Roma, crolla parte della Torre dei Conti ai Fori Imperiali
Una nube di polvere, il fragore del mattone che cede e il brusio incredulo di turisti e passanti: è questo lo scenario che ha trasformato una mattina qualunque del centro di Roma in una scena di emergenza e interrogativi. La Torre dei Conti — la mastodontica torre medievale che veglia sulla confluenza tra via dei Fori Imperiali e via Cavour — è parzialmente crollata durante i lavori di restauro, seminando devastazione all’interno del cantiere e lasciando aperte domande difficili sul futuro di quella ferita nella pelle antica della città.
L’episodio si è sviluppato in due fasi distinte: un primo cedimento, descritto da testimoni come il distacco di uno sperone murario, ha prodotto una nuvola di detriti poco prima di mezzogiorno; mentre nel primo pomeriggio, mentre i soccorsi erano già al lavoro, si è verificato un secondo cedimento interno che ha complicato e rallentato le operazioni di recupero. Alcuni operai sono stati estratti dalle macerie — alcuni con ferite lievi, altri in condizioni più gravi — e almeno una persona è rimasta per ore intrappolata in spazi ristretti, comunicante con gli speleologi e le squadre di soccorso che tentavano di raggiungerla.

La Torre dei Conti, eretta in epoche medievali e spesso descritta negli annali della città come un’impronta del potere papale nelle vicende urbanistiche di Roma, non è estranea a danni e riduzioni: nei secoli scorsi ripetuti terremoti e interventi di smantellamento ne hanno ridotto l’altezza originaria. Nel tempo più recente la struttura era rimasta in larga parte inutilizzata fino all’avvio, negli ultimi anni, di un progetto di restauro e allestimento finanziato con fondi pubblici e destinato a trasformare la torre in spazio espositivo e presidio culturale per i Fori Imperiali. Proprio quel cantiere, una volta simbolo di rinascita, è diventato ora luogo dell’incidente.
Sulla scena sono confluiti vigili del fuoco, ambulanze, unità specializzate in soccorso in grotta e speleologia urbana, oltre alle forze dell’ordine che hanno delimitato l’area e interdetto il transito pedonale. Le operazioni, complesse per il rischio di ulteriori cedimenti, hanno alternato fasi di tentativo di stabilizzazione delle parti in bilico a interventi di estrazione assistita: scale aeree, travi di sostegno e tecniche di puntellamento sono entrate in campo per limitare il rischio di nuovi distacchi.
Il prefetto e i vertici della città si sono recati in loco; la Procura ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e lesioni colpose, per fare luce sulle responsabilità. Le prime ricostruzioni indicano che la zona del crollo era oggetto di lavori che avrebbero dovuto consolidare la torre e riaprirla al pubblico. Resta però da chiarire se le pratiche adottate nel cantiere fossero adeguate alla criticità del manufatto e se vi siano state omissioni procedurali o errori tecnici che abbiano innescato il cedimento.

Per capire la portata dell’accaduto è necessario ripercorrere la storia dell’edificio. La torre si innalza su fondazioni e strutture che affondano nell’antico sostrato dell’area dei Fori: un territorio stratificato dove resti antichi, riutilizzi medievali e interventi moderni si sovrappongono in modo complicatissimo. Nei secoli la Torre dei Conti ha funzionato ora come presidio, ora come simbolo medievale, subendo smantellamenti, rimaneggiamenti e ricostruzioni: la sua stessa fisionomia è l’esito visibile di eventi tellurici e di campagne di spoliazione che hanno inciso sulle superfici murarie.
Il restauro avviato negli ultimi anni era stato accolto come opportunità per restituire alla città un bene abbandonato, con l’obiettivo di creare un piccolo centro di servizi e visite per l’area archeologica. Il progetto, finanziato con ingenti risorse pubbliche, aveva anche suscitato attenzione per il rapporto tra conservazione e fruizione: come mettere in sicurezza strutture fragili senza snaturarne l’identità? La risposta progettuale tendeva a coniugare conservazione, messa in sicurezza antisismica e adeguamento per l’accesso pubblico.
Le reazioni politiche e civiche non si sono fatte attendere. Da un lato, la città chiede conto agli esecutori dell’opera e alle istituzioni di controllo; dall’altro, cresce il disagio per una perdita simbolica — anche se parziale — di un monumento che ha contribuito a definire l’orizzonte urbano nella zona del Colosseo e dei Fori. L’eco del crollo non riguarda soltanto il danno fisico: riguarda la fiducia nella capacità di governare il patrimonio, di condurre interventi che tutelino la sicurezza dei lavoratori e la conservazione storica.
È inevitabile, in questi momenti, guardare ad altri episodi che hanno segnato la relazione tra Roma e i suoi monumenti: i crolli di piccola e media entità che negli anni hanno interessato capolavori urbani, i ritardi nei cantieri, le emergenze dovute a manutenzioni insufficienti. La fragilità dei manufatti storici, se non affrontata con competenze interdisciplinari e controlli rigidi, può trasformare la ricchezza culturale in rischio. Questo non è solo un problema tecnico: è politico, amministrativo e sociale. La gestione dei cantieri storici richiede infatti competenze di conservazione, ingegneria del restauro, archeologia preventiva e, soprattutto, trasparenza nelle scelte e nelle gare d’appalto.
Al di là delle responsabilità che emergeranno dai procedimenti giudiziari, la priorità umana è stata — e rimane — la salute delle persone coinvolte. La cronaca delle ore successive al crollo è fatta di volti preoccupati, di operatori che, a rischio personale, hanno operato per salvare colleghi intrappolati. È un richiamo forte: la tutela del patrimonio non può prescindere dalla tutela di chi vi lavora.

Il cantiere resterà sotto sequestro e ulteriori interventi saranno condizionati dall’esito delle indagini tecniche e giudiziarie. A medio termine, è molto probabile che la vicenda determinerà una revisione delle procedure di controllo e un’accelerazione delle verifiche su altri interventi in corso nel centro storico. A lungo termine, dovrebbe intervenire una riflessione più ampia sulla governance del patrimonio.
Il crollo della Torre dei Conti è, in ultima analisi, la fotografia di un nodo irrisolto: un bene antico esposto alla modernità dei cantieri che, se gestiti senza rigore, rischiano di trasformare restauri in tragedie. Per la città è un monito a investire non solo denaro, ma anche metodo, trasparenza e qualità tecnica. Per i lavoratori e le loro famiglie è un richiamo alla necessità di sistemi di sicurezza che non siano opzionali. Per i cittadini, infine, è un richiamo alla responsabilità collettiva: il patrimonio è di tutti, e la sua cura è un bene pubblico che richiede attenzione continua.
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