10:35 am, 4 Novembre 25 calendario

L’arte come testimonianza estrema dell’etica: la mostra Off Limits tra catastrofe, resistenza e speranza

Di: Redazione Metrotoday
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In un tempo in cui il pianeta appare sempre più come un teatro di emergenza permanente — cambiamenti climatici, estinzioni silenziose, risorse svanite — si apre una mostra che non lascia scampo: Off Limits, una collettiva che riunisce i lavori di Francesco Calia, Antonio Carbone e Luciano Puzzo, tre artisti la cui ricerca si confronta frontalmente con le dimensioni della catastrofe e della speranza. Il titolo stesso — Off Limits — rimanda a una soglia oltre la quale non possiamo più tornare, a un limite che l’umanità ha superato o rischia di superare.

Un’urgenza che chiama

Le citazioni che introducono questa mostra — da Emil  Cioran, da Giorgio Manganelli, da Pere  Guasch — non sono semplici abbellimenti: fungono da monito, da cornice filosofica a un evento che vuole essere radicale. “Permettendo l’uomo, la natura ha commesso molto più che un errore di calcolo: ha commesso un attentato contro se stessa”, scrive Cioran. “Ma non il mare uccideva la belva, ma un mare a sua volta malato… impazzito dalle pozioni malefiche che la sapienza degli uomini aveva iniettato nelle sue vene”, ammoniva Manganelli. E ancora Guasch:E, dopo, il silenzio che non conosce perché è il suono dell’estinzione, … il silenzio che nessuno può sentire perché è il suono di quando ormai non rimane più niente”.

Ed è proprio questa trinità di allarme, implosione e silenzio che Off Limits vuole raccontare.

Il contesto storico‑ambientale

Viviamo in un’epoca che potremmo definire una vasta “Vandée ambientale” (come recita il testo critico), una quando «la terrificante Vandea che sta coprendo l’intero pianeta». I ghiacciai che si sciolgono, gli oceani che assorbono plastica, le foreste che arretrano, la biodiversità che si riduce: tutto parla di un Pianeta al punto di rottura. E accanto alla dimensione fisica dell’emergenza si impone la dimensione culturale e politica: il tecno‑feudalesimo, la colonizzazione spaziale come illusione di salvezza, il sogno estremo secondo cui una minoranza elite “ascenderà” su Marte mentre la massa affonderà nella “melma di un pianeta avvelenato”.

In questo scenario, l’arte di Calia, Carbone e Puzzo non fa sconti: testimonia, denuncia, assume una posizione etica — e qui giace la sua vera radicalità.

I protagonisti e le loro opere

Francesco Calia propone la serie intitolata Linea di demarcazione. In essa, i ghiacciai vengono rappresentati in una geometria esatta — quasi platonica — ma segnata dal sangue che li accompagna. Il sangue, metafora della sconfitta, non dilaga però: viene trattenuto da quel “Principio‑Speranza” che C. Bloch aveva elaborato come categoria filosofica. In un quadro in particolare — all’estrema destra della serie — il sangue accenna a rafforzarsi: la speranza comincia a non avere più speranza. Sullo sfondo, il fantasma di un quadro non realizzato si aggira, indeciso tra l’esaltazione dell’utopia e l’accettazione del tramonto definitivo.

Antonio Carbone, con l’installazione Io…solo!, si concentra su un blocco di ghiaccio in convulsione: una deformazione catastrofica minaccia la piccola figura di un orso – simbolo delle specie vulnerabili, simbolo della nostra stessa specie che è anche natura. Il ghiacciaio che frana rappresenta la nostra apocalisse: l’ultima assoluta. L’artista gioca con l’idea che non esistiamo più per fare, ma che facciamo per celebrare l’esistenza – citando Pollock. E celebrare qui significa confrontarsi con il disastro, non nasconderlo.

Luciano Puzzo lascia poche vie d’uscita. In una delle opere più forti, la tela è spaccata a metà: a sinistra la lirica dei ghiacciai argentei, a destra la catastrofe dell’impossibile salvezza. Al centro, un pezzo di legno ferito, incastonato in oro falso e volgare – forse un riferimento alla figura di Trump – e i dati accumulati della negazione globale. L’opera stessa diventa una croce: inchiodata alla tortura, inchiodata al destino dell’umanità che si consegna all’Ultima Estinzione. Il messia qui è la morte — e l’artista, fedele a Singer, ne resta testimone.

Etica e testimonianza: l’arte come dovere

Calia, Carbone e Puzzo non intendono semplicemente fare arte. In questo momento storico la scelta è chiara: «salvare il pianeta e, con la terra, l’uomo che la abita». Qui si innesta l’idea kantiana della legge morale: «Agisci solo secondo quella massima che potresti volere sia legge universale». I tre artisti traducono questa massima in immagine, materia, concetto. L’arte diventa la testimonianza estrema dell’etica.

In un mondo in cui molti preferiscono distrarsi o delegare la “soluzione” tecnologica, Off Limits propone l’urgenza di assumere la responsabilità individuale e collettiva: essere presenti, essere consapevoli, essere testimoni. Non si tratta solo di rappresentare il disastro, ma di raccontare la resistenza dell’umano alla barbarie.

Il confronto con la tradizione

Qui la realtà è il fatto. I ghiacciai, la plastica, l’orso, la croce: non simboli astratti ma segnali concreti.

La contemporaneità richiede un salto di paradigma: non più solo estetica, ma etica; non più solo forma, ma responsabilità. Il tecno‑capitalismo – con la sua parte di distopia e ascesa spaziale – appare come la vera arcaica del nostro tempo. Ma la controforza c’è: Off Limits e i suoi protagonisti ne sono una manifestazione.

Il richiamo all’arte come impegno etico — non solo estetico — è una linea che attraversa tutta la produzione contemporanea che affronta temi ambientali e antropologici.

Chi varca la soglia della mostra Off Limits non è invitato semplicemente a contemplare, ma a partecipare. A pensare che i colori, le forme, i materiali non sono solo bellezza, ma grido. Non sono evasione, ma testimonianza. La speranza, qui, non è ingenua: è ancora una scelta, un atto di volontà che si oppone alla catastrofe già in atto.

In tempi in cui sembra che la Terra stessa abbia deciso di essere “off limits” per l’arroganza umana, Off Limits si erge come antidoto. E l’arte, in questo momento, non è un accessorio: è un atto politico, un grido, una soglia. E se una porta è “aperta”, forse è solo perché qualcuno ha avuto il coraggio di spalancarla.

 

4 Novembre 2025 ( modificato il 30 Ottobre 2025 | 22:53 )
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