La caduta dei vertici della BBC: una bufera che scuote il giornalismo britannico
Una pagina destinata a rimanere nella storia del giornalismo britannico: la rinuncia congiunta di due figure chiave della BBC — Tim Davie, direttore generale, e Deborah Turness, amministratrice delegata di BBC News — scaturita da una crisi editoriale senza precedenti. Un documento interno trapelato, un programma che ha alterato il contesto di un discorso del 2021, accuse di “pregiudizio sistemico” nella copertura di temi delicati come il conflitto arabo-israeliano e le questioni trans, e la minaccia legale da parte dell’ex presidente USA Donald Trump: ecco gli ingredienti di una tempesta che rischia di mettere in forse la fiducia pubblica in una delle istituzioni mediatiche più prestigiose al mondo.
Il cuore della crisi: l’episodio che ha fatto scattare l’allarme
Nel corso della settimana, la BBC si è trovata al centro di una tempesta dopo la pubblicazione di un memo interno firmato da Michael Prescott, ex-consulente della commissione di “Editorial Standards” dell’azienda, che denunciava una serie di “problemi inquietanti” nelle pratiche editoriali del broadcaster. In particolare, il documento metteva in luce come un episodio del programma di inchiesta “Panorama”, trasmesso nel 2024, avesse montato in modo fuorviante parti del discorso che Trump tenne il 6 gennaio 2021, accostando frasi provenienti da momenti diversi in modo da suggerire che il presidente avesse incitato all’assalto al Congresso statunitense.
La BBC ha ammesso che la pubblicazione ha “creato l’impressione” che Trump dicesse «we’re going to walk down to the Capitol and I’ll be there with you … we fight like hell», pur avendo frammentato clip separate e omesso parte del contesto in cui il presidente invitava a manifestare in modo «pacifico e patriottico». E’ arrivata una lettera legale di Trump che minaccia un’azione da 1 miliardo di dollari nei confronti della BBC per diffamazione.

Le dimissioni e le responsabilità
Davie, che guidava la BBC dal settembre 2020, ha reso noto in una e-mail interna che la scelta di dimettersi era “interamente mia” e che rifletteva “le intense esigenze personali e professionali in questi tempi febbrili”, riconoscendo che il dibattito attuale su BBC News aveva “comprensibilmente contribuito” alla decisione.
Turness, a sua volta, ha dichiarato: «In vita pubblica, i leader devono essere pienamente responsabili. Per questo ho ritenuto che non fosse più mio ruolo guidare la visione collettiva che condividiamo». Pur sottolineando con fermezza che “BBC News non è istituzionalmente di parte”, ha riconosciuto che l’episodio stava causando danni all’istituzione che ama.
Ma al di là delle dichiarazioni, il segnale che la crisi aveva varcato soglia viene dal fatto che anche il Chairman della BBC, Samir Shah, ha ammesso un “errore di giudizio” nella gestione dell’episodio e ha annunciato che verranno intraprese “azioni, che vanno dalle correzioni editoriali ai cambiamenti più estremi, come nel caso del cambiamento della leadership” (cit.).
Un’esplosione di sfiducia
La BBC è da lungo tempo uno dei pilastri dell’informazione pubblica nel Regno Unito e nel mondo: fondata nel 1922, trasmette in decine di lingue e ha goduto di un elevato livello di fiducia da parte del pubblico. Per questo motivo, la perdita di fiducia rappresenta un rischio molto concreto. Un osservatore citato da Reuters sintetizza: «Il bene più importante che la BBC possiede è la fiducia, e la sua reputazione si basa sul fatto che la sua informazione sia imparziale, obiettiva, verificata».
Inoltre, la crisi è esplosa in un momento complesso: la licenza televisiva che finanzia la BBC è sotto pressione, i modelli di consumo dei media sono cambiati e la revisione del “Royal Charter” che regola la struttura e il finanziamento dell’ente pubblico è alle porte. Il fatto che i vertici scelgano di dimettersi indica la gravità della misura: non più solo un incidente isolato, ma un punto di svolta potenziale.

