9:33 pm, 10 Novembre 25 calendario

Akita e le montagne giapponesi in guerra con gli orsi

Di: Redazione Metrotoday
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In Giappone, una singolare «guerra» silenziosa – ma sempre più reale – si sta svolgendo tra gli abitanti delle regioni montane e i grandi orsi selvatici che fino a poco tempo fa vivevano lontano dall’uomo. Negli ultimi mesi, il numero di attacchi da parte di orsi bruni e neri nell’arcipelago è drammaticamente aumentato: più di centinaia di feriti, oltre una dozzina di morti solo dall’inizio dell’anno, e perfino l’intervento dell’esercito giapponese per contenere la crisi.

Il “campo di battaglia”: dal bosco al centro urbano

Le segnalazioni degli orsi che irrompono in aree residenziali, attraversano strade cittadine, entrano nei supermercati o comparire al bus‑stop non sono più casi isolati. Nella prefettura di Akita, nel nord del Giappone, è stata registrata una moltiplicazione delle avvisaglie: dalla primavera all’autunno 2025, sono stati segnalati migliaia di avvistamenti di orsi – sei volte più dell’anno precedente – in aree urbane e peri‑urbane. A causa di questo aumento, le autorità hanno chiesto l’aiuto dell’Japan Self‑Defense Forces (JSDF) per supportare le operazioni di cattura e ricollocazione degli animali.
Da aprile in avanti sono almeno 12 le persone morte per attacchi di orso, e più di 100 quelle rimaste ferite. Attacchi che si verificano non solo a escursionisti o abitanti di zone remote, ma anche nei pressi di scuole, fermate del bus, e perfino stazioni ferroviarie.
Questa escalation ha generato paura e un senso di urgenza: non si tratta più solo di convivenza con la fauna selvatica, ma di un conflitto diretto, in cui uomini e orsi si affrontano con modalità ormai simili a un fronte

Un cocktail di ecologia, demografia e clima

Fame e scarsità alimentare degli orsi
Gli orsi giapponesi, sia la specie bruna di Hokkaido che quella nera presente su Honshu e Shikoku, da sempre si nutrono di ghiande, noci, frutti boschivi. Negli ultimi anni però la scarsità di questi alimenti naturali – dovuta a estati più secche, cambiamenti climatici, abbassamento delle precipitazioni – ha costretto gli animali a scendere verso le zone popolate in cerca di cibo.
In parallelo, l’ibernazione è stata alterata da temperature più miti, costringendo gli orsi a muoversi più a lungo.

Depopolamento e abbandono rurale
Le aree montane del Giappone soffrono di un forte spopolamento: giovani che emigrano nelle grandi città, riduzione dell’agricoltura locale, boschi che non vengono più gestiti come prima. Ne deriva una zona d’interfaccia uomo‑natura che diventa più porosa: case abbandonate, frutteti non protetti, sentieri poco frequentati. Gli orsi percepiscono questi ambienti come “risorse libere”.

Storica riduzione dell’attività venatoria e gestione selvaggina
In molte delle zone interessate mancano cacciatori attivi e sistemi di contenimento efficaci. In alcune regioni il numero di cacciatori è calato drasticamente negli ultimi decenni. Il risultato è che quando un orso entra in una zona popolata, l’intervento è spesso lento o inefficiente, permettendo all’animale di abituarsi.

Urbanizzazione della fauna selvatica
Gli orsi che entrano in contatto con l’uomo (attratti da spazzatura, alimenti umani, campi vicini) perdono la paura naturale e iniziano a considerare le zone abitate come ambiente accessibile. In alcune storie riportate, un orso è arrivato nei pressi di un supermercato, un altro ha aggredito un turista presente al bus‑stop di un villaggio turistico. Questa inversione dei ruoli (l’orso che “batte l’uomo sul suo territorio”) ha fatto scattare un allarme.

Orsi e comunità rurali giapponesi

La relazione fra orsi e presenza umana in Giappone ha origini antiche. Nei territori montani dell’isola di Hokkaido, gli orsi bruni (Ussuri) sono stati parte della cultura dei matagi – i cacciatori tradizionali –, e le comunità vivevano con una separazione spaziale. Un episodio storico tra i più noti: l’“incidente di Sankebetsu” nel dicembre 1915 in Hokkaido, quando un singolo orso bruno uccise sette abitanti in sei giorni, segnando tuttora un punto di riferimento per il conflitto uomo‑orso.
Nel corso del XX secolo, con la crescita urbana, la diminuzione della caccia e la riduzione delle terre agricole, la convivenza si è complicata. In zone come le foreste di Honshu, gli orsi neri (Asiatici) occupavano ambienti remoti; oggi invece sono più presenti ai margini umani. Di recente, l’attenzione si è concentrata non solo sugli animali “selvaggi” ma sul modo in cui la società rurale – e non solo – gestirà queste forme di conflitto crescente.

