il modello di relazioni industriali in Italia, per il ruolo del sindacato, e per la democrazia sociale.
Il blitz su un emendamento che tocca lo sciopero rappresenta una scelta politica netta: tra maggiore controllo da parte dello Stato sulle mobilitazioni, e la salvaguardia di un diritto storico e costituzionale, l’equilibrio è fragile. Se il governo vuole evitare una nuova ondata di proteste, dovrà bilanciare con attenzione esigenze di bilancio e tutela dei diritti.
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