Un crescendo di scandali: dalla copertura di Gaza alle questioni trans
L’episodio della pubblicazione del discorso di Trump non è un fuori-campo isolato: il memo di Prescott mette in evidenza che la BBC era già sotto osservazione per altre segnalazioni interne. Tra esse: la copertura del conflitto israelo-palestinese, con in particolare la replica dell’ente regolatore Ofcom secondo cui un documentario della BBC aveva violato le regole di imparzialità nella rappresentazione dei bambini palestinesi.
In un’altra circostanza, più di 100 giornalisti della BBC avevano scritto una lettera interna accusando l’azienda di dare un trattamento favorevole a Israele nel reportage sul conflitto a Gaza.
In tema di questioni sociali, Prescott aveva inoltre denunciato che la copertura sui diritti transgender era diventata «unilaterale e mal documentata».
C’è poi da considerare il contesto più ampio: negli ultimi anni la BBC ha attraversato numerose difficoltà reputazionali, tra cui la vicenda del presentatore Gary Lineker e opinioni politiche esplicite sui social, e la scoperta dell’abuso sessuale di massa da parte del conduttore Jimmy Savile, che ha gravato sull’immagine dell’organizzazione come garante di integrità.
Polarizzazione politica e ruolo pubblico
La BBC da tempo si trova all’intersezione di diverse pressioni: da una parte è accusata dai conservatori britannici di essere intrisa di “bias liberale”, dall’altra da ambienti di sinistra viene rimproverata di essere troppo tiepida nell’interrogare il potere o di aderire a una visione troppo tradizionale dell’establishment. Il memo Prescott afferma che «è sempre da una posizione metropolitana di sinistra che si racconta», parlando genericamente di un «bias sistematico».
Dal punto di vista politico, la BBC è un “banco di prova” per quanto concerne la libertà di stampa, l’imparzialità e il finanziamento pubblico. L’opinione pubblica e il Parlamento si interrogano su quanto un ente finanziato da una tassa obbligatoria possa resistere alle pressioni politiche o al contagio della polarizzazione digitale. In questo senso, le dimissioni di Davie e Turness non sono solo una questione interna alla BBC, ma un segnale forte sullo stato della democrazia dell’informazione in un’epoca in cui la fiducia nei media è declinata ovunque.
Due elementi emergono con chiarezza come fattori di gravità. Il primo: la BBC è, simbolicamente, più di un semplice broadcaster. Rappresenta un modello di servizio pubblico che molti Paesi considerano riferimento. Quando crolla la fiducia in un tale modello, se ne vedono le conseguenze su scala nazionale e internazionale.
Il secondo: l’errore editoriale che ha acceso la crisi riguarda la modifica intenzionale (o quanto meno negligente) di un contesto – la decisione di montare frasi, estrapolare momenti, omettere informazioni rilevanti – che mina alla radice il principio dell’accuratezza e dell’imparzialità, principi cardine del giornalismo serio. Se questi vengono messi in discussione dall’interno di una istituzione che si auto-definisce “la voce della fiducia”, lo shock è inevitabile.

Si apre un nuovo capitolo
La vicenda della BBC, con le dimissioni di Davie e Turness, segna probabilmente l’inizio di una fase di rigore e ristrutturazione per l’ente. Ma ciò che sarà determinante è se sarà in grado non solo di reagire ai singoli errori, ma di affrontare la domanda: «Quale BBC vogliamo in un’epoca in cui l’informazione è frammentata, polarizzata e digitalizzata?»
L’uscita di scena dei due vertici è un atto di responsabilità (o di resa), che però non basta: la fiducia va conquistata, ricostruita e preservata. Nei prossimi mesi la BBC dovrà muoversi tra trasparenza, innovazione e rigore editoriale, e al contempo dimostrare di saper reggere il confronto con media globali, operatori digitali e attacchi politici sempre più aggressivi.
In un mondo dove la disinformazione corre veloce, la posta in gioco è altissima: perché non si tratta solo di credibilità di un broadcaster, ma della qualità stessa del discorso pubblico, della democrazia informata e del ruolo che un servizio pubblico dell’informazione deve svolgere.
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