Alcune storie emblematiche

  • Un turista spagnolo, in visita a Shirakawa‑go (prefettura di Gifu), è stato attaccato da un orso mentre attendeva il bus presso un punto panoramico. L’aggressione, avvenuta alle prime ore del mattino, non era in un sentiero remoto ma in un’area ad alta presenza turistica.

  • Nella prefettura di Gifu, uno studente delle superiori è stato graffiato alla testa e alla schiena da un orso mentre camminava nei pressi della sua stazione a Sakashita; il treno è stato sospeso e la zona è stata dichiarata a rischio.

  • In Hokkaido, un’anziana comunità di cacciatori lamentava che restavano solo poche decine di persone attive, contro centinaia qualche decennio fa. Difficoltà nell’uso di armi da fuoco, licenze, costi elevati, invecchiamento: tutti elementi che hanno indebolito la capacità di intervento.

  • Nella prefettura di Akita, fattorie e frutteti sono stati devastati da orsi che banchettavano sulle mele mature: un agricoltore ha raccontato che l’orso era entrato per la sesta volta in meno di un mese, mentre la comunità locale chiedeva misure drastiche.

Cos’è cambiato nella natura dell’attacco

Non si tratta più solo di “orso spaventato che attacca per difesa”. Gli esperti segnalano che alcuni attacchi in Giappone assumono caratteristiche predatrici: orsi che cercano volontariamente insediamenti umani, che si avvicinano e seguono persone, che ignorano rumori o deterrenti tradizionali. Secondo un’analisi, la densità degli orsi in Giappone (un orso ogni 7 km² circa) è molto superiore a quella di paesi come gli USA; la frequenza degli incontri è di conseguenza maggiore.
In alcune aree sono stati segnalati più casi di feriti da orso in un anno che in molti Paesi occidentali in decenni. Il fenomeno è esploso oltre una soglia critica: almeno 100/200 casi l’anno, comprese vittime e feriti.

La risposta dello Stato

Di fronte a questa escalation, lo Stato giapponese ha adottato misure che fino a poco tempo fa sarebbero sembrate impensabili:

  • L’intervento dell’esercito (JSDF) in supporto alle autorità locali nella prefettura di Akita per posizionare trappole‑gabbia, trasportare cacciatori e prelevare carcasse di orso; l’uso di armi da fuoco è ancora delegato agli enti di caccia abilitati.

  • Sperimentazione di tecnologie innovative: droni, dispositivi a rumore ad alta frequenza, sistemi di intelligenza artificiale per identificare animali vicino ai centri abitati e inviare allarmi in tempo reale.

  • Incentivi pubblici per la caccia controllata degli orsi in zone critiche, compresi premi per la cattura o abbattimento autorizzato.

  • Campagne di sensibilizzazione verso la popolazione rurale: evitare rifiuti all’aperto, frutteti non protetti, attrezzature che attraggono orsi; uso di “campanelle‑orso” e segnali acustici durante escursioni.

  • Revisione delle politiche di tutela ambientale che finora hanno promosso la conservazione brom‑esso, ma non sempre considerato la convivenza crescita‑umana/animale in aree montane marginali.

Conflitti di fondo

  • Alcuni attivisti per la fauna selvatica mettono in guardia contro la “persecuzione” degli orsi, ricordando che l’animale resta specie protetta e che il problema affonda le radici nell’azione umana (alimentazione, abbandono, gestione del bosco).

  • Le comunità rurali temono che la perdita di agricoltura e popolazione renda le montagna “terra di nessuno” – e quindi territorio in cui gli orsi dominano.

  • L’equilibrio fra misure drastiche (abbattimenti, trappole) e convivenza sostenibile è fragile: se si spara troppo, si rischia di destabilizzare l’ecosistema; se non si interviene, le morti e i danni aumentano.

  • Il cambiamento ambientale globale rende imprevedibili alcuni comportamenti: se le ghiande e i frutti boschivi mancano, gli orsi esplorano nuove rotte; se le comunità abbandonano le foreste, i sentieri umani diventano passaggi di grandi predatori.

La «guerra contro gli orsi» in Giappone è forse un’espressione potente, ma non serve ad alimentare la paura: serve a far capire che la convivenza fra uomo e predatore di grande taglia non può essere lasciata all’alea. Le azioni da qui in avanti saranno decisive.

In Giappone, l’orso non è più solo un simbolo folkloristico della montagna. È diventato un attore attivo di un conflitto che vede la popolazione umana in difficoltà e la natura che avanza o reagisce. L’immagine della «guerra del Giappone contro gli orsi» riassume forse troppo drammaticamente, ma fa capire che siamo davanti a un bivio: o l’uomo cambia tattica, struttura, tecnologia e atteggiamento, oppure sarà costretto a una contesa sempre più difficile.
In fondo, non è solo una questione di orsi che attaccano: è la montagna che cambia, l’uomo che si ritira, l’ecosistema che si trasforma.

10 Novembre 2025
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